di Antonio Andolfi

C’è stata una grande manifestazione il 20 novembre a Siracusa. La Cgil e la Uil sono riuscite a coinvolgere migliaia di lavoratori e anche di studenti. Tanta gente non si vedeva dagli anni caldi del 60/70. Allora gli occupati erano parecchi di più rispetto ai pensionati ed erano più duri nelle rivendicazioni davanti all’arroganza dei loro imprenditori. Poi c’era il grande settore agricolo. I partecipanti erano in grande maggioranza giovani e partecipavano anche studenti che davano voce a grandi ideali che fluivano allora. Eppure non possiamo dimenticare che su questo territorio avvennero aspre battaglie da parte delle classi subalterne come quelle che portarono ai fatti di Avola. È bene rivedere quella storia, essa contiene uno stretto collegamento con i fatti attuali nazionali.

A quei tempi la provincia di Siracusa era divisa in due zone agricole, una denominata A che comprendeva i Comuni della zona nord, quelli più ricchi; l’altra la B includeva i Comuni a sud della provincia, i più poveri. Nelle due zone erano applicati diversi trattamenti salariali e di orari lavorativi. Nella zona A l’orario era di 7 ore e 30 minuti, nella B arrivava a 8. Poi, nei salari la differenza era di 3.480 lire al giorno nella zona A rispetto a 3.110 lire della zona B. L’arroganza e il rifiuto degli agrari rimaneva costante e si scontrava nel voler cambiare queste condizioni. Questi non accettavano l’applicazione del contratto nazionale.

Così si giunse alla proclamazione di uno sciopero generale di sei ore in tutta la Sicilia e i braccianti di Avola bloccarono la statale, a loro si aggiunsero anche studenti. Arrivò un contingente della celere di Catania il cui comandante con indosso la sciarpa tricolore ordinò la carica. Fu un inferno che durò mezz’ora (troveranno oltre 2 kg di bossoli a terra). Alla fine vi saranno due braccianti a terra morti (Giuseppe Scibilia e Angelo Sigona) oltre a 10 feriti gravi. Di fronte a questo eccidio si genereranno proteste e scioperi in tutta la nazione che porteranno anche a chiedere il disarmo della polizia durante i conflitti di lavoro. Si scrisse che Avola rimase un oltraggio alla miseria, perché quei lavoratori chiedevano condizioni economiche minime.

Oggi quel contesto storico di 54 anni fa si ripropone facendoci ricordare problemi che non pensavamo sarebbero ritornati tutti insieme. Difatti, anche oggi si sono ricreate le gabbie salariali in Italia, attualmente nei fatti, ma che la Lega vuole legalizzare. C’era un salario da fame e i braccianti richiedevano uno minimo salariale, ma gli agrari non rispettavano neppure il contratto nazionale. Le istituzioni con piena autorità, cioè con striscia tricolore che significava agire in nome della Costituzione, si posero contro il diritto di sciopero generale ammazzando dei lavoratori. Oggi questo governo estraneo alla Costituzione lavora alacremente per l’autonomia differenziata, il possesso di armi alla polizia anche non in servizio, è contro una legge sul salario minimo e vorrebbe trasportare il Paese a livelli di autoritarismo dove i principi costituzionali verrebbero misconosciuti e l’opposizione messa a tacere.

È per questo che l’azione sindacale in questa manifestazione regionale del 20 risulta fondamentale, perché è in atto una grande guerra ai poveri, alla classe lavoratrice e a tutti i diritti conquistati dopo anni di lotte e sacrifici. L’istruzione e la sanità diventano di classe, qui a Siracusa avanza velocemente la povertà e la disoccupazione e lo sfruttamento di un bel territorio di spiagge e giardini, trasformato in sito petrolchimico, lasciato alla popolazione fortemente inquinato senza nessuna volontà né degli industriali, né dei politici di risanarlo.

Arrivati a ciò ci poniamo un grande interrogativo: possono le forze progressiste unirsi insieme a un sindacato anch’esso unitario per programmare e attuare una strategia affinché questo territorio risorga ambientalmente, con un’occupazione al passo dei tempi energeticamente compatibile?

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