Sono figlio di un piccolo imprenditore di una azienda familiare, ho lavorato come dirigente di una multinazionale del credito per 23 anni, la maggior parte dei quali come responsabile del segmento small business, da 12 anni ho uno studio di consulenza direzionale specializzato nei processi di avviamento e riorganizzazione delle piccole imprese a carattere familiare: quelle dinamiche, quei processi, l’approccio ai mercati, il profilo professionale e umano di quelle persone sono nel mio dna.

Su questo blog affrontiamo frequentemente l’analisi delle aree critiche di quelle realtà. Ma gli approfondimenti dei gap organizzativi e strutturali delle piccole imprese non deve far pensare, per dirla alla Bartali, che “è tutto sbagliato, è tutto da rifare”.

Per molti, l’espressione “impresa familiare” denota un’azienda di piccole dimensioni con un’attenzione al locale, una organizzazione approssimativa e una serie ben nota di problemi, come le lotte per la successione. A parte questo, però, poco si sa di ciò che nello specifico rende diverse aziende di questo tipo. Alcuni studi indicano che, in media, per alcuni aspetti surclassano le altre sulla distanza.

La nostra esperienza evidenzia, infatti, che, durante fasi economiche positive, le aziende a controllo familiare non guadagnano tanto quanto quelle con una struttura di proprietà più parcellizzata. Quando però l’economia crolla, le imprese familiari oscurano di gran lunga le altre. La semplice conclusione cui siamo giunti è che le imprese di famiglia si concentrano più sulla resilienza che sui risultati. Rinunciano ai guadagni in eccesso che sono disponibili nelle congiunture positive per aumentare le probabilità di sopravvivenza nei tempi più duri. Perché la responsabilità famigliare che sente il CEO di una piccola impresa familiare lo porta a fare scelte strategiche molto prudenti. In sintesi, queste aziende restano leggermente indietro rispetto ai concorrenti nei momenti di crescita, ma guidano la corsa nelle fasi critiche, escono meglio dalle recessioni.

Quindi in un’epoca in cui i dirigenti di qualunque azienda non vengono incoraggiati a gestire pensando al lungo termine, riteniamo che le aziende di famiglia, quando sono ben gestite, possano fungere da modelli.

Ma come fanno le società controllate da un’unica famiglia a gestire l’impresa mantenendo la resilienza? Abbiamo isolato tre sostanziali caratterizzazioni nel loro approccio:

1. Sono sobrie nei momenti buoni e in quelli cattivi

Dopo anni di studio delle aziende di famiglia, riteniamo sia possibile identificarne una semplicemente osservando la reception del suo quartier generale. A differenza di molte multinazionali, la maggior parte di queste aziende non ha uffici lussuosi. Come ci ha detto una volta l’amministratore di una impresa a controllo famigliare «Il denaro più facile da guadagnare è quello che non abbiamo speso». Le società famigliari sembrano ben consapevoli che il denaro dell’azienda e quello della famiglia sono la stessa cosa e il risultato è che riescono meglio a tenere sotto controllo le spese. Se prendete in esame le finanze di un’azienda nell’ultimo ciclo economico, scoprirete che le imprese rette da famiglie sono entrate nella recessione con strutture di costo più snelle e, di conseguenza, con minori probabilità di dover ricorrere a licenziamenti massicci.

2. Hanno standard elevati per le spese in conto capitale

Le società a controllo famigliare si mostrano particolarmente giudiziose quando si tratta delle spese in conto capitale. «Abbiamo una semplice regola», mi disse una volta il proprietario di un’azienda di famiglia. «Non spendiamo più di ciò che possiamo permetterci». Potrebbe sembrare normale buonsenso, ma la realtà è che non sentirete mai pronunciare parole del genere da dirigenti d’azienda che non sono proprietari. Dato che sono molto rigorose, queste aziende tendono a investire solamente in progetti davvero forti. In questo modo, perdono qualche opportunità durante i periodi di crescita (da cui i loro risultati inferiori), ma nei momenti di crisi anche la loro esposizione è limitata, dal momento che hanno evitato di rischiare con progetti che rischiano di tradursi in buchi neri che fagocitano denaro.

3. Molte mostrano un livello sorprendente di diversificazione

Se è vero che un gran numero di società controllate da un’unica famiglia rimane concentrata sul proprio core business, lavorandoci a stretto contatto, si scopre poi che molte aziende di famiglia sono di gran lunga più diversificate di quanto immaginiamo. Alcune aziende familiari si sono allargate in nuove linee di business in modo organico; altre avevano assorbito piccole realtà in nuovi campi e le avevano fatte crescere. I CEO con cui abbiamo parlato raccontano che quando la recessione si è fatta più profonda e presente, la diversificazione è divenuta un elemento centrale per proteggere la ricchezza della famiglia.

Quindi se ha un senso che le imprese a controllo famigliare si concentrino più sulla resilienza che sui risultati, perché le altre aziende (anche di grandi dimensioni) non dovrebbero applicare la medesima strategia?

Ho sentito spesso dire quando vivevo in una multinazionale che “occorre operare come un’azienda di famiglia, anche se non lo è”. Per anni, a quei manager è stato detto di “ragionare come un proprietario”. Le regole dell’impresa di famiglia mostrano come tradurre questo tipo di ragionamento in strategie concrete. Forse qualcosa si può imparare anche dalle piccole imprese a carattere familiare.

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