Come Milano-Cortina, forse persino peggio di Milano-Cortina. A dimostrazione dell’incapacità atavica dell’Italia nell’organizzazione dei grandi eventi sportivi, c’è un’altra manifestazione completamente allo sbando. Si tratta dei Giochi del Mediterraneo di Taranto 2026, che a due anni e mezzo dell’inaugurazione si ritrova con addirittura due Comitati organizzatori, il vecchio direttore generale sospeso (il nuovo dovrebbe essere Bruno Campanile), il conflitto permanente fra amministrazione centrale (cioè il ministro Fitto che ha messo le mani sull’evento) e locale, i progetti mancanti, una serie di opere cruciali, come lo stadio del nuoto, già fuori tempo massimo e a rischio trasferimento a Bari.

Lontano dalle luci dei riflettori olimpici, nessuno o quasi si occupa dei poveri Giochi del Mediterraneo, comunque 280 milioni di euro di investimento pubblico potenziale fra le varie città partecipanti della Regione Puglia. L’ennesimo disastro italiano. È passato quasi in sordina il ritiro dal Comitato organizzatore prima del Coni di Malagò, poi anche del governo, in polemica con gli enti locali. Nessuno o quasi si è accorto che da un paio di settimane è saltato pure il direttore generale Elio Sannicandro, l’uomo a cui la Regione Puglia aveva affidato le chiavi per la sua parte, interdetto per una brutta storia di appalti truccati all’Asset (l’Agenzia regionale per lo sviluppo ecosostenibile del territorio), e di conseguenza sospeso anche dal suo ruolo nei Giochi (al suo posto l’interim è stato affidato a Carmine Pisano, un dirigente del Comune di Taranto).

Oggi la situazione dei Giochi è tragicomica. Come se non ne bastasse uno, ci sono addirittura due Comitati organizzatori: quello vecchio, abbandonato da Coni e governo, deve essere liquidato; quello nuovo, che l’esecutivo ha voluto ricreare per spezzare lo stallo con gli enti locali e di fatto commissariare l’organizzazione, deve essere completato. Ilfattoquotidiano.it può anticipare chi dovrebbe essere il nuovo direttore generale: Bruno Campanile, vicepresidente dell’Asi, dunque molto vicino al senatore di Fratelli d’Italia, Claudio Barbaro, che ha già lavorato per gli ultimi Europei di nuoto. Una scelta che andrebbe appunto nella direzione di centralizzare l’organizzazione a Roma, di fatto esautorando Regione e Comuni, e sarebbe gradita al presidente del Comitato, Massimo Ferrarese. Resta da convincere il diretto interessato a “trasferirsi” durante la settimana a Taranto. Ormai è chiaro che sull’evento ha messo le mani il ministro per gli Affari Europei (ed ex governatore pugliese) Raffaele Fitto: lo rivela anche la scelta un po’ irrituale di tenere da lui (e non dal ministro competente dello Sport, Andrea Abodi) l’ultimo incontro andato in scena giusto lunedì sera.

Intanto l’avanzamento delle opere non si è schiodato di un centimetro. La riunione a Roma è servita per accelerare sui decreti attuativi per le infrastrutture su cui sono pronti i progetti. Il problema è dove non ci sono ancora, cioè proprio a Taranto (anche Lecce è indietro, ma lì la situazione preoccupa meno). Per quanto riguarda lo stadio Iacovone, è ormai stato definitivamente accantonato il progetto di costruzione di un impianto nuovo proposto dal Comune (una follia, non sarebbe mai stato pronto in tempo). Si procederà con una semplice ristrutturazione: costo 28 milioni di euro, progettazione e gara affidati alla partecipata governativa “Sport e Salute”. L’altra nota dolente è il palazzetto del nuoto, che sarà – anzi, avrebbe dovuto essere – la piscina olimpionica più importante del Meridione. Le scadenze sono già state sforate, impossibile finire i lavori di copertura entro il 2026: a questo punto il Comitato organizzatore sta lavorando per ottenere una deroga a svolgere le gare all’aperto e poi ultimare l’impianto dopo l’evento: nullaosta da Coni, Federnuoto e governo, ma serve l’ok del Comitato internazionale. L’alternativa è spostare il nuoto – una delle discipline regine dei Giochi del Mediterraneo – a Bari. Per Taranto sarebbe un autentico smacco. Purtroppo siamo abituati.

Twitter: @lVendemiale

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