I negoziati sul patto di Stabilità “stanno provocando una significativa incertezza” e “l’incapacità” di trovare un accordo non solo ritarda “il necessario aggiustamento di bilancio e lo slancio verso riforme e investimenti”, ma “l’incertezza porterebbe probabilmente a ulteriori aumenti dei rendimenti e degli spread dei titoli di Stato, soprattutto per i Paesi che potrebbero non rispettare il Patto di stabilità e crescita e trovarsi ad affrontare procedure di disavanzo eccessivo”. Questo il monito che la Banca centrale europea esprime nel sui rapporto sulla stabilità finanziaria. Ieri la Commissione Ue ha elencato i paesi euro che potrebbero incorrere in procedure sanzionatorie. Tra queste anche l’Italia, peraltro in nutrita compagnia visto che tra i paesi le cui leggi di bilancio non sono pienamente in linea con le indicazioni di Bruxelles ci sono anche Germania, Olanda, Portogallo, Austria e tra quelli ancora più indisciplinati Francia, Belgio. Finlandia e Croazia.

“Finora l’evoluzione del mercato del debito sovrano è stata molto positiva”, così come “positivo” è stato l’upgrade dell’outlook dell’Italia da parte delle agenzie di rating. E “anche se nell’ultimo anno abbiamo visto un importante aumento dei rendimenti, gli spread sono rimasti abbastanza stabili”, e si sono addirittura “ristretti” dopo le decisioni delle agenzie di rating, “ed è buona notizia”, ha puntualizzato il vicepresidente della Bce, Luis De Guindos, illustrando il rapporto.

“La recessione resta uno scenario possibile di fronte al deterioramento del già debole scenario economico. I numerosi tagli alle stime e sorprese economiche negative confermano un quadro debole con consistenti rischi al ribasso”, si legge ancora nel rapporto di Francoforte. Tra i fattori di rischio individuati ci sono pure mercati “esposti a condizioni macro avverse e agli sviluppi geopolitici”, come le tensioni in Medio Oriente “che aggiungono incertezza” non solo per le possibili conseguenze sull’energia ma per il loro potenziale di innescare l’avversione al rischio e minare la fiducia. Inoltre se le condizioni finanziarie più stringenti (ossia i tassi più alti, ndr) si stanno progressivamente traducendo in costi più alti del servizio del debito, il pieno impatto sull’attività economica deve ancora materializzarsi e a risentire dei costi più alti saranno saranno settori finanziari e non. Questo effetto, spiega la Bce, “è già visibile nel mercato immobiliare della zona euro, che sta conoscendo un rallentamento”.

Sul tema dei tassi era intervenuta ieri anche la presidente Christine Lagarde affermando che “Le nostre decisioni future assicureranno che i nostri tassi saranno fissati ad un livello sufficientemente restrittivo per tutto il tempo necessario. E abbiamo legato quelle decisioni ai dati in arrivo, il che significa che possiamo agire ancora se vediamo rischi crescenti di mancare il nostro target sull’inflazione. Ci aspettiamo che l’inflazione salga leggermente di nuovo nei prossimi mesi“, quindi “non è il momento di cantare vittoria, perché dobbiamo rimanere attenti ai rischi dell’inflazione persistente” e “c’è ancora strada da fare”.

Non dissimile la posizione della Federal Reserve, la banca centrale degli Stati Uniti, resa nota ieri sera. “La politica monetaria resterà restrittiva per diverso tempo”, si legge nei verbali della riunione del 31 ottobre-1 novembre. La Fed intravede ulteriori rialzi dei tassi se i progressi sull’inflazione dovessero rivelarsi insufficienti. Tutti i membri della Fed sono d’accordo dalla necessità di procedere con “cautela”. Se la Fed mantiene elevati i tassi o addirittura li alza ulteriormente per la Bce diventa più difficile alleggerire la sua stretta. Condizioni troppo differenti tra una sponda e l’altra dell’Atlantico rischiano di innescare ingenti movimenti di capitali e squilibrare eccessivamente il cambio euro dollaro.

Articolo Precedente

Migranti in Albania? Chi esamina le domande d’asilo sciopera: “Procedure accelerate? 85mila pratiche da smaltire e siamo pochi”

next
Articolo Successivo

Germania e Italia tra odio e amore. Legati nell’industria (e forse nel cielo) e divisi sulle finanze pubbliche

next