I “ragazzi del ‘76” non sono più soli! Abbiamo vinto! Gli azzurri del tennis hanno conquistato la Coppa Davis, la seconda della nostra storia.

L’hanno sudata e alzata quei fantastici giocatori in campo ma abbiamo vinto tutti: quelli che seguono il tennis da una vita, quelli che hanno iniziato a seguirlo in questo mese eccezionale, quelli che Jannick Sinner non doveva disertare il girone a settembre, quelli che non smetteranno di ricordare con nostalgia la Davis del 1976, quelli, nati dopo, che adesso hanno la loro Davis da ricordare (speriamo di non dover attendere altri 47 anni), quelli che sceglieranno di imparare a giocare a tennis, quelli che palleggiando in strada o al muro grideranno “Sinnerrr!” dopo un gran dritto, “Sonegooo!” dopo un ace o “Arnaldiii” dopo un recupero fenomenale (e non più solo nomi di campioni stranieri), quelli che andranno a vedere più tornei non esclusivamente per il gusto di viaggiare, quelli che mangeranno più carote (che comunque fanno bene), quelli che hanno deciso di cambiare il palinsesto televisivo per far spazio al tennis e quelli che hanno deciso di cambiare canale e farsi rapire da questo sport. Pure quelli che in prima pagina hanno ritagliato qualche centimetro quadrato al “Dio calcio” e infine quelli della mitica squadra del 1976 che non sono più i soli a poterci raccontare la bellezza di aver vinto insieme, per l’Italia.

Forse è facile adesso sentirsi uniti quando si vince, e chi parla di carro del vincitore ha ragione, è partito pure quello, sopra si sta scomodi e stretti pieno com’è. Non andrà lontano, perché è trainato e popolato da chi diffidava di tutto e tutti, delle scelte del selezionatore, degli stimoli e dell’attaccamento alla patria dei giocatori, della risposta del tifo azzurro perfino. Ecco il tifo, in un mese l’aplomb (per non dire noia) dello spettatore italiano medio, costretto troppo spesso ad applaudire altri, è diventato sano furore, rispettoso ma capace di trasformarsi in bolgia se la situazione lo richiedeva.

Siamo italiani, era ora di scaldarsi per un bel punto e far giungere quell’onda al nostro giocatore, quando merita e quando ci tira tutti dentro, sugli spalti o davanti alla tv, a suon di colpi e agonismo. Ci voleva “il campione”, Sinner, per far alzare il livello anche agli altri e creare la squadra perfetta, il clima perfetto.

Si è detto che la nuova formula della Coppa Davis ne sminuisce il valore ledendo la sua sacralità. Forse, ma quanto ci siamo gasati in un solo fine settimana? Direi che proprio la nuova tempistica, che raggruppa i turni di finale in pochi giorni, ci ha permesso di sfruttare il picco di forma e consapevolezza di Jannick Sinner e l’entusiasmo dilagante che ha contagiato compagni e spettatori. Ha contagiato, ovviamente, pure me: per un ginocchio malconcio non tocco la racchetta da quasi due anni ma adesso, anche se incombe l’inverno, troverò una giornata buona per imbracciarla e abbracciarla nuovamente, con l’entusiasmo di un bambino che a ogni colpo riuscito griderà “Sinnerrr!”.

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Coppa Davis, la frecciatina di coach Vagnozzi: “Orgogliosi di non aver mandato Sinner a Bologna, è stata la scelta giusta”

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