Fischio finale. Gli animi si scaldano. L’allenatore entra in campo e dà una testata (o almeno ci prova) all’attaccante avversario. Scene da terza categoria, di quelle che si leggono increduli nei comunicati dei giudici sportivi di periferia. Invece è tutto vero ed è successo in diretta tv in Serie A. Semplicemente inaccettabile. Infatti D’Aversa ha pagato a caro prezzo la sua follia.

Non siamo qui per colpevolizzare il tecnico del Lecce. Ha perso la testa (letteralmente), si è scusato. Non è bastato. La società ha preso le distanze dal suo allenatore con un comunicato ufficiale e lo ha esonerato. Una scelta inevitabile, non solo per la gravità del gesto. La squalifica conseguente, che non potrà che essere esemplare, avrebbe privato i giallorossi del loro mister per buona parte del finale del campionato, in un momento delicato in cui proprio non se lo possono permettere. Ma la verità è che il club ha un po’ anche colto la palla al balzo per una decisione che probabilmente avrebbe dovuto prendere settimane fa. Dopo un ottimo inizio di stagione, D’Aversa aveva rischiato l’esonero a dicembre, quando la sua squadra aveva inanellato una serie di 10 partite senza vittorie. Lo aveva salvato l’inizio di stagione incoraggiante e la classifica, ancora sopra la linea di galleggiamento sul terzultimo posto. E chissà se lo avrebbe fatto comunque dopo la sconfitta casalinga col Verona e il secondo spareggio salvezza sbagliato di fila, se non fosse stato per quella testata. Perché nonostante tutto – il misero punticino realizzato nelle ultime 5 partite, l’involuzione di gioco, la crisi di nervi di cui la testata è il sintomo più evidente – oggi il Lecce sarebbe ancora, incredibilmente salvo.

Discorso analogo potrebbe valere per Di Francesco. Il Frosinone di inizio stagione è stato un piccolo capolavoro. Risultati e bel gioco, con una rosa giovane e sfrontata, guidata dal talento di Soulè. Quel miracolo però sembra essersi spento un po’ alla volta e oggi rischia di non rimanerne nulla: i ciociari hanno vinto solo una volta da inizio anno, la crisi è evidente, anche tecnica. Per carità, la salvezza anche all’ultima giornata sarebbe un risultato straordinario e Di Francesco è in piena corsa per l’obiettivo. Ma i risultati recenti lo condannano e con un’altra classifica, in un altro campionato oggi forse sarebbe a rischio anche lui. Come Ranieri, che si era dimesso a Cagliari, è stato confermato e ora con un paio di successi si è tirato fuori dal pantano. Baroni pareva più volte esonerato a Verona e invece anche lui adesso vede la salvezza. Il Sassuolo ha tenuto Dionisi oltre ogni buon senso, perché probabilmente era convinto che in un campionato così scarso avrebbe potuto salvarsi comunque.

Con sette squadre in tre punti, basta una vittoria per scalare una o più posizioni, verso l’alto e verso il basso. Tutti possono ancora salvarsi o retrocedere, a parte la derelitta Salernitana. Potrà sembrare entusiasmante una classifica così corta, e certo lo è per lo spettacolo, aiuta a tenere vivo in coda l’interesse di un torneo che in vetta è già stato assegnato a febbraio. Però bisogna considerare anche l’altra faccia della medaglia. Tutte quelle formazioni coinvolte nella lotta per non retrocedere, che non affondano perché c’è sempre qualcuno messo peggio, sono l’ennesima dimostrazione di una Serie A poco competitiva. E con troppe squadre non all’altezza: ne retrocederanno soltanto due fra il Sassuolo peggiore della storia, il Frosinone che ha vinto una partita in tutto il 2024, l’Udinese che da anni gioca al ribasso, l’Empoli che ha il peggior attacco del torneo, il Cagliari che sembrava spacciato, il Verona che ha smantellato la rosa a gennaio e il Lecce di D’Aversa. Che la testa(ta) non l’ha persa in questa folle lotta salvezza, l’ha data.

Twitter: @lVendemiale

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