Gli anni passano, ma l’Italia continua a detenere il non invidiabile primato di paese più inadempiente nel campo delle leggi comunitarie di tutela ambientale. A febbraio 2024, secondo i dati comunicati dal Dipartimento per le politiche europee, risultano aperti a suo carico 71 procedimenti di infrazione di cui 18 per violazione della normativa ambientale.

E non si tratta certo di sciocchezze. I casi più recenti riguardano il mancato recepimento delle direttive sui gas ad effetto serra e per la riduzione dell’inquinamento da aerei, nonché la violazione delle direttive sugli uccelli e habitat per la protezione della natura, per le quali vale la pena di notare che siamo sotto accusa, fra l’altro, in quanto “la legislazione italiana attribuisce alle Regioni il potere di autorizzare l’uccisione o la cattura di specie di fauna selvatica, anche in aree in cui è vietata la caccia, come le aree protette, e durante il periodo dell’anno in cui la caccia è vietata”, oltre a non rispettare i limiti imposti per i pallini con piombo delle cartucce dei cacciatori.

E pensare che dal 2022 la nostra Costituzione ha proclamato solennemente, nell’art. 9, che “la Repubblica tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi” e, a questo fine, “la legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”.

Come prevedibile e come constatiamo spesso specie nell’area padana, la maggior parte delle procedure riguarda l’inquinamento atmosferico, soprattutto per superamento costante dei limiti imposti dalla Ue a tutela della salute per PM10, PM2,5 e biossido di azoto, per cui abbiamo già subito alcune pesanti condanne; ma non mancano procedure per violazione della normativa sulle acque, sulle fognature o sui rifiuti nonché per casi specifici come l’Ilva di Taranto. E, se pure ogni tanto riusciamo a chiudere qualche procedura, altre restano aperte e altre arriveranno presto per palesi violazioni della normativa comunitaria, ad esempio nel settore delle plastiche monouso, recentemente oggetto di attenzione da parte del Tribunale Ue.

Tutto questo ci costa un patrimonio in quanto, dopo una condanna, se lo Stato non si mette in regola, deve pagare somme rilevanti in relazione al trascorrere del tempo e alla gravità dell’inadempienza. Come certifica la Corte dei Conti, per le discariche abusive della Campania, ad esempio, abbiamo già pagato circa 300 milioni di euro mentre per l’assenza di depurazione delle fognature paghiamo 165mila euro al giorno. Più in generale l’Italia è, subito dopo la Grecia, il paese più condannato in sede comunitaria.

C’è solo da sperare che, prima o poi, questi soldi vengano pagati non da tutti, ma solo da chi è stato il responsabile della inadempienza verso la Ue. E, soprattutto, c’è da sperare di perdere al più presto il triste primato di paese più inadempiente nel campo delle leggi comunitarie di tutela ambientale.

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