Come l’acqua che con pazienza scava la roccia, fino a creare un solco e poi sprigionare tutta la sua potenza. Con diligenza, passo dopo passo, Jannik Sinner ha costruito la sua rivoluzione calma, quella che l’ha portato a compiere l’impresa impossibile: battere Novak Djokovic in semifinale agli Australian Open. Un livello mai superato da nessuno, fino ad oggi. Una vittoria che necessariamente diventa spartiacque, sancisce un prima e un dopo, apre a una nuova era del tennis. Perché, dopo l’addio di Roger Federer e gli infortuni di Rafa Nadal, solo Carlos Alcaraz era riuscito a scalfire l’autorità di Djokovic, battendolo in finale a Wimbledon. La differenza però sta nel modo in cui questa volta Sinner ha sconfitto il numero 1 al mondo, per di più sul suo campo preferito, quella Rod Laver Arena dove non perdeva da 33 gare consecutive. La partita del 22enne azzurro è stata un capolavoro del tennis, in cui ogni punto sembrava portarsi dietro la storia di anni di lavoro, di perfezionismo, di miglioramenti. Impossibile scegliere un solo momento significativo, perché è stato tutto l’andamento del match a certificare la consacrazione di un nuovo campione. Sinner non ha solo battuto Djokovic, non gli ha mai dato la chance di vincere: è il primo tennista nella storia a non aver concesso nemmeno una palla break al serbo in un match di uno Slam. Questo nemmeno a Federer e Nadal era mai riuscito.

Sinner apre una nuova era del tennis perché il suo non è un exploit, è il consolidamento di un livello raggiunto con pazienza e meticolosità. Non è come Alcaraz, che ha scombussolato il tennis mondiale già a 19 anni e ora sta vivendo una fisiologica fase di relativo ridimensionamento. L’italiano nato a San Candido è cresciuto stagione dopo stagione, alzando costantemente di un gradino il suo livello. Proprio agli Australian Open, due anni fa, uscì malamente sconfitto ai quarti di finale contro Stefanos Tsitsipas. Dopo quella partita, quando a 20 anni era già comunque un astro nascente del tennis mondiale, decise di cambiare tutto. Perché ha sempre voluto arrivare a battere i migliori. Salutato coach Piatti, affianco a Simone Vagnozzi e poi a Darren Cahill ha proseguito il suo percorso verso la rivoluzione. Con calma, perfezionando il suo gioco e il suo servizio anche a costo di soffrire, di perdere. Poi però ha cominciato a battere con costanza anche i giocatori Top 10. Alla fine del 2023, è iniziato l’attacco al numero 1 del mondo: Djokovic battuto alle Atp Finals una volta su due, poi battuto ancora una volta in Coppa Davis, sia in singolare che in doppio.

Il livello successivo, quello da superare per compiere definitivamente la rivoluzione, è riuscire a battere Djokovic in un match tre set su cinque, per di più a Melbourne. Sinner lo ha fatto, ancora una volta con la sua consueta calma. Il capolavoro in semifinale è cominciato ad Alicante, in Spagna, dove ha passato le feste natalizie a scartavetrare con la sua racchetta una pallina dopo l’altro. È proseguito a partire dal primo turno degli Australian Open: sempre concentrato per chiudere ogni partita nel modo migliore possibile, centellinando ogni spreco di energia fisica e pure mentale. Così Sinner si è costruito le condizioni per riuscire a sfidare il numero 1 al mondo sul suo terreno: la mente e il corpo. Ovviamente il resto lo fa il suo tennis: Djokovic, forse per la prima volta, si è trovato di fronte un giocatore in grado di giocare come lui da fondo campo. Di costruire ragnatele, colpi pesanti e profondi, che alla fine portano a vincenti ma soprattutto mandano fuori giri l’avversario. Per due set è stato Djokovic a non capirci nulla, a diventare di colpo un giocatore spaesato e falloso di fronte alla calma con cui Sinner lo prendeva a pallate, mostrando quasi all’improvviso tutta la forza del suo tennis, la portata della sua rivoluzione.

E, visto che nel tennis si fa raramente, i meriti di questo capolavoro vanno dati anche al team tecnico di Sinner: Vagnozzi e Cahill hanno preparato la partita perfettamente. L’azzurro in campo dava la sensazione di sapere chiaramente cosa fare, in ogni situazione, per mettere in difficoltà il numero 1 al mondo. Poi però, è chiaro, solo un tennista granitico riesce a rimanere fedele al piano tattico anche di fronte a un ostacolo chiamato Djokovic. Che come al solito è risorto e ha provato di tutto per rientrare in partita: reazioni rabbiose, una crescita con il servizio, una pausetta maliziosa dopo aver vinto il terzo set al tie-break ritrovando la consueta freddezza. Sinner, però, era preparato pure a questo. E nel quarto set è riuscito a battere anche il miglior Djokovic. È rimasto calmo e ha lasciato che, colpo dopo colpo, l’acqua cominciasse a sgorgare sempre più velocemente dalla roccia. Solo nell’ultimo turno di battuta, al primo doppio fallo della sua partita, la mente è probabilmente tornata a tutto il lavoro compiuto per arrivare fin lì. Poi però è ricomparsa la serenità, la consapevolezza nei mezzi e nel metodo. Sinner in campo quasi sorride, perché è arrivato il tempo della sua rivoluzione, celebrata dopo la vittoria con un semplice pugnetto. Nella testa di Sinner c’è già il prossimo obiettivo: la finale, il primo titolo Slam in carriera.

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