Ogni volta che entro in una tabaccheria non posso fare a meno di guardare quella parete tappezzata di schede di lotterie istantanee, e se c’è qualcuno davanti a me è facile che sia lì per acquistare un Gratta e Vinci. Era il 2019 quando decisi di lasciare la parola agli azzardopatici e fu un’esperienza che mi segnò nel profondo. Da allora, la situazione del gioco d’azzardo in Italia è mutata, ovviamente in peggio, stante la sempre più diffusa situazione di precarietà economica in cui versa la popolazione. Ma non è neanche giusto dire che è mutata in peggio, perché più la gente si rovina più lo Stato ci guadagna.

Il flusso complessivo di denaro giocato è passato dai 106,8 miliardi del 2018 ai 136 del 2022, e si è quasi certi che abbia superato i 150 miliardi nell’anno appena trascorso (beninteso: parlo qui solo di gioco legale, quello clandestino ammonta a qualche altra decina di miliardi). Con lo Stato che guadagna 10,3 miliardi netti (sempre dati 2022), in rapida crescita dopo la flessione dovuta al Covid e la temporanea chiusura delle sale da gioco (è quello che si chiama “gioco fisico”), che ha comportato anche un’altra conseguenza, ossia il portentoso balzo in avanti del gioco online, che è uscito dalla nicchia per issarsi ai due terzi del volume giocato. Ed è appena il caso di sottolineare la maggior pericolosità del gioco online rispetto al gioco fisico: non vi è controllo su chi accede (secondo una ricerca Nomisma in Lombardia, molti sono ragazzi tra i 14 e i 19 anni) e inoltre non si compare fisicamente in una sala giochi o in una tabaccheria: si mantiene l’anonimato, si può giocare a qualsiasi ora e il tutto induce a giocare anche di più.

Insomma, il gioco d’azzardo dilaga e l’unico freno posto dallo Stato è quello del divieto di pubblicità previsto dal Decreto Dignità (D.L. 87/2018), peraltro tranquillamente bypassato dalle imprese di settore, mascherandolo ad esempio con informazioni nel campo delle scommesse, diffusione delle quote oppure sponsorizzazione di squadre di calcio. E con il gioco dilaga anche la dipendenza, la DGA, cioè il gioco d’azzardo patologico, che poi fa anche sì che quanto lo Stato ricava dal gioco debba essere depurato da tutti gli effetti collaterali che esso comporta, primo fra tutti la cura della dipendenza a carico del settore pubblico.

Ma ad uno Stato immorale poco importa degli effetti sulla salute che il gioco compulsivo comporta, poco importa che l’azzardopatia dilaghi, che la gente si rovini, che si rovinino famiglie, che cresca l’usura. Lo dimostra il fatto che il Consiglio dei Ministri ha di recente approvato un decreto legislativo che riordina il settore dei giochi online e la novità più clamorosa e pericolosa è l’esautoramento dell’Osservatorio presso il ministero della Salute, che in questi anni ha avuto per compito il monitoraggio del fenomeno della dipendenza dal gioco d’azzardo e dell’efficacia delle azioni di cura e di prevenzione intraprese e la definizione delle linee di azione e delle misure più efficaci per l’attività di prevenzione, cura e riabilitazione. Esso verrà sostituito da una Consulta permanente dei giochi pubblici ammessi in Italia gestita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, a cui faranno capo anche i concessionari e i gestori del gioco. È come se il governo volesse chiudere un occhio sugli aspetti sanitari che il gioco comporta e volesse concentrarsi solamente sugli aspetti economici.

Come afferma Maurizio Fiasco, presidente dell’associazione Alea ed esperto della Consulta Nazionale Antiusura, “è come se per misurare le conseguenze del tabagismo sulle malattie respiratorie ci si avvalesse del punto di vista dei produttori di sigarette”. Non è un caso che la dipendenza dal gioco nel decreto sia definita come “ludopatia” anziché come “azzardopatia”, o “disturbo del gioco d’azzardo”, come peraltro previsto per legge. Cosa volete che sia, pare dire il governo: è solo un gioco, che male c’è…

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