“Sulla vittoria non avevo dubbi, appena entrate ho detto: vince lei. E poi vedendole con attenzione si è confermata quell’intuizione. Poi ho valutato le altre oltre alla seconda, la piemontese che non era entrata perché ne serve una sola per Regione ma ho fatto entrare come premio del presidente, la lombarda mi è sembrata interessante perché aveva una bella struttura… La terza che ho scelto in modo meno convinto dopo che mi ha fatto il cocktail, da lontano non rendeva come da vicino, il suo volto, era meno alta ma meno libera mentalmente, un po’ strutturata in alcune idee”.

Non è il commento di un esperto alla fiera del bestiame che giustamente, magari parla, di mucche (piemontese, tortonese, etc). Non sono nemmeno le parole di un ingegnere meccanico che elogia la “bella struttura” di un mezzo, di una macchina da lavoro. Frasi sulla “libertà mentale” che non sono state pronunciate neanche dallo psichiatra Vittorio Andreoli, dallo psicologo Paolo Crepet, dal filosofo Umberto Galimberti.
Nulla di tutto ciò. Stiamo parlando di sostantivi utilizzati per definire delle donne.
A adoperarli è lo Stato italiano, rappresentato dal suo Sottosegretario (di Stato, appunto), Vittorio Sgarbi che in queste ore ha fatto il presidente di Miss Italia 2023.

Un “brutto” messaggio da parte del governo Meloni che tanto si fa o si è fatta paladina delle donne, essendo la prima premier femmina in Italia.
Notare le parole che usa Sgarbi: non ricorda nemmeno il nome delle tre ragazze ma le appella con la provenienza; non dice nemmeno “la ragazza piemontese”; “la donna lombarda”.
Parla di “struttura”: un sostantivo che il dizionario “Treccani” usa per l’architettura, la biologia, la mineralogia, per l’agraria, la fisica ma non come definizione di una donna.

Come se non bastasse lo Stato che ha scelto di mandare alla nazione il messaggio che un concorso di bellezza è un valore culturale, si azzarda a giudicare la mente di una queste donne: “Meno libera mentalmente, un po’ strutturata in alcune idee”.
In un Paese normale, la donna che è arrivata terza e che il Sottosegretario di Stato si permette di classificare per le sue idee, si ribellerebbe, punterebbe il dito contro Sgarbi, ri-affermerebbe la sua dignità.
In un Paese civile, anche “la piemontese”, non esiterebbe a dare dello “s….” al Sottosegretario.
In un Paese dove davvero le donne fanno delle lotte per i loro diritti, i movimenti femministi avrebbero già chiesto alla premier le dimissioni dal governo di questo individuo.
In un Paese normale “Miss Italia” non esisterebbe.

Basterebbe ricordare ciò che fece l’ex sindaca di Crema Stefania Bonaldi che nel suo libro Con la gente, racconta: “A metà luglio eravamo già operativi e pronti a ripartire, salvo una breve pausa agostana, durante la quale divampò una polemica che arrivò, nostro malgrado, all’attenzione nazionale: il mancato patrocinio alle selezioni per il concorso di Miss Italia a Crema. Già con la precedente amministrazione avevamo stabilito di non patrocinare iniziative che promuovano la figura femminile basandosi su canoni estetici quell’orientamento è stato confermato dalla nuova giunta. Non è una guerra di religione, il rifiuto nasce da una sensibilità che mi sento di testimoniare: in un mondo già di per sé dominato dalla banalità, credo si debbano valorizzare in altro modo i talenti, come le competenze professionali e sociali, delle giovani e delle donne di ogni età. Noi ci siamo presi la responsabilità di lanciare questo messaggio”.

E’ inutile entusiasmarsi, piangere per lo straordinario film della Cortellesi C’è ancora domani se oggi nessuno si soffermerà a riflettere su quanto accaduto a Salsomaggiore.

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