Nonostante la bagarre delle ultime ore, lo sciopero generale convocato da Cgil e Uil a livello regionale è scattato. È uno sciopero che interessa il servizio pubblico e il servizio privato nelle regioni del Centro Italia e che culminerà con la manifestazione di Roma a Piazza del Popolo. Discorso diverso per i trasporti e i servizi essenziali della logistica: tutta la categoria dei trasporti non potrà aderire all’intero sciopero di 8 ore, ma aderirà in forma ridotta, perché al di là della precettazione operata del ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini – fatto gravissimo che rappresenta un chiaro attacco al diritto di sciopero delle lavoratrici e dei lavoratori – lo sciopero è stato ridotto dalla Commissione di Garanzia, organo di vigilanza previsto dalla normativa vigente che controlla e limita di fatto il libero esercizio del diritto di sciopero da parte delle rappresentanze sindacali in tutti i “servizi essenziali” (legge n.146/1990 e n.83/2000).

Lo sciopero del 17 novembre rappresenta solamente una prima tappa del lungo percorso che porterà a scioperare le regioni del Sud e del Nord, fino all’ultima data prevista per venerdì 24 novembre con la manifestazione di Brescia.

È quindi uno sciopero a macchia di leopardo, come vuole la tradizione sindacale confederale degli ultimi anni, ovvero uno sciopero generale ma su base regionale. L’unico sciopero generale su base nazionale riguarderà invece, paradosso dei paradossi, proprio la categoria dei trasporti, e sarà uno sciopero ridotto di quattro ore, con un blocco del servizio dalle 9 alle 13 come stabilito dalla suddetta Commissione. L’alternativa per il sindacato sarebbe stata quella di rinunciare e ritirare lo sciopero, ipotesi davvero poco auspicabile.

Ma al di là di questo, è evidente che l’arma dello sciopero è stata decisamente spuntata da anni di interventi normativi e accordi, sottoscritti quasi sempre dal sindacato confederale.
Inoltre, la risibile narrazione del “weekend allungato per gli scioperi del venerdì” è in realtà un pensiero assai diffuso nella società italiana, e per questo viene utilizzato del ministro Salvini per portare l’ennesimo attacco populista e pretestuoso a quel che resta del diritto di sciopero.

Siamo quindi molto lontani da quanto sta avvenendo in queste settimane in altre parti del mondo, dove lavoratrici e lavoratori hanno ottenuto importanti vittorie grazie a dei fortissimi scioperi. Negli Stati Uniti lavoratrici e lavoratori dello spettacolo e metalmeccanici hanno scioperato duramente portando a casa risultati importanti per le rispettive categorie in tema di rivendicazioni e scenari innovativi, come l’intelligenza artificiale e la transizione all’auto elettrica, mentre in Bangladesh i lavoratori del tessile hanno ottenuto un aumento di oltre il 50% dei minimi salariali.

Se vuole tornare ad essere un soggetto politico rilevante in grado di rappresentare gli interessi dei suoi milioni di iscritti, il sindacato confederale potrebbe iniziare a mettere in discussione l’ordinamento attuale, cercando di correre ai ripari sui temi che direttamente lo interpellano, quali il diritto di sciopero, di rappresentanza e di contrattazione, senza trascurare salario minimo, reddito di base e welfare (sanità, istruzione, mobilità, casa e pensioni), che sono temi centrali a livello sociale per l’intero paese.

E’ arrivato il tempo dello scontro con il governo, e i sindacati maggiormente rappresentativi sono divisi, con la Cisl sempre più contraddittoria e filodatoriale, ormai schiacciata sulle posizione riverenti di Ugl – il sindacato giallo in quota Lega, con l’ex segretario Durigon ora sottosegretario al ministero del Lavoro -, e Cgil e Uil che non sono pronte per uno sciopero generale nazionale poiché non riescono a rappresentare le istanze di milioni di persone che non hanno nemmeno la possibilità di pensare ad uno sciopero: precari, partite Iva (vere o presunte tali), stagisti, lavoratori e lavoratrici poveri, disoccupati…

Questo preoccupante scenario deve farci riflettere, mantenendo il pensiero fisso alle persone che faticano ad arrivare a fine mese e che meritano di meglio: una vita degna, tanto per cominciare. Per il momento una cosa è certa: questo sciopero maculato, o meglio, depotenziato già in partenza, non ci serve a molto e sicuramente non ci basta. Organizzato e pensato in questa maniera ci fa venire in mente, parafrasando il testo di una vecchia canzone di Ricky Gianco: “Sciopero sì, sciopero no, sciopero boh, sciopero un caz..!”.

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Sciopero, la Commissione di garanzia ha rispettato le regole del gioco? Sono perplesso

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