Nel giorno in cui a Cortina, nonostante le contestazioni degli ambientalisti, si apre il cantiere per costruire la pista da bob in vista delle Olimpiadi invernali 2026, arrivano in Italia i componenti del Cio, il Comitato olimpico internazionale, che terranno a Venezia il loro quinto meeting. I commissari dovranno esaminare i dossier sull’organizzazione dei Giochi: le opere infrastrutturali, i problemi organizzativi, i budget, la campagna di sponsorizzazione e quella informativa. Nel programma della sessione – riunita per tre giorni in un albergo della Serenissima – c’è anche una visita con pernottamento a Cortina, prevista per il 21 febbraio: lo scopo è appurare a che punto sono i lavori per la costruzione della contestatissima pista “Eugenio Monti”, affidata alla Pizzarotti di Parma, l’azienda aggiudicataria del bando di gara lanciato in extremis per volere del ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini. La Pizzarotti è l’unica impresa che ha accettato la sfida di completare i lavori della parte strutturale della pista entro marzo 2025, quindi fra tredici mesi, per consentire il collaudo dell’impianto.

Sarà interessante conoscere il giudizio del Comitato (che venerdì terrà una conferenza stampa a Venezia) sull’incredibile ritardo accumulato dagli italiani. Sono trascorsi più di 1.700 giorni da quando Milano e Cortina hanno vinto l’organizzazione delle Olimpiadi, ne mancano poco più di 700 all’inaugurazione del 6 febbraio 2026: non solo la pista non è stata realizzata, ma il bosco di Ronco su cui dovrà sorgere non è ancora stato abbattuto nella parte necessaria per consentire i lavori. Il cronoprogramma del cantiere, della durata di 625 giorni complessivi, parte ora: dopo aver disboscato e spianato l’area, dovrà essere realizzato un villaggio per ospitare le squadre di operai, poi comincerà la lavorazione vera e propria. Il Cio però non si fida delle promesse e lo ha dimostrato con numerose, preoccupate dichiarazioni: per questo nei prossimi giorni, durante gli incontri con i responsabili di Fondazione Milano Cortina 2026, gli ispettori verificheranno l’esistenza di un “piano B”, ovvero l’utilizzo di una struttura all’estero (probabilmente in Svizzera o negli Usa) nel caso la “Eugenio Monti” non dovesse essere pronta. In questa ipotesi, Cortina si troverebbe con una pista nuova (ma ridimensionata rispetto al primo progetto) dal costo di 120 milioni di euro, non utilizzabile per i Giochi.

“Attendiamo la scadenza del marzo 2025. Se la pista non sarà collaudata in tempo, ci rivolgeremo alla Corte dei Conti perché valuti l’esistenza di un colossale danno erariale” ha dichiarato la consigliera regionale Cristina Guarda, di Europa Verde, durante la manifestazione che si è tenuta nel piazzale del Bob Bar, il punto di accesso ai cantieri. “Investire tutti quei soldi in una pista, a fronte dei cambiamenti climatici in atto, apparirebbe una follia se non fosse che oggi alcuni politici sembrano aver abdicato al loro senso di responsabilità verso il bene comune” attacca. Al presidio sono intervenuti i rappresentanti delle associazioni Mountain Wilderness, Cai, Wwf, Peraltrestrade, Italia Nostra, Climate Venice Group, Extinction Rebellion, Ultima Generazione, Friday for future, Pfas.land, Le Voci di Cortina e Cortina Bene Comune, oltre a esponenti di gruppi regionali del Friuli-Venezia Giulia, del Trentino-Alto Adige e della Lombardia. Alcune centinaia di persone hanno tenuto un’assemblea pubblica e poi hanno seguito il percorso della nuova pista. Alcuni hanno abbracciato gli alberi, altri hanno portato striscioni di protesta. Una manifestazione pacifica e a tratti dolente. “Altro che Olimpiadi sostenibili. Dovevano essere a costo zero, ma abbiamo già superato una spesa prevista di cinque miliardi di euro”, ha riassunto l’ambientalista Luigi Casanova.

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