L’ultima sua sortita è stata un’invettiva contro Sigfrido Ranucci, bollato come “nemico in casa” per via dell’inchiesta trasmessa da Report lo scorso 17 dicembre sull’agroalimentare e sui produttori che usano additivi chimici, anche non legali, nel loro vino. Francesco Lollobrigida, “detto Lollo”, come rivelò Ignazio La Russa al secondo congresso di Fratelli d’Italia – An nel 2017, ha preso davvero sul serio il suo ruolo di paladino della sovranità alimentare italiana, inedita locuzione che ha dato al dicastero dell’Agricoltura di cui è titolare. E lo fa con il pathos tricolorino di una vestale del made in Italy e dell’identità culturale nazionale, litanie ripetute quasi ossessivamente dagli esponenti del governo Meloni.

In occasione della presentazione del XXI Rapporto Ismea-Qualivita, svoltasi a Roma il 18 dicembre, il ministro, pur premettendo che secondo il suo pensiero i giornalisti devono dare le notizie, ha lamentato: “Fatemi togliere da questa cosa che stanotte mi ha un po’ condizionato. Chiamerò Ranucci per chiedergli il perché, ma noi continuiamo a vedere sulla tv di Stato trasmissioni che aggrediscono i nostri prodotti senza mai specificare che si tratta di un caso su 3mila per il prosciutto o un caso su 10mila per il vino che si comporta in maniera irregolare”.

È trascorso oltre un anno dal mandato di Francesco Lollobrigida e non si può dire che i suoi 14 mesi non siano stati lastricati da inciampi: cognato di Giorgia Meloni, militante storico Fronte della Gioventù (“Ci sono entrato nel 1985, facevo la terza media”, svelò nel 2013 alla festa di Atreju, il rendez-vous annuale di Azione Giovani e poi di Fratelli d’Italia), deputato di Fdi dal 2018, un curriculum costituito esclusivamente da incarichi politici (sintetizzati da un buffo e tacitiano “lavoro privato” nel documento scaricabile dal sito della Camera dei deputati), una laurea in giurisprudenza presa nel 2014 nell’università Niccolò Cusano Campus, ex assessore regionale ai Trasporti nella Giunta Polverini (memorabile fu la sua presenza nel 2012 ad Affile all’inaugurazione del sacrario intitolato al generale fascista Rodolfo Graziani, per lui ‘punto di riferimento’ affettivo, come dichiarò candidamente a Repubblica), il ministro meloniano è stato protagonista di assortite gaffe, mai seguite da scuse dell’interessato e sempre emendate dagli instancabili giornali di destra.

In uno dei suoi tonfi più plateali, quello della fermata del Frecciarossa on demand a Ciampino, è intervenuta dopo 3 settimane per lenire le ferite della figuraccia anche la moglie Arianna Meloni, responsabile della segreteria di Fratelli d’Italia, che si è sdilinquita in un’appassionata difesa del compagno (“Sono stata fiera di Francesco, ha trovato una soluzione per arrivare a Caivano. Gli ho fatto i complimenti“).

Lo scorso 18 aprile ha scatenato una bufera per le parole pronunciate al congresso Cisal: ” “Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica: gli italiani fanno meno figli, quindi li sostituiamo con qualcun altro. Non è quella la strada”. Dichiarazioni che non hanno stupito i più smagati, visto che la fobia di “un disegno di sostituzione etnica” è un vecchio cavallo di battaglia della destra, già sventolato da Giorgia Meloni nel 2017.

Ma, del resto, basta contare tutti i post che Lollobrigida ha pubblicato sulla sua pagina ufficiale di Facebook circa “l’invasione controllata dei migranti” per capire che quelle che sbrigativamente definiamo ‘gaffe’ sono umani cedimenti di un militante di destra, ora costretto da circonlocuzioni stordenti nelle vesti azzimate di un ministro della Repubblica, rispetto a una concezione precisa e ferma sull’immigrazione: solo sul blocco navale, il nostro ha sfornato ben 33 post nel 2021 e 11 nel 2022. Dal 2 settembre 2022, a 23 giorni dall’ormai annunciata vittoria di Fdi alle elezioni politiche, mutismo assoluto e non casuale.

Insomma, è come quando fai una dieta, sbrachi un giorno e, alle domande severe del nutrizionista nel resoconto settimanale, ti chiudi in un silenzio imbarazzato, poi accampi una scusa mal acconciata (“Non sono pentito, sono ignorante ma non razzista“, ha dichiarato all’Huffington Post, come se l’ignoranza fosse un’attenuante) e infine tenti di raggiustare il tutto con un’altra trovata tafazzista (“Esiste però un’etnia italiana – ha affermato successivamente rispondendo a un giornalista – Quello di cui parliamo è cercare di garantire una prosecuzione della nostra identità culturale, della quale io sono orgoglioso, non so lei”).

