Dalla sanità pubblica a quella privata, in Sicilia è fuga dei medici. Succede a Palermo, dove all’ospedale Villa Sofia ha dovuto chiudere il reparto di ortopedia perché il primario e altri medici hanno abbandonato la struttura pubblica per trasferirsi in cliniche private. Ma il fulcro siculo di questa “emorragia”, giusto per restare in tema, è Agrigento, dove il sistema sanitario “è un disastro”, come sostiene Margherita La Rocca Ruvolo, sindaca di Montevago e deputata regionale di Forza Italia (nella scorsa legislatura era presidente della commissione Sanità all’Assemblea regionale). La scorsa settimana, infatti, 5 medici del reparto di ortopedia dell’ospedale della città dei Templi hanno rassegnato le dimissioni. Tra questi anche il primario facente funzione, Giovanni Palmisciano: “A luglio ho fatto 21 reperibilità, 22 ad agosto, e non è andata meglio a settembre, turni estenuanti, ho chiesto più volte un cambiamento alla direzione ma non è successo mai niente”, racconta.

Una mole di lavoro logorante ha dunque spinto i 5 ortopedici a lasciare quasi del tutto sguarnito il reparto e non solo ad Agrigento: a Licata e a Sciacca l’ortopedia lavora solo con due medici, solo il mattino e solo nei giorni feriali. Una situazione allarmante per chi nell’agrigentino dovesse, per esempio, rompersi un piede, perlomeno per chi non può permettersi cure a pagamento: 3 di questi 5 ortopedici si stanno, infatti, trasferendo alla clinica Latteri di Palermo: una struttura privata. “Agrigento è l’esempio eclatante di come si stia spingendo alla morte la sanità pubblica, a favore di quella privata”, indica Alfonso Buscemi, segretario generale della Cgil di Agrigento. E sciorina numeri: “Su 4800 posti previsti, in dotazione organica sono presenti solo 1970 dipendenti, tra medici, infermieri, amministrativi… e questi sono dati dello scorso dicembre, adesso la situazione è perfino peggiore”. Di certo non è buona neanche a Canicattì, dove “a fronte di 128 dipendenti che dovrebbero comporre la pianta organica, ne risultano soltanto 45, così che hanno dovuto chiudere i reparti di cardiologia, terapia intensiva, psichiatria, neurologia, ortopedia, neonatologia, perfino il pronto soccorso”, continua Buscemi.

Ad Agrigento la “fuga” degli ortopedici segue quella del primario del pronto soccorso, Sergio Vaccaro, che ha dato forfait solo lo scorso agosto. Mentre i prossimi a lasciare potrebbero essere in ginecologia: un sistema sanitario, senza dubbio, al collasso. Ma perché? Per il commissario dell’Asp di Agrigento Mario Zappia la risposta è semplice: “Abbiamo bandito due concorsi ma non si è presentato nessuno”. Non è d’accordo però La Rocca Ruvolo: “I concorsi sono stati banditi due anni fa, nel frattempo le persone si sono sistemate altrove: non aspettano i tempi di Agrigento”. La Rocca Ruvolo ha manifestato lo scorso agosto assieme ad altri 18 sindaci della zona di Sciacca contro la condizione della sanità pubblica nella sua provincia. E dire che la sindaca, nonché deputata regionale (in Sicilia i consiglieri regionali sono equiparati ai deputati) è una forzista esattamente come il presidente della Regione, Renato Schifani: “Dopo quella manifestazione non è successo un bel niente”, ha detto la sindaca, che ha in preparazione una nuova marcia per il prossimo novembre, perché “io mi vergogno a vedere i pazienti oncologici che manifestano per strada perché non ricevono le cure adeguate”.

Lo scorso sabato, infatti, un gruppo spontaneo ha manifestato per le strade di Canicattì contro le difficili condizioni in cui verte la sanità. Condizioni che si sciorinano in ogni aspetto, poco personale, d’altronde, vuol dire anche lunghissime attese, come quella con il cup, centro unico di prenotazione, che aveva addirittura chiuso le prenotazioni, sono dovuti intervenire i Nas che hanno segnalato commissario Asp e Cup all’assessorato regionale. Questo succedeva solo lo scorso agosto, prima ancora che l’ortopedia si svuotasse. E dire che è la provincia di Totò Cuffaro, ormai tornato nel centro dell’agone politico, di certo seduto al tavolo di maggioranza sulla sanità, perlomeno a detta di uno dei suoi deputati regionali, Carmelo Pace, anche lui dell’agrigentino, precisamente di Ribera, che durante un intervento in una tv ha specificato che “assieme a Totò Cuffaro facciamo parte di un tavolo ristretto della maggioranza”. La frase scatenò l’ira della deputata forzista La Rocca Ruvolo, che rispose con un comunicato di fuoco: “Nessuno pensi di tornare a parlare di sanità e nomine nel retrobottega di qualche negozio, le decisioni sulla salute dei siciliani devono essere assunte in modo trasparente e concertato”. “Si tratta di tavoli di maggioranza ai quali partecipano in alcuni casi i capigruppo dei partiti, in altri i leader regionali delle varie correnti”, fu la replica di Pace.

Come che sia, la situazione di certo è sfuggita di mano e ciò ricade soprattutto sui pazienti. Nel frattempo il commissario Zappia ha già ovviato alla perdita di personale con nove contratti per medici stranieri, nello specifico argentini: “Stiamo cercando di fare arrivare anche specializzandi da Roma”, spiega. Soluzioni estreme in un contesto politico bloccato sulle nomine dei manager della sanità: il governo Schifani, paralizzato dai desiderata dei partiti, non riesce infatti a trovare un accordo e così ha prorogato gli attuali commissari. Una decisione per non decidere, mentre i pazienti attendono.

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