Sanremo terza serata. L’attenzione ritorna sulla musica della gara e sul divertente traffico di matite tra i cantanti. Il miracolo nel frattempo si è compiuto anche quest’anno: hanno cominciato a riecheggiare nella testa ritornelli e strofe di tutte, proprio tutte le canzoni, anche quelle che non avresti mai voluto ascoltare. Ma sono fortunata, ci sono le mie preferite e l’atmosfera è rilassata, nonostante a più riprese si lancino frecciatine e battutine ironiche rivolte al ‘caso’ Travolta.

Amadeus apre la serata, osannato dal pubblico che chiama il suo nome, con un sermone degno della miglior captatio benevolentiae. L’immenso (in tutti i sensi) Russell Crowe fa quello che i super ospiti internazionali normalmente fanno, cioè risponde a domande più o meno interessanti, con aria affabile e sorniona, poi si esibisce in qualcosa che sa fare bene. La co-conduttrice Teresa Mannino è un’attrice comica, quindi sa il fatto suo e tiene la scena con aria frizzante e interessanti cambi d’abito. Tutto sotto controllo dunque.

Le prime esibizioni mi fanno rivalutare il rapper romano Il Tre che canta bene il suo Fragili, dal ritornello orecchiabile, che mi era sfuggito la prima sera. Dopo, dolce dolce scende in platea a donare i fiori alla sua mamma, commossa e orgogliosa.

Alessio Maninni, pugliese come me e come Emma, Diodato, Negramaro e Alessandra Amoroso, regala un’ottima performance con il suo Spettacolare, classico pop sanremese da tradizione. Caruccio il brano dei Bnkr44, se solo potessero eliminare le parole ‘governo’ e ‘punk’. Confermo l’ottima impressione della canzone dei Santi Francesi, impreziosita dal riff strumentale di synth dal suono cellophanato electro pop. Bene anche la graziosa Rose Villain che esegue con precisione il suo brano.

E ritorna il colore sul palco tra fantasie, quadrettoni, e interpretazioni pied de poule, con il quartetto Angelina Mango, Diodato, Ghali e Negramaro. I miei preferiti.

Angelina Mango capitolo a parte: alla sua seconda esibizione risulta sempre più sicura di sé. Per quanto a me risulti singolare il connubio tra il ballo della cumbia e la noia, è una particolarità che, insieme alla voce intonatissima, bene in evidenza nel passaggio a cappella, al suo fisico ben allenato e al suo dna, è unanimemente ritenuta la vera rivelazione. Di lei conquista ogni cosa: la bellezza naturale, il look estroso modernissimo, la verve, l’energia, la personalità scanzonata, l’estrema professionalità a soli ventidue anni e la sua eredità pazzesca.

Diodato conferma quanto sia bella la sua canzone con quel finale strumentale molto coinvolgente. E’ un artista che merita il meglio, delicato, profondo autore e interprete di poesie, a volte struggenti.

I Negramaro catturano nuovamente, tra citazioni e e bel finale, nonostante i per me sempre eccessivi gorgheggi di Giuliano.

Concludo citando la Mannino: “E’ bellissimo vivere questo mese di incoscienza. Sanremo è un grande carnevale”.

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