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Drag Race Italia, Lina Galore: “Il patriarcato è genitore dell’omotransfobia. La mia è una vittoria politica, in Italia essere drag è un atto rivoluzionario”

La Finale ha visto sul mainstage quattro drag queen molto diverse tra loro ma ricche di personalità: la seconda classificata la trans Melissa Bianchini, l'esplosiva Silvana Della Magliana. La Sheeva e, appunto, Lina Galore che si è raccontata a FqMagazine 

di Andrea Conti

Gentile, creativa e affabile. Lina Galore è la nuova Italia’s Next Drag Superstar della terza edizione di “Drag Race Italia”, disponibile su Paramount+. Una edizione che ha alzato sicuramente l’asticella rispetto alle precedenti – andate in onda su Discovery – con un buon casting. Anche dal punto di vista tecnico dal montaggio alle luci è andata molto meglio. Dunque la Finale ha visto sul mainstage quattro drag queen molto diverse tra loro ma ricche di personalità: la seconda classificata la trans Melissa Bianchini, l’esplosiva Silvana Della Magliana, La Sheeva e, appunto, Lina Galore. Il vero nome della vincitrice è Giovanni Montuori, 34enne, di Avellino che vive e lavora a Milano ed è un consulente di strategie di comunicazione e produttore digitale.

Hai definito la tua una vittoria politica come mai?
In me c’è una deliberata consapevolezza attivista e politica nel mio fare performance, specie in Italia, dove sta tornando un po’ ad essere un problema anche la semplice omosessualità. Fare performance in costumi non ‘gender conforming’ è un atto di rivoluzione, come è stato anche il mio costume finale a Drag Race Italia.

Nel 2022 sono state oltre 21mila chiamate al numero verde per l’assistenza alla comunità LGBTQ+: il 41.6% subisce violenza omotransfobica in famiglia dopo il coming out. Cosa bisogna fare per uscirne?
Affinché la curva preoccupante dell’omofobia nel nostro Paese scenda è importante che i media riflettano e rappresentino tutti i generi e le realtà, in modo da superare il concetto, ormai superato, di società eteronormativa. Bisogna superare l’idea che ci siano eccezioni e andare oltre la concezione di una realtà ‘naturale’, ossia quella concepita congenitamente. Penso alle persone trans e di quanto sia importante vederle, finalmente, in contesti normali nella società e nel mondo del lavoro.

Per questo è importante che ci siano programmi come “Drag Race Italia”?
È importante mostrare tutte le realtà sfaccettate della nostra comunità in un programma mainstream e se siamo arrivati a qualcuno che a casa non si sente accettato o capito, è un piccolo passo in avanti.

Nel cast c’erano per la prima volta le trans Melissa Bianchini e Lightning Aurora…
Hanno personificato esattamente le difficoltà che una persona trans ha avuto nell’inserimento nella società con grandi difficoltà. Sono molto felice di essere arrivato in finale con Melissa e ritengo che la sua presenza abbia avuto anche un impatto molto più forte del mio. Sono stato davvero onorato di essere stato al suo fianco.

La Senatrice Mennuni di Fratelli d’Italia ha affermato che la massima aspirazione per una donna dovrebbe essere far figli. Ha ancora senso una rappresentazione della donna in questi termini?
No, assolutamente. Aggiungo anche che il patriarcato è genitore dell’omotransfobia. Questa è una visione che mette al centro l’uomo etero cis che può decidere le sorti della società e la figura della donna. Questo genere l’immagine di un maschio che lavora e guadagna e che prevarica la donna che, invece, deve mettere al centro la famiglia. Parliamo di assiomi estremamente deboli e di una preoccupante regressione in termini di parità.

Cosa invidia Lina Galore di Giovanni Montuori e viceversa?
Di base niente perché entrambi hanno raggiunto i loro obbiettivi hanno fatto il Liceo Classico e si sono laureati (ride, ndr). Di certo Lina è più volitiva e determinata di Giovanni. Credo che per Giovanni, Lina sia una fonte di ispirazione.

Come riesci a conciliare il tuo lavoro e l’arte drag?
Tutto sommato uno è figlio dell’altro. Ho deciso di dedicarmi all’arte drag a fine 2019, poi c’è stata la pandemia e il lockdown, senza avere quindi la possibilità di esibirmi dal vivo. Piano piano ho cercato di rendermi consapevole del potere di Lina e, grazie anche ai social, ho costruito quello che sentivo dentro di me. Comunque non è stato difficile conciliare le due attività, da umilissima partita iva quale sono, ho sempre trovato persone che mi supportavano, lasciandomi margini per ‘coltivare’ Lina Galore.

Hai detto “sono paladina delle persone che non vogliono essere schiave del giudizio legato alla loro volontà di indossare abiti femminili e maschili”…
Non mi sono mai sentito così a mio agio con la mia mascolinità, da quando ho abbracciato la mia femminilità e l’ho dimostrato anche con la mia passerella finale a Drag Race Italia. Dipende tutto dal genere che è un costrutto sociale. Per tornare al tema di prima una donna trans è una donna a prescindere dalla approvazione da parte delle istituzioni e dei documenti. Se un uomo va con una donna trans, non vuol dire che sia necessariamente omosessuale. Quindi esistono i costrutti che la società ci impone sulla sessualità, basandosi semplicemente su quello che la storia ci ha insegnato nel passato.

C’è qualche errore che ti rimproveri?
Il fatto che non mi sono concentrato sulla mia felicità subito per appagare per forza le aspettative esterne che c’erano su di me. Mi sono allontanato dal contesto provinciale, dove vivevo, e da certa chiusura mentale per ritrovarmi in un meccanismo che mi stava schiacciando.

In che senso?
Mi ero iscritto a Giurisprudenza alla Bocconi. Arrivato ad oltre metà strada avevo capito che non era il percorso che volevo fare e che mi ero ritrovato lì per soddisfare le aspettative di altri e indorare la pillola per la mia dipartita dal lido natio. Così ho capito che concentrandomi su me stesso e sul mio cammino avrei vissuto non solo più felicemente ma avrei reso felice anche chi mi circondava.

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