Se la prende con il Pd dove “i dirigenti, senza neanche pudore e ipocrisia, sono interessati più alle elezioni dei propri che alla vittoria del partito”; con i renziani “transfughi” che nel Consiglio comunale l’hanno abbandonato; con Claudio Martelli, Bettino Craxi e Licio Gelli “da considerare parte dello stesso potere”. E poi ce l’ha con Totò Cuffaro, con Marcello Dell’Utri, con il suo successore Roberto Lagalla colpevole di non aver preso le distanze da questi ultimi e anche con la Procura che negli anni del cosiddetto “Sacco di Palermo” era “sonnacchiosa e assente”.

Non assolve nessuno. Nemmeno se stesso per non aver traghettato nel futuro il sistema di gestione che ha preso il suo nome. E’ un Leoluca Orlando inedito, a sorpresa, quello che si racconta – intervistato da Constanze Reuscher – in “Enigma Palermo” da poco uscito per Rizzoli. Il “professore” – come lo chiamano i più aristocratici del capoluogo siciliano o “U sinnacu” come lo appellano per la strada le persone dei mercati o dei quartieri popolari – che per ventidue anni si è seduto sullo scranno più alto di palazzo delle Aquile, aprendolo ai cittadini prima ancora che questo “slogan” fosse usato dal Movimento 5 stelle per i palazzi del potere, assolve solo la “sua” Palermo (e i palermitani) raccontandola in 278 pagine.

Orlando d’altro canto la conosce bene e meglio d’ogni altro la sa definire: “E’ una contraddizione vivente. E’ una città aristocratica e popolare, silenziosa e rumorosa, pulita e sporca, mafiosa e antimafiosa. E’ una città arcaica e moderna”, scrive nel testo. E ancora, parlando con una passione spasmodica dell’Urbe: “E’ un po’ Beirut, un po’ Tunisi, metropoli più centro – mediterranea e non periferia della Mitteleuropa. A Palermo i cittadini di sempre vivono in pace con quelli nuovi, oggi i migranti venuti da Africa, Medio Oriente e Asia”. Una fotografia sincera, schietta che chiunque si ritrovi tra le strade dello storico mercato di “Ballarò” o del “Capo” può constatare con i suoi occhi.

L’ex braccio destro di Pier Santi Mattarella, il protagonista della cosiddetta “Primavera” di Palermo, il politico capace di vincere ogni campagna elettorale mettendoci la faccia tra la gente anche quando il consenso sembrava calare, tuttavia, a 76 anni qualche mea culpa lo fa in queste pagine per non aver garantito un Governo in continuità alla città: “Ho sempre creduto che il mio compito fosse avere una visione e fornire semi di cambiamento. Penso che ho comunque contaminato tanti. Ma ammetto è stata una sconfitta pesante. Certamente anche mia, personale, uno sfregio alla mia vita da politico e sindaco, soprattutto perché tutta la mia vita è stata segnata dalla lotta alla mafia e per i diritti civili”.

In un libro c’è un pezzo di storia della città siciliana ma anche dell’Italia raccontato in presa diretta: dai tempi della Democristiana ai giorni nostri passando per Leonardo Sciascia, Falcone e Borsellino, don Pino Puglisi, Letizia Battaglia, Nando dalla Chiesa, Diego Novelli, il “deragliamento” con Silvio Berlusconi, Antonio Di Pietro e tanti altri nomi di persone e luoghi dell’Italia e del mondo che Orlando racconta con una forza narrativa travolgente quanto le sue parole dal vivo.

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