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Come saranno gli animali tra 10mila anni? La risposta da un esperimento condotto con l’intelligenza artificiale

Utilizzata da un gruppo di scienziati della Basepaws, l’AI ha rivelato come gli animali domestici potrebbero diventare in base a due possibili scenari: il forte riscaldamento globale e una nuova era glaciale

di Gabriele Scorsonelli

L’intelligenza artificiale continua a stupire, spiazzare e, forse, anche a intimorire. È sempre più capace di fornire proiezioni sul futuro e, questa volta, utilizzata da un gruppo di scienziati della Basepaws (un’azienda che studia la genetica degli animali domestici) ha rivelato come cani e gatti potrebbero diventare tra 10mila anni: piccoli, deboli e con pelo corto, o muscolosi e con una pelliccia folta. Tutto in base ai cambiamenti climatici e le plausibili condizioni di vita sulla Terra.

L’AI ha calcolato due possibili scenari: la prima ipotesi poggia sulla possibilità di un forte riscaldamento globale, con aumento incontrollato delle temperature; la seconda sull’eventualità di una nuova era glaciale. In entrambi i casi, non è stato preso in considerazione l’uomo, ritenuto non indispensabile per la sopravvivenza dei suoi amici a quattro zampe. In virtù del loro codice genetico e comportamentale, simile a quello dei lupi, per i cani un mondo senza umani non sarebbe un problema. D’altronde sanno come difendersi, nascondersi e cacciare. Così come i gatti.

Sicuramente, però, dovrebbero adattarsi alle nuove condizioni di vita. Stando alle proiezioni, nel caso dell’avvento di un caldo torrido, la loro massa muscolare si ridurrebbe e sarebbero sensibilmente più piccoli: la riduzione della superficie cutanea contribuirebbe, inoltre, a proteggerli dalle radiazioni ultraviolette. Avrebbero a disposizione risorse più scarse, quindi meno cibo ed energia minore da utilizzare. Infine, il loro pelo sarebbe più scuro e anche più corto, in particolar modo per favorire la termoregolazione. Nel caso, invece, di una nuova era glaciale, gli animali domestici si adatterebbero alle gelide temperature sviluppando una pelliccia più densa e folta, simile a quella degli esemplari artici. Inoltre, le loro riserve di grasso sarebbero maggiori, avrebbero una muscolatura più robusta per adattarsi alla caccia, zampe più resistenti al suolo e ottime abilità di arrampicata (soprattutto nel caso dei felini). Un adattamento in pieno stile darwiniano, per sopravvivere al mutamento climatico.

Una previsione difficile, quella dell’AI, soprattutto nei tratti specifici. L’evoluzione delle specie, infatti, tiene conto di molteplici fattori, tra cui l’ambiente, i cambiamenti genetici e la selezione naturale. Ma anche eventi imprevedibili come catastrofi e malattie a cui gli animali potrebbero adattarsi modificando le loro sequenze genetiche – come accaduto a Chernobyl – o soccombere a causa di condizioni di vita proibitive. Non meno importante la presenza dell’uomo che, in un terzo ipotetico scenario, con il suo intervento potrebbe cambiare le carte in tavola. Pura speculazione, comunque. Perché il futuro degli animali domestici dipenderà anche da noi. E da come ci cureremo del nostro pianeta.

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