È passata una settimana dalla vittoria di Jannik Sinner agli Australian Open, evento che mi sono gustato in diretta e dal vivo avendo la fortuna di vivere a Melbourne. Un secondo dopo il trionfo, è partita la polemica circa la residenza monegasca del nostro nuovo Signore della racchetta. Ovviamente non è la prima volta che uno sportivo finisce sulla graticola per la sua situazione fiscale, ma in questa occasione si è aggiunto l’incredibile elemento nazionalistico basato sul fatto che “un vero italiano paga le tasse in Italia”.

Come persona che ha passato il 50% della propria carriera fuori dai confini patrii, mi sono sentito colpito nel vivo e mi sono chiesto se meritassi il ritiro del passaporto. Ed ho cercato, come tendo a fare sovente, di trovare un angolo od una prospettiva nelle argomentazioni postemi per sfidare e magari rivedere la mia opinione, magari furbetta o pre-concettuale.
Nonostante lo sforzo titanico, non sono riuscito nell’impresa. Uso il mio esempio a nome di tutti noi espatriati: vivo e lavoro in Australia e pago regolarmente le tasse in questo paese. Di cui utilizzo strade, scuole, ospedali, ed in generale tutte le infrastrutture ed i servizi. Quando vengo in Italia in vacanza o a trovare la famiglia mi comporto e beneficio dei servizi come qualunque altro “turista”, senza particolari trattamenti di favore.

Forse non molti sono a conoscenza della legislazione relativa all’assistenza sanitaria in Italia per cittadini residenti all’estero. Copio ed incollo dal sito del Ministero della Salute: “I cittadini italiani che trasferiscono (o hanno trasferito) la residenza in uno Stato con il quale non è in vigore alcuna convenzione con l’Italia, perdono il diritto all’assistenza sanitaria sia in Italia che all’estero, all’atto della cancellazione dall’anagrafe comunale e della iscrizione all’AIRE. Fanno eccezione i lavoratori di diritto italiano in distacco, che mantengono l’assistenza sanitaria in Italia e all’estero. Se sei iscritto all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero) o hai diritto di voto in Italia, non puoi comunque usufruire dell’assistenza sanitaria in Italia. Tuttavia se sei un cittadino con lo stato di emigrato (colui che ha acquisito la cittadinanza italiana sul territorio nazionale, nato in Italia) o un titolare di pensione corrisposta da enti previdenziali italiani, e rientri temporaneamente in Italia senza avere una copertura assicurativa pubblica o privata, hai diritto, a titolo gratuito alle prestazioni ospedaliere urgenti per un periodo massimo di 90 giorni in un anno solare (DM 1° febbraio 1996). Per ottenere le prestazioni ospedaliere urgenti devi presentare una dichiarazione sostitutiva di certificazione in cui attesti la data, il luogo di nascita, la residenza e la cittadinanza italiana (informazioni idonee a comprovare il tuo status di emigrato cioè nato in Italia) e che non sei in possesso di una copertura assicurativa sanitaria pubblica o privata”. Chiaro?

Spero che questo basti a calmare i pruriti dei miei connazionali che pensano che noi residenti all’estero succhiamo dalle loro tasse per godere degli stessi servizi a loro forniti quanto passiamo per il Bel Paese. Non è assolutamente così, ed io lo trovo supremamente giusto proprio in quanto tali servizi ci vengono forniti dal paese cui contribuiamo fiscalmente.

Peraltro questi strilli populisti contro il tennista altoatesino sono incredibilmente arrivati da tutto l’arco costituzionale, inclusa da quello parte che – quando si dibatte di politiche di immigrazione – ricorda alla Lega ed altri partiti da quella parte schierati quanto la nostra economia abbia bisogno di immigrati. Che vengono in Italia, trovano lavoro, pagano le tasse e così facendo finanziano i servizi offerti dallo Stato. Incluse le pensioni, che è forse l’argomento più sovente utilizzato da coloro che si battono per politiche migratorie più inclusive. Che facciamo, allora? Decidiamo che un togolese o un salvadoregno che vengono a lavorare in Italia non sono più degni di essere cittadini dei loro paesi, perché ivi non pagano le tasse? Li rimandiamo indietro in nome dell’interesse nazionale dei loro paesi di provenienza. Una follia assoluta.

Se proprio vogliamo aprire un dibattito serio, discutiamo se sia giusto far votare gli italiani residenti all’estero. Io sono uno di loro ed ho sempre esercitato il mio diritto, ma ho sentimenti ed opinioni non sempre convergenti sul tema e sarei lieto di vedere un dibattito serio sul tema. Ma fino a quando sento frasi come quelle sulla vera italianità concessa solo a chi page le tasse in Italia, mi cascano davvero le braccia.