Aurelio De Laurentiis è candidato come Best President ai Globe Soccer Awards 2023 di Dubai. A contendergli il premio saranno Khaldon Al Mubarak del Manchester City, José Castro del Siviglia, Manuel Rui Costa del Benfica, Herbert Hainer del Bayern Monaco, Joan Laporta del Barcellona, Jospeh Oughourlian del Lens, Florentino Perez del Real Madrid.

Quattro sono rappresentanti di società ad azionariato popolare più diffuso (Bayern, Benfica, Barcellona, Real Madrid), due delegati di importanti, seppur discussi, fondi di investimento (Lens e Siviglia), e l’ultimo (Manchester City) ha un patrimonio personale stimato di 1 miliardo e mezzo dollari e fa parte dell’Abu Dhabi Investment Authority che ha invece un patrimonio stimato di circa 600 miliardi di euro.

L’unica formichina, con un patrimonio stimato da Forbes in circa 200 milioni di euro (che non rientra neppure tra i primi 60 in Italia), a combattere contro questi elefanti del capitalismo è Aurelio De Laurentiis.

Se dovessi scrivere la motivazione della nomination (che vale già un premio) per individuare la più importante capacità del presidente nella efficiente gestione della sua azienda-calcio direi, senza ombra di dubbio, che è quella di aver reso una piccola impresa (tale è la dimensione economico-finanziaria comparativa del Napoli) una azienda che rischia poco in un business molto rischioso.

Qualunque sia la dimensione, il settore e gli obiettivi, ogni imprenditore deve essere capace di effettuare (e di rendere efficiente) un processo di identificazione e misurazione dei rischi e di definire le relative strategie per dominarli. Questo processo si chiama risk management, e forse qualche lezioncina i sostenitori del “papponismo”, soprattutto quelli che appartengono all’alta borghesia, ad Aurelio De Laurentiis potrebbero anche chiederla, prima di esprimere giudizi. Forse così capirebbero che il risk management non si caratterizza solo per la sua connotazione negativa (inteso come pericolo), ma anche per le opportunità che derivano da un’incognita.

Il mondo del business di oggi presenta sfide sempre più complesse: basti pensare a quanto accaduto negli ultimi tre anni. La pandemia mondiale, due guerre nel mondo e una rivoluzione tecnologica con la nascita del Metaverso e dell’intelligenza artificiale hanno generato nuovi ed inediti rischi nella gestione di una impresa. Le imprese di tutto il mondo, anche quelle del calcio, che devono necessariamente convivere con la dimensione, complessità ed interconnessione dei nuovi pericoli hanno bisogno di un nuovo modo di gestire i rischi.

La gestione del business calcio sarà sempre più legata alla capacità di gestire i rischi ad esso connessi in modo proattivo, pesandone i potenziali costi collaterali. Pensate davvero che tutti nel calcio siano capaci di avere la visione e gli strumenti necessari per affrontare il mondo di oggi e prepararsi a quello ancora più difficile di domani? La risposta è affermativa solo in pochi e selezionati casi.

Questo approccio vincente si basa su un pilastro fondamentale: la capacità di prendere decisioni cruciali, spesso impopolari e anche derisi, in merito agli investimenti avendo una visione di un quadro di riferimento che gli permetta di esaminare, valutare e monitorare potenziali eventi avversi. In tutte queste decisioni, infatti, i rischi “poco visibili” o non valutati e mitigati possono portare al default della azienda.

Ridevano tutti quando nel giugno scorso, subito dopo la vittoria dello scudetto, nella trasmissione di Fabio Fazio che gli chiedeva se era vero che nei contratti stipulati dal Napoli fosse inserita la clausola di validità “nell’intero universo”, Aurelio De Laurentiis rispose che, per evitare abusi dei diritti di immagine dei calciatori (acquisiti dalla società) nel multiverso, si doveva tutelare anche dalla Nasa. Ricordate? “Se un astronauta sta andando su Marte, cosa gli manda la Nasa? Le immagini di una partita o di un film, o una musica; e quello non è l’universo?”.

Il plus, però, non è l’inserimento di questa clausola anomala nei contratti ma il fatto che il Napoli lo faccia da prima che esistesse il multiverso. La gestione dei rischi passerà sempre di più attraverso analisi di scenario strutturate e monitoraggio di indicatori, in modo da affrontare le incertezze più efficacemente e allocare le risorse in modo ottimale. Ciò richiede di conoscere in modo chiaro quali sono i 3-5 rischi più importanti a cui l’azienda è esposta, quantificarne l’eventuale esposizione per prioritizzare le azioni, e avere i dati e gli strumenti adeguati per rispondere.

Fare impresa significa assumersi rischi. Guardare solo l’ultima scena del film Il successo può essere fuorviante. Avviare, gestire e portare al successo una qualunque attività imprenditoriale comporta rischi per il proprio patrimonio, per le proprie finanze e, se vogliamo esagerare, anche per la propria salute mentale. Insomma, fare l’imprenditore è una entusiasmante sfida che porta, però, con sé dei pericoli, ogni giorno, in ogni decisione. Alcuni sono molto evidenti, altri meno. A tanti!

Articolo Precedente

Tarik Oulida, ex giocatore di Ajax e Sivilla condannato a 2 anni e mezzo per abusi sulla figlia minorenne

next
Articolo Successivo

Brutto incidente d’auto per Mario Balotelli: auto distrutta, lui è illeso. E si è rifiutato di fare l’alcoltest

next