Le “profonde radici” in Italia dove al “glorioso passato” e al “forte presente” affianca anche il dipinto di un “futuro entusiasmante”. Una serata “speciale” al Lingotto, il “luogo importante” di questo percorso, perché “qui sono state prodotte molte nostre auto”. Come la 600 e la Topolino, che ora ritornano. E John Elkann le presenta proprio lì, in quello che un tempo era il cuore pulsante della Fiat: “Rappresentano gran parte della nostra eredità, proiettata verso il futuro”. Ecco, quindi dove verranno prodotte le due nuove vetture a marchio Fiat del gruppo franco-italiano Stellantis? Questo il presidente non lo dice. La spiegazione è affidata a Olivier Francois, ceo del brand Fiat e CMO di Stellantis: la nuova Topolino sarà prodotta in Marocco, la nuova 600 a Tychy, in Polonia. La presentazione al Lingotto, la produzione altrove.

A qualcuno è venuto in mente di chiedere perché i due nuovi modelli non saranno prodotti in Italia e la risposta di Francois è stata lapidaria, alla faccia dei propositi di chiudere un accordo sulla transizione entro agosto avanzati dal ministro Adolfo Urso: “Produrremo più auto se se ne comprassero di più. L’Italia è l’unico paese in Europa che arretra sull’elettrico perché non ci sono incentivi sufficienti”, è stato l’avviso del ceo del brand Fiat che parla delle scelte già fatte ma in sostanza guarda anche alle richieste che verranno calate al tavolo con il governo, se e quando ci sarà. Per quanto, giura, gli “stabilimenti italiani sono saturi o lo saranno secondo i piani previsti” ha spiegato citando Melfi, Pomigliano e Mirafiori. Una bugia, secondo la Fiom-Cgil, “unita agli ennesimi annunci che non rispecchiano la reale situazione nel Paese”, è il gelido commento a Ilfattoquotidiano.it di Simone Marinelli, responsabile automotive dei metalmeccanici della Cgil.

Il riferimento è anche alle parole di Elkann sul futuro di Termoli, dove – dice il presidente di Stellantis – “stiamo costruendo una gigafactory, un progetto ambizioso per avere uno stabilimento di batterie all’avanguardia”. I tempi sono di là da venire, mentre in Francia è già stata inaugurato nelle scorse settimane. L’erede della dinastia Agnelli ha quindi citato Atessa, definita “molto importante” per la produzione di veicoli commerciali. “Avrei molti altri esempi, ma vorrei concentrarmi sul Torino. A Torino avremo un grande hub per l’economia circolare che stiamo costruendo: sarà un grande business nel futuro del laboratorio delle batterie”. Propositi e annunci che vengono criticati dalla Fiom: “L’unico stabilimento che viaggia a pieno regime in Italia è Pomigliano, dove i lavoratori italiani vengono trasferiti in maniera coatta da Melfi, che non è assolutamente saturo”, spiega Marinelli.

Anzi sullo stabilimento lucano, ricorda il responsabile automotive dei metalmeccanici Fiom, “c’è un interrogativo gigantesco sulla durata della produzione della 500x” e “non sappiamo ancora quando arriveranno i nuovi quattro modelli elettrici”, annunciati da Stellantis. “E sappiamo già che il cambio di produzione sulla linea comporterà sicuramente altra cassa integrazione per rimettere a regime l’impianto”, sottolinea. “Anche a Termoli c’è incertezza sulla gigafactory e una grande incognita – aggiunge – legata alla riqualificazione dei lavoratori che dovranno passare dalla linea produttiva delle auto a quella delle batterie”. La risposta ad Elkann investe anche la centralità di Atessa: “Nonostante i record di produzione oggi la Sevel subisce la concorrenza dello stabilimento polacco. Sale lentamente la produzione in Polonia e cala ad Atessa. E nel frattempo i veicoli destinati al Sud America verranno prodotti in Messico, non più in Abruzzo – sottolinea Marinelli – Quello stabilimento perderà volumi, lo stiamo già vedendo con le commesse perse dall’indotto”.

Resta l’annuncio del Green Campus a Mirafiori, dove – sostiene Stellantis – tornerà centrale anche il settore ricerca e sviluppo: “Parole, perché finora proprio quell’area è stata la grande assente dopo la fusione. E in tutto questo Francois chiede incentivi per l’elettrico, scaricando il problema della produzione su terzi – attacca Marinelli – Ma il paradigma va invertito: porti la produzione dell’elettrico in Italia e quindi chiedano incentivi. Altrimenti stanno cercando incentivi per far acquistare automobili prodotte all’estero. Vorremmo essere smentiti, ma sulla centralità dell’Italia per il gruppo e la produzione europea, ad oggi, restano solo gli annunci”. Una cosa invece è certa: l’accordo sindacale dello scorso febbraio con Stellantis, senza la firma della Fiom, prevede l’addio del 9% della forza lavoro in azienda. Tradotto: 2.107 posti di lavoro in meno.

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