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Violenza sulle donne, Atac non sarà parte civile contro Lucha y Siesta. Ma il destino della casa-rifugio romana è ancora in bilico

Violenza sulle donne, Atac non sarà parte civile contro Lucha y Siesta. Ma il destino della casa-rifugio romana è ancora in bilico
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Chissà che anche l’odissea di Lucha y Siesta non possa avere, un giorno, un lieto fine. Oggi il Comune di Roma, su input del sindaco Gualtieri, ha fatto sapere di aver chiesto ad Atac, la municipalizzata dei trasporti, di revocare la costituzione di parte civile nel procedimento contro la Casa delle donne. Richiesta accolta dal direttore generale, Alberto Zorzan, che lunedì procederà alla revoca formale. Una piccola vittoria in una vicenda complicata.

Lucha y Siesta nasce nel 2008, quando alcune attiviste occupano e ristrutturano a proprie spese un immobile dell’Atac da tempo abbandonato, dando vita a un centro anti-violenza e a un luogo di cultura e partecipazione che da allora, però, vive costantemente in bilico. Tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018, infatti, la giunta capitolina guidata da Virginia Raggi decide che la municipalizzata – per coprire i propri ingenti debiti – debba entrare in concordato preventivo, una procedura che consente alle aziende di vendere alcuni beni al fine di risanare la propria situazione patrimoniale. L’Atac, pertanto, pensa di mettere all’asta l’immobile di via Lucio Sestio: per la Casa delle Donne si concretizza una richiesta di sgombero e una denuncia per occupazione abusiva. Con tanto di richiesta danni. Oggi, alla vigilia del 25 novembre, Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, arriva dunque una buona notizia: le attiviste di Lucha non dovranno risarcire l’azienda dei trasporti. Tutto finito? Manco per niente.

Due anni fa la Giunta regionale Nicola Zingaretti aveva finalmente riconosciuto il ruolo fondamentale della Casa, impegnandosi ad acquistare l’immobile all’asta e avviando l’iter per l’assegnazione successiva all’Associazione Lucha y Siesta. L’iter non si era concluso, due consigliere regionali di Fratelli d’Italia avevano segnalato l’acquisizione alla Corte dei Conti che aveva avviato un’indagine contro 4 dirigenti regionali. L’apertura dell’indagine e le dimissioni di Zingaretti hanno segnato l’interruzione del percorso. Adesso la nuova giunta di centrodestra ha deciso che l’esperienza quindicinale della Casa deve finire. Lo scorso 9 ottobre, l’assessora alla Cultura con delega alle Pari opportunità, Simona Renata Baldassarre, avrebbe dovuto proporre una delibera per mettere a bando la struttura, decisione fatta slittare per le voci contrarie che si sono levate. Fatta slittare, non abbandonata. Come in una sorta di perverso gioco dell’oca, per ogni passo avanti compiuto dalle attiviste e volontarie, se ne rischiano due indietro.

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