Crescono povertà e inflazione e aumentano le persone che per far quadrare i conti a fine mese si mettono in fila per un pasto gratis. È allarme a Milano per le richieste di aiuto alimentare. Nel capoluogo di provincia più ricco d’Italia – che vanta un reddito medio pro capite oltre i 37mila euro – la pressione sulle strutture che cercano di intervenire fornendo pasti gratis sta diventando insostenibile. Nel report povertà 2022 – diffuso dall’Istat poche settimane fa – si parla di poco più di 2,18 milioni di famiglie (pari all’8,2% del totale) e 5,6 milioni di individui (con un’incidenza del 9,7%, in crescita rispetto al 9,1% dell’anno precedente) in povertà assoluta. Un aumento secondo l’istituto di statistica “in larga misura imputabile alla forte accelerazione dell’inflazione registrata nel 2022” e cresciuta ulteriormente nel 2023. Secondo quanto reso noto dal Ministero delle Politiche Sociali e del Lavoro, se si prende in considerazione il numero di chi riceve aiuti Fead (Fondo di Aiuti Europei agli Indigenti), Milano è la seconda città metropolitana dopo Napoli per numero beneficiari (215mila) ma è quella che ha registrato l’aumento più consistente rispetto a tutte le altre città d’Italia (+115mila) con un’incidenza del 6,7% rispetto alla popolazione residente.

Nei centri milanesi sono lunghissime le file che si registrano già dalle prime ore del giorno di fronte ai portoni delle mense, come denunciano le organizzazioni Pane quotidiano e Opera San Francesco. Le due mense gestite da Opera San Francesco (Osf) hanno registrato in pochi mesi “un aumento secco di circa il 44% degli ospiti: ad oggi serviamo poco meno di 3.000 pasti al giorno, 1.200/1.300 a mezzogiorno e 1.000/1.100 nella mensa di corso Concordia, più 500 circa nel centro di piazzale Velasquez. Quattro/cinque mesi fa non era così”, racconta il presidente, Fra Marcello Longhi. “La nostra funzione – precisa – non è quella di andare a risolvere le cause, quello che possiamo fare è non lasciare nessuno senza pranzo e senza cena”. L’impressione è che l’aumento sia dovuto in larga parte a italiani in difficoltà, per lo più anziani. “Ne vedo tutti i giorni di più. Persone che risparmiando 7-10 euro al giorno, quindi 300 in un mese, magari riescono a stare dentro ai costi”, spiega Fra Marcello. Gli ospiti italiani sono circa 2.600, il terzo gruppo più numeroso dietro a peruviani (5.700, pari a circa il 14%) e marocchini, circa 2.800. Se gli stranieri sono per lo più giovani, gli italiani sono quasi tutti anziani. “Per loro – evidenzia il presidente di Osf – spesso è umiliante rivolgersi a noi. Per questo il nostro obiettivo è non far sentire a disagio nessuno, attraverso un’accoglienza cordiale e rispettosa e tentando di mantenere i nostri ambienti puliti, luminosi, belli e profumati”.

I giovanissimi si mettono in coda in viale Toscana o in viale Monza e attendono pazientemente che sia il loro turno per portare a casa un pasto per la giornata. Sono quasi cinquemila le persone che ogni giorno affollano i cancelli dell’associazione Pane Quotidiano, che ha come obiettivo quello di assicurare generi alimentari di prima necessità a chi ne ha bisogno, ogni giorno, gratuitamente. “Negli ultimi 18 mesi abbiamo registrato un aumento del 12%, i passaggi da 3.500 sono diventati circa 4.500/5.000 – dice Luigi Rossi, vicepresidente dell’associazione -. Il sabato a volte abbiamo anche superato i 5.000″. I volontari (in totale sono circa 170) in maglietta e felpa arancioni distribuiscono ogni giorno ad adulti e anziani, italiani e stranieri, famiglie e giovani coppie, lavoratori e disoccupati un sacchetto contenente 350 grammi di pane, uno yogurt, un litro di latte, a volte dei salumi o dei formaggi monoporzione, pasta con il sugo o riso con altri condimenti, dolciumi, frutta e verdura. Il valore commerciale di una singola donazione è orientativamente di 15/18 euro. “Quest’anno – osserva Rossi – arriveremo a 120-130mila passaggi e si fa presto a fare i conti. Il nostro valore commerciale alimenti ogni anno è pari a circa 24/25 milioni di euro”. E se “è un dato di fatto” che il potere d’acquisto sia diminuito, soprattutto per i pensionati, è pur vero che i prezzi di una città come Milano siano diventati ingestibili per molte persone e comparabili con quelli di metropoli come Londra e Parigi. “Milano ha pregi e difetti – conclude Rossi – ma è innegabile che il costo della vita sia più alto rispetto ad altre città di provincia italiane. Vivere qui con mille euro non è come farlo a Isernia o ad Agrigento”.

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