di Gabriella Valentino

Era impossibile non commentare lo scherzo dei due comici russi a Meloni. Molto più autorevolmente di me lo hanno fatto e sicuramente ancora lo faranno altri. Gli interventi riguardano questioni di sicurezza, di opportunità e i contenuti politici.

In quanto ex insegnante di inglese, vorrei contribuire con un intervento di carattere linguistico che concluderò con un consiglio non richiesto e che sicuramente non sarà accolto.

Meloni non si tira mai indietro quando si tratta di parlare in inglese. Se lo fa leggendo in intervento preparato se la può cavare. Ma quando deve improvvisare, non raggiunge la sufficienza. Nel caso specifico, durante la telefonata ha mostrato, oltre alla sua inflessione romana, scarsa conoscenza delle regole grammaticali e un lessico molto povero. I problemi sono “impossible”, quello dell’Unione Europea è uno “stupid way of thinking”. Sull’Ucraina ha “some ideas”, ma sta “waiting to the right moment”. L’impressione che si ha è quella di una conversazione superficiale e sconclusionata che si potrebbe ascoltare tra due amici in un bar. Impressione confermata quando arriva a chiedere “between you and me” (con risatina annessa) se, secondo il suo interlocutore, “what is happening in Niger” (riferendosi al colpo di stato e sbagliandone la pronuncia) è “qualcosa contro la Francia?” (“something against France”, di nuovo sbagliando pronuncia).

Spesso traduce dall’italiano “respond to the telephone”, “both the things”, “they (i francesi) have got the uranium”…

Le frasi sono piatte e non connesse tra loro. Quando si avventura a usare qualche connettore testuale lo sbaglia. Ad esempio, usa “moreover” (inoltre) a sproposito e dice “instead” (invece) quando forse voleva “otherwise” (altrimenti).

La povertà lessicale è evidente anche quando deve scegliere quale parola usare in unione con un’altra. Cioè non padroneggia quelle che sono dette tecnicamente “collocazioni”. In inglese (ma neppure in italiano) una legge non si “distrugge”: il verbo da usare è “break”. E la sua difficoltà è evidente quando cerca la parolina, non la trova, si rivolge a qualcuno presente nella stanza con lei e chiede “Come si dice?” (lo aveva già fatto quando, cercando di rispondere alla domanda in inglese di un giornalista, si rivolse ai suo assistenti chiedendo “Come si dice blocco navale?”. Nemmeno i suoi cavalli di battaglia!).

Ecco quindi il mio consiglio. Continui a leggere gli interventi preparati, ma quando deve parlare a braccio, al telefono o al bar di Palazzo Berlaymont si faccia accompagnare da un interprete. Almeno fino a quando i suoi numerosi impegni non le consentano di dedicarsi allo studio dell’inglese.

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