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Falò della libertà nelle valli valdesi per ricordare i diritti civili riconosciuti da Carlo Alberto il 17 febbraio 1848

Falò della libertà nelle valli valdesi per ricordare i diritti civili riconosciuti da Carlo Alberto il 17 febbraio 1848
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Era il 17 febbraio del 1848 quando Carlo Alberto di Savoia re di Sardegna concesse il riconoscimento dei diritti civili ai seguaci di Valdo di Lione. Si festeggia anche, nel 2024, l‘850esimo anniversario della nascita del movimento valdese (1174 – 2024).

Quindi i fuochi di libertà si accenderanno sabato sera nelle valli valdesi del Pinerolese, in provincia di Torino. Inoltre, in occasione dell’850esimo, sono state programmate delle iniziative per ricordare le tappe di questa chiesa protestante, nata nel 1174 come movimento di rinnovamento spirituale detto dei Poveri di Lione su iniziativa di Valdo, un mercante che, ancora prima di Francesco d’Assisi, si spogliò delle sue ricchezze per iniziare a predicare.

Anche se non è stato fatto nessun censimento, si stima che ad oggi i valdesi siano poco più di 30mila. Poi, ogni anno, a Torre Pellice, capitale di questa chiesa protestante, si riunisce il sinodo, dove per una settimana in assemblea i valdesi individuano le linee guida che la loro chiesa deve seguire. La fondazione Centro culturale valdese di Torre Pellice ha allestito una mostra su questa pagina di storia e l’editrice protestante Claudiana sta mandando in libreria due dei quattro volumi della nuova Storia dei valdesi.

Il Presidente del Concistoro della Chiesa Valdese di Torino, Sergio Velluto, ha spiegato che si tratta di una festa civile, che “il riconoscimento del 1848 è quindi un riconoscimento civile, non religioso: lo Statuto contemplava ancora il cattolicesimo come religione del Regno. L’Italia questo 17 febbraio l’ha dimenticato mentre noi la chiamiamo la festa della libertà. Nel frattempo le minoranze che si sono susseguite nel nostro paese sono altre, molte comunità religiose non hanno ancora accordi legali con lo stato e devono trovare altri modi per celebrare le loro attività”. E conclude: “Vogliamo ricordare la presenza e il passato di una comunità ancora presente e vivace a Torino, anche se si sta assottigliando ogni anno di più per varie cause“.

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