La notizia sarebbe l’istituzione del Tavolo Sviluppo Automotive, frutto di un’interlocuzione che secondo il governo avrebbe dovuto già ad agosto arrivare a un’intesa per far lievitare la produzione in Italia a un milione di veicoli all’anno. Se non fosse che nel giorno in cui viene fissato l’insediamento – previsto il prossimo 6 dicembre – Stellantis annuncia che si siederà con delle condizioni chiave, ritenute una sorta di architrave per arrivare agli obiettivi fissati dal ministero delle Imprese. E lo fa per bocca di un suo portavoce, senza tanti giri di parole.

Le regole dettate al governo sono chiarissime e del resto già sbandierate negli scorsi mesi: “Per raggiungere le diverse ambizioni e sostenere il mercato automobilistico – spiega l’azienda – sono però necessari specifici fattori abilitanti, come il rinvio o la rimozione della normativa (Euro 7) che impedisce la continuazione della produzione di modelli a prezzi accessibili in Italia, gli incentivi alla vendita di veicoli elettrici e la rete di ricarica per sostenere i clienti e il miglioramento del costo dell’energia per sostenere la competitività industriale di Stellantis e dei fornitori italiani”.

Una traduzione pratica: soldi pubblici per sostenere la vendita delle auto e, allo stesso tempo, scontare il prezzo dell’energia per abbassare i costi di produzione nonché mantenere in vita i motori endotermici come li conosciamo oggi, vietando un taglio importante degli inquinanti. Tre conditio sine qua non che sono la base per sedersi al Tavolo di sviluppo, al quale siederanno anche i sindacati, i presidenti delle Regioni dove hanno sede gli stabilimenti di Stellantis e l’Anfia. La presenza del gruppo italo-francese, nell’ottica dell’azienda, è un ribadire “il proprio forte impegno nei confronti del Paese” e “la volontà di creare le condizioni per mantenere il ruolo di leader dell’Italia al centro della strategia”.

La Fiom-Cgil ha subito ricordato che da mesi “manifestiamo e scioperiamo” per l’apertura di un confronto che garantisca la produzione di un milione di autovetture “a cui aggiungere i veicoli commerciali leggeri”, ma avvisa il responsabile Settore mobilità, Samuele Lodi, gli “investimenti di risorse pubbliche e private dovranno essere condizionati alla ricerca e sviluppo, alla rigenerazione dell’occupazione ed al miglioramento delle condizioni di lavoro”. E annuncia che, al tavolo, il sindacato “contratterà strumenti concreti per la gestione della transizione, il rilancio del settore e la tutela dell’occupazione”.

Negli ultimi due anni, Stellantis ha prodotto in Italia circa 700mila veicoli e nei primi nove mesi del 2023 ne ha sfornati 567.525. Numeri ben lontani dal milione di auto che il ministro delle Imprese Adolfo Urso continua a proporre come obiettivo. Del resto quale sia la vera strategia dell’azienda nata dalla fusione di Fiat Chrysler e Psa è stata chiara già a luglio quando ha presentato al Lingotto le nuove 600 e Topolino parlando di un “futuro entusiasmante” in Italia ma portando la produzione in Polonia e Marocco. In quella occasione il CMO di Stellantis, Olivier Francois, aveva rimarcato: “L’Italia è l’unico paese in Europa che arretra sull’elettrico perché non ci sono incentivi sufficienti”. Adesso la richiesta è servita, condita da ulteriori specifiche per il governo.

Che su almeno su uno dei tre punti è già d’accordo e si sta muovendo per convinzione personale: sull’Euro7, ha ricordato Urso, “abbiamo fatto un passo importante e significativo in Europa perché abbiamo imposto il nostro punto di vista a tutela della produzione del lavoro europeo e il Parlamento europeo ci ha confortati, supportando queste modifiche con un’inedita maggioranza politica di centrodestra che quindi è stata in condizione di cambiare quello che era il vecchio progetto che avrebbe comportato dei danni irreparabili al sistema automobilistica europeo”. Sul resto, invece, ci saranno da cercare soldi e soluzioni, sperando che bastino per i desiderata di Stellantis che nel frattempo corre in un 2023 da profitti record e negli Usa ha deciso di aumentare gli stipendi ai lavoratori dopo mesi di agitazioni e scioperi.

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