Parla del suo tumore, della preoccupazione “di non riuscire a vedere finita” la biblioteca ‘Utriana che vuole aprire nella Valle dei Templi di Agrigento, di Silvio Berlusconi che “mi manca molto” e della tante gente che lo “assilla” con richieste di denaro. Marcello Dell’Utri torna a parlare. Lo aveva fatto al Corriere della Sera poco dopo la morte del Cavaliere e l’apertura del testamento con i 30 milioni di euro a lui destinati. Adesso sceglie invece il Giornale, con una lunga intervista rilasciata dal tavolo di un ristorante di Brera al quotidiano fino a pochi mesi fa di proprietà della famiglia Berlusconi e dove ancora oggi Paolo è il presidente onorario. Parla anche del carcere, ma solo poche parole sulla sua condanna: “Per concorso esterno in associazione mafiosa… Strano reato per cinque anni in cella”, dice Dell’Utri. Non dice di più e naturalmente non gli viene chiesto di più neanche dal giornalista. Per l’uomo che sapeva tutto è anche l’occasione questa per ripercorrere la storia dell’impero economico di Berlusconi e la nascita di Forza Italia, con affermazioni che entrano però in contrasto con quanto dichiarato da soggetti come Ezio Cartotto, Giuseppe Graviano ma anche differenti da quelle espresse proprio dallo stesso Silvio Berlusconi.

La fila di gente per i soldi – Grazie a quei 30 milioni, ultimo dono dell’imprenditore all’amico di sempre, potrà lasciare “il segno” del suo “passaggio su questa terra” con la biblioteca “che porterà il mio nome” in piena Valle dei Templi. Un progetto che dovrebbe essere concluso già “nell’estate-autunno dell’anno prossimo, comunque prima del 2025 quando Agrigento sarà capitale italiana della Cultura”, assicura Dell’Utri. Ma la notizia di avere incassato quella corposa somma non è certo passata inosservata: “Sono assillato da gente che mi chiede denaro ormai“, aggiunge.

I Cantieri riuniti milanesi – Nel corso dell’intervista l’ex senatore di Forza Italia racconta anche il suo incontro con Silvio Berlusconi, fresco di laurea, negli anni ’60. È l’inizio della scalata economica del cavaliere. Viene ricevuto nell’ufficio appena aperto a Milano dei Cantieri riuniti milanesi: “Erano solo lui e una segretaria”, spiega Dell’Utri. E arriva anche il primo aneddoto: “I Cantieri sono io, Riuniti è la Segretaria, milanesi siamo tutti e due, scherzò con il suo tipico sorriso”, racconta citando la frase dell’amico Silvio. Una frase che però lo stesso Berlusconi aveva citato in un’intervista a Sallusti nel settembre del 2012. In un incontro pubblico su una nave da crociera raccontava, infatti, che la società Cantieri riuniti milanesi è stata fondata da lui insieme all’imprenditore edile Pietro Canali. “E io mi presentavo così – raccontava Silvio Berlusconi 11 anni fa – Cantieri riuniti è lui, milanesi sono io”.

La genesi di Forza Italia – Ma al di là dell’aneddoto degli anni ’60, c’è un punto fermo che l’82enne Marcello Dell’Utri ribadisce nella sua intervista. E riguarda la nascita di Forza Italia. “Dopo Mani Pulite – racconta l’ex senatore – Berlusconi capì che se non si fosse costituito un fronte moderato i comunisti avrebbero vinto le elezioni. Incontrò Segni, Martinazzoli e tanti altri… Alla fine si decise: Ho capito che dobbiamo farcelo noi un partito!. E come?, dicevo io. Fallo tu, Marcello!. Sei un bravo organizzatore, scegli tu le persone”. Dell’Utri in questo modo ribadisce che la decisione della “discesa in campo” è stata presa dopo Mani Pulite: “Era il ’93. Ci radunavamo ogni lunedì all’Hotel Jolly, a Milano 2″.

1993 0 1992? – A contraddirlo, però, è il politologo Ezio Cartotto, l’ideatore dietro le quinte del partito che ha riportato indietro le lancette dell’orologio. “Berlusconi ha detto che fu ispirato a gennaio del 1994 a scendere in campo per salvare l’Italia, tutte palle”, ha detto Cartotto nell’aula del tribunale di Palermo il 18 febbraio del 2016. “Negli anni ’90 la situazione italiana era tragica e Dell’Utri mi parlò di creare dei comitati di partecipazione, cosa che precedette i club di Forza Italia”, aggiunge parlando della cosiddetta “Operazione Botticelli”. Quando è dunque che Dell’Utri cerca per la prima volta Cartotto? “Tra l’omicidio Lima e la strage di Falcone“, racconta Cartotto fissando la data tra marzo e maggio del 1992. Perché questa data è così importante? Perché nel 1992 la Prima Repubblica era ancora lontana dall’essere travolta da Tangentopoli. Quindi rimane poco chiaro a cosa doveva servire un nuovo partito già all’epoca.

Le frasi di Graviano – Sul punto c’è anche l’ormai nota intercettazione in cui Giuseppe Graviano parla al compagno d’ora d’aria Adinolfi: “Nel 1992 Berlusca mi chiese questa cortesia, lui già voleva scendere”. Dice il padrino, aggiungendo che “nel 1992 Berlusconi annunciò a mio cugino Salvo che voleva entrare in politica. Io non lo incontrai, ma lo incontrò mio cugino Salvo a cui Berlusconi parlò di questo progetto di entrare in politica“. Graviano poi specifica: “Nel 1992, no come dicono nel 1993. Già il partito era preparato nel 1992. Prima della strage di Capaci”.

Lo scassinatore e gli scacchi – Di Graviano e di Cosa Nostra non c’è nessun riferimento nell’intervista al Giornale. Dell’Utri però racconta quello che definisce “un incubo“, cioè gli anni passati in carcere per scontare la condanna per concorso esterno in associazione mafiosa. Parla della lettura e dello studio che “lo hanno salvato”. E anche un altro aneddoto: quello dello “scassinatore professionista ucraino, finito dentro perché tradito da un palo, che andava in giro con una scacchiera sotto il braccio cercando qualcuno con cui giocare”. Insieme giocarono spesso: e “mentre giocava – racconta l’ex senatore – mi spiegava i colpi che avrebbe fatto quando sarebbe uscito”.

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