Mentre Putin si trova a Pechino per il forum sulla Nuova via della Seta, sugli aeroporti occupati da Mosca in Ucraina volano bombe di fattura statunitense. Si è conclusa così la 106esima giornata di combattimenti nel conflitto russo-ucraino, con Kiev che ha testato i nuovi missili a lungo raggio Atacms (Army Tactical Missile Systems) arrivati dagli Stati uniti nelle scorse settimane.

In un’operazione denominata “Libellula“, nella notte di lunedì 16 ottobre le forze armate ucraine hanno cominciato a lanciare una serie di attacchi missilistici colpendo due aeroporti occupati dai russi. Il primo a Lugansk, capoluogo dell’omonima oblast a Est dell’Ucraina, il secondo Berdyansk, una città a sud della regione di Zaporizhzhia. Il bilancio è di nove elicotteri, un deposito di munizioni e un veicolo di artiglieria pesante distrutti e decine tra morti e feriti. Il dipartimento di aeronautica ucraino ha poi dichiarato di avere intercettato sei droni di tipo Shahed (quelli di fattura iraniana) e un missile lanciato dalla Russia. I droni sono stati trovati nella parte sud della regione di Odessa, come confermato dal governatore locale Oleh Kiper.


La fornitura dei missili Atacms all’Ucraina segnala un potenziale punto di svolta nel confronto con la Russia, con Kiev dotata per la prima volta di armamenti capaci di oltrepassare in modo efficace la linea del fronte nemico. Per mesi l’amministrazione di Joe Biden è stata restia nel fornire questa tipologia di missili, capaci di trasportare bombe a grappolo a una distanza fino a 300 chilometri, per timore di alimentare un’escalation del conflitto. L’impiego degli Atacms, anticipato nelle scorse settimane dal Washington Post e ripreso successivamente da Politico, è stato confermato dallo stesso Zelensky, che in un video condiviso sui suoi social dopo il bombardamento degli aeroporti ha ringraziato “tutti coloro che ci aiutano, con un ringraziamento speciale agli Stati uniti” perché “gli accordi con il presidente Biden sono stati osservati e gli Atacms hanno dato prova di sé”. Il presidente ha tuttavia fatto sapere di avere bisogno di ulteriore supporto aereo e per questo in un colloquio con il suo omologo finlandese Sauli Niinisto negli scorsi giorni ha chiesto un nuovo pacchetto di aiuti militari al paese nordico nuovo membro della Nato.

Nel frattempo Putin si trova in Cina, dove il clima di amicizia (non più così) “senza limiti” con Pechino sembra già traboccare positivamente negli altri rapporti con i presenti al forum per il decennale della Belt and road initiative. Uno su tutti il presidente ungherese, Viktor Orban, che ha incontrato il leader del Cremlino assicurandolo che “l’Ungheria cerca di salvare ciò che può” nei rapporti con la Russia danneggiati dal conflitto con l’Ucraina e che Budapest “non ha mai voluto lo scontro” con Mosca. “Malgrado il fatto che per le attuali condizioni geopolitiche le possibilità di mantenere contatti e sviluppare relazioni siano molto limitate, non può che essere motivo di soddisfazione che i nostri legami con molti Paesi europei siano mantenuti e sviluppati”, è stata la risposta di Putin. Con il presidente cinese Xi Jinping invece, dopo la breve stretta di mano a favore di telecamera avvenuta in apertura del Forum, il leader del Cremlino dovrebbe incontrarsi domani, mercoledì 18 ottobre. Sul piatto non solo i festeggiamenti per la Nuova via della seta ma anche un possibile scambio sul nuovo fronte in Israele e le sue conseguenze per il ruolo di Cina e Russia in Medio oriente.

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