Da bravo erede della minoranza non costituente, Lollobrigida si è anche espresso sulla Costituzione all’indomani della vittoria elettorale di Fdi, auspicando un inizio di ragionamento su “un riordino e una riforma costituzionale” e propinando una versione edulcorata di quello che disse il 3 dicembre 2017 in occasione del secondo congresso del partito: “Questa Costituzione è vecchia e nata male”. Il 26 settembre del 2022 ha aggiunto che era comunque “bella”.

Il meglio del repertorio, però, lo offre nell’esercizio del suo ruolo di gastro-filologo popolano che, tra un sermone sulla Patria, un’apologia della Nazione, una fatwa contro “la carne sintetica”, un elogio del carciofo romanesco, un abbraccio della Coldiretti, un’esaltazione del granchio blu e una lode del vino “che più è buono, più dà benessere”, incespica in svarioni assortiti, come quello sulla crisi della “miticultura”, che poi sarebbe l’allevamento “di cozze, vongole e affini”.

Altra epocale gaffe del ministro è stata quella dello scorso 24 agosto, quando intervenendo al Meeting di Rimini ha celebrato il modello alimentare italiano sfoderando il solito refrain patriottardo, ma stavolta coinvolgendo le persone meno abbienti: “Da noi il modello di educazione alimentare è interclassista. Da noi spesso i poveri mangiano meglio dei ricchi, cercando dal produttore l’acquisto a basso costo spesso comprano qualità”.

A dire il vero, la novità di questa dichiarazione sta nel fatto che il ministro abbia pronunciato in tutta la sua brutalità la parola ‘poveri’, un termine abiurato dal governo Meloni sulla scia della sua crociata contro il reddito di cittadinanza e il salario minimo. E infatti a riguardo il torpedone di leghisti, di berlusconiani e di post-fascisti guidati da Giorgia Meloni ha operato una vera e propria rivoluzione semantica definendo i poveri “occupabili” e bollandoli come gente riottosa ai lavori più umili, gli stessi che fanno gli immigrati (Lollobrigida dixit).
Questa rappresentazione picaresca dei percettori del reddito di cittadinanza non è una novità: nel 2019 proprio il futuro ministro della Sovranità Alimentare si distinse per le sue catilinarie contro Giuseppe Conte, dipinto come una specie di leader di Sendero Luminoso, e per il suo disprezzo per il sussidio voluto dal M5s.
“Oggi sanno tutti – tuonò il 9 settembre 2019 – quanti milioni di euro, di quelli che i nostri lavoratori e chi produce pagano con le tasse, vengono gettati per garantire sussidi a immigrati, a delinquenti, a brigatisti, a fancazzisti in genere“.

Stessa marzialità fu mostrata da Lollobrigida due anni dopo contro la ministra dell’Interno Lamorgese e il governo Draghi, accusati di intimidire l’opposizione nella vicenda dell’assalto di Forza Nuova alla sede della Cgil di Roma durante una manifestazione contro il green pass. Il post shock, che citava il delitto Matteotti, fu pubblicato su Facebook : “Il governo e alcune forze di maggioranza hanno usato criminali per indebolire l’opposizione, come è accaduto con il delitto Matteotti nel 1924 e negli anni Settanta con la strategia della tensione. Tutto questo è vergognoso. Ogni circo, anche quello mediatico, ha i suoi pagliacci. Vediamo in questa vicenda quanti ne scopriremo!”.

E non pago delle gravi affermazioni, aggiunse: “Qualcuno si chiede che c’entra Matteotti: lo dico più chiaramente, il Fascismo (con la ‘f’ maiuscola, ndr) coprì i criminali che ammazzarono Matteotti e ne fu complice. Colpì l’opposizione parlamentare approfittando dell’emergenza. Chiaro?”.

Nello stesso anno, rilasciò una illuminante intervista a Repubblica dove attaccò il Green Pass, rifilò qualche manrovescio alla Lega (già criticata nel congresso di Fdi nel 2017: “Non possiamo far finta di non sapere che nella nostra coalizione accanto a noi c’è una forza politica come la Lega in cui c’è qualcuno che pensa che più della metà di questa sala viva in Nord Africa e non in Italia. Questo non lo possiamo permettere”), sconsigliò il vaccino per gli under 40.

Ora una domanda è inevitabile: con il politically correct richiesto dal suo autorevole ruolo in questo strombazzato ribaltone culturale meloniano, Lollobrigida sarà cambiato? Questo videoblob dimostra forse che la risposta è negativa.

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