“Buongiorno, Italia”. Con una racchetta in mano che ha cantato, e come se ha cantato. Jannik Sinner suona la sveglia quando sono da poco passate le 8. Sorride la volpe rossa delle Alpi dopo aver detronizzato Novak Djokovic in una notte magica, italianissima, che si è fatta l’alba di una nuova era del tennis azzurro. Un’alba che entra di diritto nel pantheon dello sport di casa nostra. Dritti e rovesci che addolciscono il caffellatte. È iniziato tutto alle 4.45, un teleschermo acceso a rischiarare le tenebre. “Chi c’è?”, si chiedono in tanti su Twitter in una notte fonda che ora si affianca a mitologiche tirate per le lunghe o sveglie piazzate a orari improbabili che si raccontano da decenni.

L’Italia-Germania 4-3 di Messico 1970, semplicemente la Partita del Secolo che tenne incollati milioni di italiani alla telecronaca di Nando Martellini. Una notte magica, come quelle di Italia ’90 consacrate dalle note di Edoardo Bennato e Gianna Nannini che erano più sere, in fondo, ma capaci di cadenzare il ritmo del Paese intero. Alla Alberto Tomba a Calgary 1988, quando si fermò perfino il Festival di Sanremo. Meno comodi gli ori dei nuotatori Domenico Fioravanti e Massimiliano Rosolino alle Olimpiadi di Sidney 2000, ancora Australia, terra di canguri e balzi in avanti dello sport italiano. Splash and smash.

Altri orari non proprio comodi entrati nei momenti d’oro per le vittorie di Filippo Magnini ai Mondiali di Montreal, correva l’anno 2005, che diede la buonanotte il 18 luglio trionfando nei 100 stile libero e Federica Pellegrini ai Giochi di Pechino, tre anni più tardi, che nuotò più forte di tutti nei 200 sl nel mattino cinese. Le Olimpiadi in viaggio tra i continenti sono giocoforza una riserva inesauribile di lampi nel buio. Ma anche i motori hanno regalato validi motivi per sopportare le occhiaie. Chi c’era, di buon mattino, l’8 ottobre 2000 per Michael Schumacher che vince a Suzuka davanti alle Mc Laren e riporta un titolo di Formula 1 a Maranello dopo il successo di Jody Scheckter datato 1979? E chi ha tremato in diretta, era quasi mezzanotte, per il sorpasso di Valentino Rossi su Casey Stoner al “cavatappi” di Laguna Seca, anno domini 2008?

Furono made in Usa anche le notti di Nino Benvenuti e Marco Belinelli. Il pugile si prese il mondiale dei pesi medi al Madison Square Garden di New York, la città che non dorme mai, il 17 aprile 1967. Ma quella notte, ore 4, fu l’Italia a rinunciare a un po’ di sonno, attaccata alla radio perché il governo proibì la diretta tv. Quarantasette anni dopo, New Orleans, 16 febbraio: il cestita di San Giovanni in Persiceto irrompe nella gara di tiro da 3 punti dell’All Star Game Nba e iscrive il suo nome in calce a uno storico di vincitori che comprende nomi come Larry Bird e Ray Allen. Ancora 2014, quattro mesi più tardi, ecco il bis, con Belinelli che calza – primo italiano nella storia – l’anello del titolo NBA partecipando da protagonista al successo dei San Antonio Spurs contro i Miami Heat.

E ora ecco il rosso di San Candido. Il 6-1 del primo set quando ancora l’aurora è lontana. Occhi stropicciati per il sonno, ma anche da “sogno o son desto”? Il tempo di tirarsi un pizzicotto, di dirsi che è tutto vero ed è 6-2. Alba piena, il sole che si alza e una stella che continua a brillare. Ore 7.15 e si sveglia anche Djokovic: 2-1 e gli smartphone si mettono in orizzontale sui mezzi pubblici. Quando sono le 8.10, ecco che il giorno diventa buono, per davvero. L’attacco al trono si materializza con un dritto in avvicinamento a rete e Sinner lo ripete al microfono poco dopo. Saluti alla famiglia e all’Italia, quindi la scritta di rito sulla telecamera: “Buongiorno”. Accompagnato da un cuoricino. La firma che scolpisce il nome di Jannik e la sua rivoluzione dolce nel pantheon azzurro.

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