“No, non partecipo alla manifestazione dei trattori. Assieme ad altri amici contadini, devo occuparmi dell’organizzazione di un altro evento”. Risponde secco Marco Loconte, ieri informatico, oggi contadino. “Non ho deciso di cambiare vita per dedicarmi ad un’agricoltura convenzionale che inquina: il mio obiettivo è produrre cibo che sia sano per noi e per l’ambiente. Purtroppo tra i tanti manifestanti vedo più impresari agricoli che contadini. Il mondo agricolo è variegato, molto più delle associazioni di categoria che pretendono di rappresentarlo ai tavoli istituzionali”. E, riguardo al “Green deal”, oggetto delle proteste di questi giorni, la sua opinione è altrettanto chiara: “Hanno ragione i manifestanti a dire che è sbagliato. Ma nel senso che è fin troppo blando”.

Marco Loconte nel 2016 abbandona la vita da informatico per dedicarsi alla campagna. “La mia famiglia, dal 1905, ha curato alcuni terreni, in affitto, nel ponente genovese, nel comune di Mele. Ho trascorso la mia infanzia tra i campi. Quando i miei nonni hanno lasciato la campagna, ho visto quei terreni diventare bosco incolto finché non ho più resistito e ho deciso di mollare il mio lavoro e acquistarli”. Loconte ha scelto di coltivare quei suoi dieci ettari nel pieno rispetto della natura. Divieto assoluto di pesticidi e fertilizzanti. L’unico concime è il letame dei suoi otto asini dell’Amiata, anche l’irrigazione è contenuta.

L’evento a cui si riferisce è del prossimo 17 febbraio. Si tratta di un incontro transfrontaliero Italia-Francia che riunisce i contadini di Liguria, Piemonte e delle “Région sud” che vogliono scambiarsi semi autoprodotti e conoscenze, “proprio come si è sempre fatto in passato quando non c’era bisogno dei semi Ogm delle multinazionali” precisa. “In questi due anni abbiamo semplicemente ridato vita a quella che era una storica bioregione agricola che vedeva collaborare i contadini liguri, del basso Piemonte e del sud della Francia”.

Tra i motivi delle contestazioni c’è l’enorme forbice tra il prezzo di un prodotto venduto al dettaglio e quanto viene pagato ai produttori. Chiaramente, la rete di cui Loconte fa parte vuole dare maggior valore alla categoria dei contadini perciò si augura che in Italia nascano cooperative di cibo biologico sul modello delle Biocoop francesi. Un sistema virtuoso dove non solo si vende a domicilio o in veri e propri supermercati ma che supporta e incentiva il mestiere per attirare nuove generazioni”. La filiera corta oltre a dare ossigeno ai contadini con la vendita diretta, innesca a catena molteplici aspetti positivi come la riduzione delle emissioni dai trasporti, l’uso della plastica monouso o dei conservanti alimentari chimici.

Altra questione spinosa, oggetto di proteste, è l’imperativo di tenere il 4% dei terreni a riposo per accedere ai contributi comunitari. “Sta passando un messaggio sbagliato alle persone”, dice ancora a ilfattoquotidiano.it: “I terreni a riposo vengono bollati come improduttivi ma è falso. In realtà, non è altro che effettuare un sistema di rotazioni che è funzionale ad una maggiore produttività dei terreni. Permettono di mantenere il suolo in salute, rigenerandolo, ad esempio, apportando azoto senza dover fornire continuamente prodotti di sintesi”. Ma non solo. “A differenza delle monocolture, avere un sistema agricolo a mosaico con prati, filari favorisce l’avifauna e l’entomofauna e sono proprio gli uccelli e gli insetti i migliori antiparassitari”.

Anche sul tema delle importazioni di prodotti alimentari dai Paesi extra Ue dove non sono in vigore gli stessi regolamenti etici come dal Canada o dagli Stati del Mercosur, Loconte evidenzia come non sia una novità la questione import, soprattutto per la questione prezzi. Infatti, già nel 1850 c’erano problemi di prezzo e concorrenza per il grano importato dagli Stati Uniti. Allora c’era il Regno d’Italia e venne portata avanti un’inchiesta dal senatore Jacini. “La storia dovrebbe insegnarci a non ricommettere gli stessi errori. La battaglia deve essere più profonda e rivoluzionaria: all’attuale approccio capitalistico si deve contrapporre una logica di mercato di prossimità”. E su quelli che definisce “falsi miti”, avverte: “È inutile difendere il chilometro zero o la sovranità alimentare se poi i prodotti sono ottenuti in modo non naturale”. Il riferimento è diretto alla vittoria recente dei manifestanti in merito all’annuncio di Ursula von der Leyen di ritirare la proposta di legge sull’uso sostenibile dei pesticidi.

Il modello di coltivazione di Loconte e la sua ricerca di sementi perdute attira l’interesse dell’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo, di Slow food nonché del Wwf. Tanto che, nel 2023, i suoi terreni battezzati con il soprannome della sua famiglia “Terre dei Bravin” diventano la prima Oasi Wwf d’Italia di tipo agricolo. “Per noi è stato un grande orgoglio intraprendere questo percorso assieme – dice a ilfattoquotidiano.it Maura Piaggesi, presidente Wwf Genova – con la nascita dell’oasi la battaglia di Marco per un’agricoltura naturale diventa patrimonio di tutti. Sono già partiti diversi progetti universitari e attività con le scuole della città”.

Articolo Precedente

In Europa si afferma l’antiambientalismo: di questo parla lo spettacolo ‘Album’ dei Kepler-452

next
Articolo Successivo

Eni e i 2 “esperti indipendenti” nella causa contro gli ambientalisti: uno dirige l’associazione negazionista del clima, l’altro è vicino a BigOil

next