Questa volta, lo storico ed editorialista del Corriere della Sera Ernesto Galli della Loggia se la prende con i ragazzini disabili e stranieri. La loro colpa? Stare nelle classi insieme ai ragazzi “normali” e frenarne, a suo dire, il percorso didattico. “Il risultato lo conosciamo” conclude perentorio della Loggia, sebbene non si capisca a cosa faccia riferimento, visto che la resa degli studenti italiani non è significativamente diversa da quella dei coetanei esteri e, quando lo è, lo è per tutt’altre ragioni. Molte delle affermazioni presenti nell’articolo sono invece palesemente inesatte. Pur non documentando minimamente le sue affermazioni, è abbastanza chiaro il retroterra ideologico a cui l’editorialista attinge.

La scuola, di qualsiasi ordine e grado, sin dalle elementari, deve creare soldatini produttivi e non persone e cittadini. In quest’ottica qualsiasi cosa che possa, anche solo ipoteticamente, rallentare l’addestramento va eliminato. Non sorprende che a Galli della Loggia sfugga invece il grande valore, prima di tutto sociale ed umano, che può derivare dal condividere un percorso di formazione con compagni stranieri o disabili. Oltre al fatto di trovarsi in un contesto che rispecchia quella che è la realtà fuori dalle aule. Elementi che, peraltro, si traducono poi anche in una maggiore apertura e flessibilità mentale e dunque in una più solida capacità di decifrare la realtà e apprendere. Oltre, naturalmente, ai benefici che la scelta inclusiva, porta a coloro che Galli della Loggia considera una sorta di “disturbatori del rendimento.

L’occasione in cui l’editorialista si esercita in quest’opera di “selezione della razza scolastica”, è una breve recensione del libro “Una scuola esigente” di Giorgio Ragazzini, edito da Rubbettino, casa editrice tradizionalmente molto ricettiva verso tesi liberal-conservatrici. La recensione compare nella sezione cultura del sito del Corriere della Sera. Scrive Galli della Loggia, criticando quello che definisce il “mito dell’inclusione”: “Nelle aule italiane, caso unico al mondo, convivono regolarmente accanto a ragazzi cosiddetti normali, ragazzi disabili con il loro insegnante di sostegno (…), poi ragazzi con i Bes (Bisogni educativi speciali: dislessici, disgrafici, oggi cresciuti a vista d’occhio anche per insistenza delle famiglie) e dunque probabili titolari di un Pdp (Piano didattico personalizzato) e, infine, sempre più numerosi, ragazzi stranieri incapaci di spiaccicare una parola di italiano”.

I problemi nelle classi esistono ma non per le ragioni che adduce l’editorialista. Non perché i ragazzi disabili o stranieri siedono nella stessa aula dei “normali” ma a causa della carenze di strutture e personale, conseguenza di quei continui tagli alla spesa pubblica spesso auspicati dallo stesso Galli della Loggia. Che poi l’inclusività sia un valore in sé, all’editorialista non passa neppure per la testa. Del resto, tre anni fa, si distinse, sempre dalle colonne del Corriere della Sera, lamentando il rischio per gli abitanti dei centri cittadini di essere infettati dal Covid portato dalle popolazioni delle periferie. Poche settimane fa ha invece individuato, dal suo punto di vista, le ragioni che giustificherebbero lo sterminio di civili e bambini in corso a Gaza. Per le parole sulla composizione delle classi ci sono già diverse reazioni. Tra queste, quelle di due docenti universitari.

“Spero che sia un fake ma temo non lo sia”, scrive su X Mario Ricciardi, docente di Filosofia del diritto alla Statale di Milano ed ex direttore de Il Mulino.

“Terribile ma rivelatore”, commenta il sociologo dell’università di Torino Filippo Barbera.

“I ‘riformisti’, in Italia, sono i più reazionari”, scrive invece Gianfranco Viesti dell’università di Bari.

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Polemiche per l’attacco di Galli della Loggia alla scuola inclusiva. Falabella (Fish): “Parole che spaventano, impregnate di pregiudizi”

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