Ho letto molte reazioni suscitate dal raduno romano di centinaia di fascisti che, il 7 gennaio, hanno commemorato tre giovani missini – Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni – uccisi nel 1978 (premessa: sono sempre stato contro la violenza, inclusa quella politica di qualsiasi colore). Ebbene, voglio spezzare una lancia a favore di Fratelli d’Italia: sono convinto che il partito oggi al governo – erede del MSI, a sua volta erede del fascismo – non abbia sponsorizzato in alcun modo la mini-adunata oceanica di Acca Larentia, come d’altra parte garantiscono i suoi dirigenti.

Qualcuno potrebbe obiettare, per esempio, che uno dei fondatori di FdI, Ignazio Benito Maria La Russa, oggi nel ruolo di seconda carica dello Stato come presidente del Senato, non ha mai nascosto di custodire a casa cimeli mussoliniani. Né di considerare i soldati nazisti (quelli attaccati nel 1944 dai partigiani di Roma in via Rasella) una inerme “banda musicale di pensionati”; né di avere una cattiva opinione sui soldati italiani che finirono nei lager hitleriani per aver rifiutato di aderire alla Repubblica mussoliniana di Salò; né di essere allergico alla celebrazione del 25 Aprile. Ha persino detto di aver dubbi sulla illegalità del saluto romano (l’ha ribadito in relazione alla parata di Acca Larentia). Però La Russa ha un’attenuante: recita nel partito un ruolo quasi folcloristico; e poi è campione olimpico nell’uso dell’espressione “Sono stato frainteso”. Quindi quello che dice lui non fa granché testo.

Altri potrebbero ricordare che parecchi militanti, parlamentari e dirigenti, locali e nazionali, di FdI ogni tanto (anzi, ogni spesso) si lasciano sfuggire affermazioni (pubbliche, semi-pubbliche e online) che al Duce non sarebbero dispiaciute. Tra questi, ad esempio, va incluso l’ultimo venuto alla ribalta: il deputato-pistolero vercellese Emanuele Pozzolo, detto Manny, finito nei guai a Capodanno perché la sua pistola si è messa a sparare a capocchia ferendo un uomo durante un veglione. «Se mi danno dell’intollerante, del reazionario e anche del fascista non mi offendo», scriveva, non a caso, Manny nel 2019 su Facebook; a scanso di equivoci, sui social usa come nickname MannyDux85. Però, suvvia… Probabilmente sono solo intemperanze dettate dall’emotività e/o dall’esuberanza.

Insomma, basta con le illazioni: io sono pronto a ribadire che FdI non c’entra assolutamente (e tanto meno ufficialmente) con i saluti romani di Acca Larentia, accompagnati dal grido “Presente!”. Semmai circa cento giovani di FdI – aderenti a Gioventù nazionale – hanno fatto una commemorazione a parte: il 7 gennaio si sono incontrati a Villa Glori nel quartiere dei Parioli. Mentre tutti erano concentrati su ciò che stava succedendo in via Acca Larentia, hanno commemorato lo stesso episodio urlando tre volte un innocente “Presente!”, senza fare il famigerato saluto romano.

Ora i soliti anti-fascisti polemici e faziosi potrebbero sostenere che anche quest’ultima esibizione ha radici fasciste. Magari lo farebbero esibendo una fonte molto preparata: Il Secolo d’Italia – quotidiano prima del MSI, poi di AN, poi di FdI – con un articolo pubblicato nel 2015 dal titolo “Acca Larenzia, alle origini del rito del Presente! Gli studi di Gentile e Accame”. Nell’articolo si citano lo storico Emilio Gentile e il suo libro Il culto del Littorio (Laterza). Viene chiarito “che i funerali dei fascisti uccisi erano – come testimonia Gentile – “i ‘riti emotivamente più intensi e coinvolgenti’. Il rito dell’appello […] ‘esprimeva il vincolo sacro tra i morti e vivi, congiunti nella vitalità della fede. Assurti nell’universo simbolico fascista come eroi e santi, i caduti vegliavano carismaticamente sulla comunione dei fascisti, continuando a vivere nella loro memoria’”. Continua l’articolo: “L’importanza di questo appello è dimostrata anche dal fatto che un’apposita voce, Appello fascista, fu inserita nel Dizionario di politica edito dal PNF nel 1940 e voluto da Mussolini come una sorta di canone della dottrina fascista”.

