di Enza Plotino

“Il fatto non costituisce reato”; ma i sette anni trascorsi da quel lontano 2017 e da quel falso storico hanno creato un clima ostile e di criminalizzazione verso tutti i difensori dei diritti umani e le organizzazioni della società civile che conducevano missioni di soccorso in mare. Sette anni in cui, in nome di quel “presunto reato”, è cambiato tutto.

La nave Iuventa della ong tedesca “Jugend Rettet” non aveva favorito l’immigrazione clandestina, hanno detto i giudici della Procura di Trapani, ma nel frattempo tutto è cambiato, virando verso il peggio, e gli Stati e le istituzioni dell’Ue guidati dall’Italia hanno fatto di tutto per impedire le attività di soccorso delle Ong nel Mediterraneo centrale. Da quel lontano 2017, l’Italia ha progressivamente ritirato i propri mezzi navali dal Mediterraneo per evitare di vederli coinvolti nei soccorsi e dover sbarcare altre persone in Europa, e ha addestrato e dotato di risorse le autorità libiche per assicurarsi l’intercettazione del maggior numero possibile di persone e il loro ritorno in Libia, dove li attende una detenzione arbitraria in condizioni disumane, uccisioni illegali, torture e altri maltrattamenti, tra cui violenze sessuali, lavoro forzato e altri tipi di sfruttamento, nell’impunità totale. Politiche che hanno portato a migliaia di decessi in mare e indicibili sofferenze in Libia.

Ecco cosa ha prodotto quel fatto che, oggi sappiamo, “non sussisteva”. Ma chi erano quei “pericolosi” marinai della Iuventa? Nel 2016, un gruppo di ragazzi giovanissimi decide di autofinanziarsi, fondare una Ong e, attraverso un crowdfunding, di comprare ed equipaggiare un vecchio peschereccio per andare a salvare delle vite nel Mar Mediterraneo. Oltre 14mila persone rispondono a questa chiamata. Accade in Germania. La Ong si chiama Jugend Rettet (gioventù che salva) e la nave Iuventa. E’ stato fatto anche un film sulla storia del gesto ideale di questi ventenni tedeschi che non volendo “stare a guardare” hanno fondato la Jugend Rettet, la più giovane ong a operare nel Mediterraneo in soccorso dei migranti.

Solo nella sua prima missione, la Iuventa trae in salvo più di duemila persone. Ma non è la sola in quegli anni. E’ una grande flotta umanitaria, coordinata dalla Guardia Costiera di Roma, quella che opera nel 2016 in soccorso di migliaia di donne e uomini che attraversano il mare. Fino a quel 2 agosto del 2017, quando la Iuventa viene fermata al Porto di Lampedusa per controlli di routine e posta sotto sequestro preventivo per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, nonostante vengano esclusi legami tra il suo equipaggio e gli scafisti. Improvvisamente quelli della Jugend Rettet, da essere salutati come eroi, diventano criminali. E la tempesta mediatica che segue determina tutti gli atti successivi e orienta l’opinione pubblica verso una criminalizzazione di tutto il sistema dei soccorsi in mare. Lo scenario muta radicalmente.

Oggi, mentre i giudici decidono che la Iuventa non commetteva alcun reato, l’obiettivo politico perseguito da numerosi Paesi europei tra cui il nostro governo italiano è stato raggiunto: sgomberare il Mediterraneo centrale da tutte le Ong. È un obiettivo totalmente conquistato attraverso azioni giudiziarie, intimidazioni politiche, campagne di sfregio delle Ong, alleanze più o meno visibili tra stati europei. E infine attraverso il sostegno dato alle varie milizie che sostengono quella parvenza di stato che è oggi la Libia. E’ in atto una criminalizzazione della solidarietà e del diritto fondamentale di mutuo soccorso che ha fondato la nostra stessa civiltà umana e che oggi è naufragato nel mar Mediterraneo.

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