Quindi? Sarà anche così (se lo dice Il Secolo d’Italia…). Però tutto ciò non attribuisce alcuna responsabilità a FDI per quel che riguarda la manifestazione inscenata dai fascisti doc ad Acca Larentia; per giunta, è una manifestazione che effettivamente si è svolta, con maggiore o minore partecipazione, ogni anno, dal 1979 in poi. Quindi, niente di nuovo. L’unica novità sta nel fatto che Fratelli d’Italia non ha alcun interesse a sponsorizzare un’esibizione così inquietante come quella; , tanto meno da un anno e mezzo a questa parte con l’arrivo a Palazzo Chigi di Giorgia Meloni. Inoltre i voti in più o in meno di un migliaio di nostalgici non preoccupano un partito che, per chiara scelta del popolo sovrano, è al governo e ha quasi il 30% dei consensi, secondo i sondaggi.

Il fatto che FDI non c’entri nulla con i saluti romani dell’altro giorno assolve dunque la classe dirigente del partito rispetto alle accuse di contiguità con post-fascismo e neofascismo? Gli ottimisti potrebbe essere tentati di rispondere “Sì, non c’entra. Magari sono post-fascisti, ma molto post. E col Ventennio mussoliniano hanno chiuso”. Invece no. Piuttosto il caso Acca Larentia deve essere considerato marginale, seppur eclatante. Concentrarsi su quell’episodio distoglie dal quadro generale. Ne ho avuta conferma nei giorni scorsi, mentre mi stavo dedicando a una ricerca giornalistica in vista del 27 gennaio, quando si celebrerà la Giornata della memoria, in ricordo delle vittime – ebrei e non solo – dei campi di sterminio nazifascisti. Mi sono ricordato del fatto che il 5 agosto 1938 il regime fascista varò la rivista La difesa della razza. Lo scopo? Sostenere antisemitismo e razzismo, portare acqua al mulino delle leggi razziali promulgate nel settembre successivo e arrivare alle loro terrificanti e fatali conseguenze: deportazioni e sterminio.

Il segretario di redazione della famigerata rivista, uscita fino a giugno del 1943, era Giorgio Almirante (1914-1988), nel Dopoguerra tra i fondatori del Movimento sociale italiano (la cui fiamma troneggia ancora nel simbolo di FdI), di cui è stato il più prestigioso e duraturo leader. Ecco alcune delle sue parole scritte su La Difesa della razza, tratte da un articolo del 5 maggio 1942: “Il razzismo ha da essere cibo di tutti e per tutti, se veramente vogliamo che in Italia ci sia, e sia viva in tutti, la coscienza della razza. […] Altrimenti finiremo per fare il gioco dei meticci e degli ebrei; degli ebrei che, come hanno potuto in troppi casi cambiar nome e confondersi con noi, così potranno, ancor più facilmente e senza neppure il bisogno di pratiche dispendiose e laboriose, fingere un mutamento di spirito e dirsi più italiani di noi, e simulare di esserlo, e riuscire a passare per tali. Non c’è che un attestato col quale si possa imporre l’altolà al meticciato e all’ebraismo: l’attestato del sangue“.

Molti anni dopo, il 29 aprile 1987, Almirante fu intervistato da Giovanni Minoli nel programma Mixer (Rai), dove si dichiarò fascista a tutto tondo. Gli domandò Minoli: “Del suo passato rifiuta qualcosa?”. Almirante: “La mia formula è non rinnegare e non restaurare”. Minoli: “Il suo numero due, vero o presunto, Pino Rauti ha detto: noi siamo contrari alla democrazia parlamentare in linea di principio, perché non crediamo all’uguaglianza tra gli uomini ma alla differenza tra gli
uomini”. Almirante: “Non sono d’accordo nella forma ma sono d’accordo nella sostanza”.

Veniamo ai nostri giorni. Il 22 maggio 2020 Giorgia Meloni, segretaria di FdI, con un tweet ha commemorato l’ex segretario del MSI (è stata iscritta alla sua organizzazione giovanile, il FdG): “Ci lasciava 32 anni fa Giorgio Almirante. Politico e Patriota d’altri tempi stimato da amici e avversari. Amore per l’Italia, onestà, coerenza e coraggio sono valori che ha trasmesso alla Destra italiana e che portiamo avanti ogni giorno. Un grande uomo che non dimenticheremo mai”. Il 29 dicembre 2022, la premier Meloni durante la prima conferenza stampa di fine anno ha spiegato che la commemorazione del MSI è legittima perché è stato “un partito della destra democratica e repubblicana”.

Nell’ultima analoga conferenza stampa, svoltasi il 4 gennaio 2024, Meloni non ha risposto a una domanda in cui le veniva chiesto se aveva intenzione di “archiviare la fiamma dal simbolo” di Fratelli d’Italia. Probabilmente la leader di FdI ha altri problemi per la testa, come ha affermato per giustificarsi. Di certo, però, Almirante, con la sua fiamma, nella sua testa è ancora molto presente (ogni riferimento al “Presente!” è, ovviamente, del tutto casuale). Questo è il vero problema. Senza offesa per gli squadristi che si sono esibiti in via Acca Larentia.

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