A indagare sugli affari criminali della banda Calajò che vuole prendere il controllo delle curve di Inter e Milan si finisce per essere minacciati di morte. E’ successo ai pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia di Milano Francesco De Tommasi e Gianluca Prisco per i quali il prefetto di Milano Renato Saccone il 10 luglio scorso ha disposto la scorta: un dispositivo di protezione ravvicinata, e cioé una servizio di tutela con una macchina senza vetri antiproiettile definita di rischio 4. Negli atti allegati si leggono le parole, ritenute dal Viminale, ben più che minacciose. In un passaggio: “De Tommasi si fermi se vuole salva la vita sua e della sua famiglia”.

Per comprendere la gravità dei fatti unici in Italia e il rischio che corrono questi due magistrati tosti e dalla schiena dritta, bisogna tornare agli ultimi giorni dello scorso aprile quando la Procura di Milano dispone diversi fermi per associazione finalizzata al traffico di droga. E’ un durissimo colpo a quello che viene definito il clan di Nazzareno Calajò, detto Nazza, capo criminale del quartiere milanese della Barona. In carcere finiscono anche suo nipote e suo figlio. L’indagine coordinata da Prisco e De Tommasi assieme al Ros, anche grazie a una collaboratore di giustizia, illumina non solo il traffico di droga alla Barona triangolato anche con personaggi di spicco della ‘ndrangheta, ma soprattutto la scena criminale milanese che dal 2019 a oggi conta due gravissimi fatti di sangue intrecciati con le dinamiche delle curve: il tentato omicidio a Enzo Anghinelli avvenuto in via Cadore nel 2019 e l’omicidio del capo della curva dell’Inter Vittorio Boiocchi, ucciso con cinque colpi davanti a casa il 29 ottobre 2022 mezz’ora dopo l’inizio della partita di campionato tra Inter e Sampdoria. Le carte dell’inchiesta, infatti, mettono insieme intercettazioni e dichiarazioni del collaboratore che collegano Calajò sia a Boiocchi che ad Anghinelli, e questo senza che Nazza né i suoi uomini siano indagati per i due fatti per cui, al momento, indagano altri due magistrati.

Comunque sia, ad arresti eseguiti, il dottor Prisco si reca in carcere in più occasioni per parlare, in questo caso, con uno dei Calajò. Dal quale si sente rispondere: “Dottore lei sa tutto su di noi, ma noi sappiamo tutto su di lei”. In un audio colto in carcere poi qualcuno, riferito ai due pm oggi sotto scorta, parla di volergli tagliare la testa. Senza dimenticare il “De Tommasi si fermi se vuole salva la vita…”. Al quadro si aggiunge la canzone di un noto trapper milanese dedicata a Nazza dal titolo l’Ancien e nella quale si fa riferimento, è sostenuto in Procura, a uno dei due pm. Scrive: “Ho un messaggio anche per te che non hai identità. Hai rovinato le persone e questo non si fa. Nella prossima vita spero che tu sia in grado di farti carico delle tue responsabilità”. Indagini successive mostrano come passaggi di altre future canzoni siano stati veicolati dal carcere di Opera dove i Calajò, anche chiamati Kalash dai loro sostenitori, sono reclusi.

Fatto è che dagli inizi di maggio i due pm segnalano ai loro referenti la circostanza con almeno sette note, spiegando che le indagini, decisive per svelare le dinamiche delle due maggiori curve italiane, sono ferme a causa delle minacce stesse. Prisco e De Tommasi in sintesi ritengono che il procedimento è sostanzialmente fermo da oltre tre settimane perché qualunque atto investigativo invasivo che intederanno assumere e che metterebbe ulteriormente a rischio la loro incolumità potrebbe ritorcersi contro gli stessi magistrati. Tutto, però, naviga sotto traccia senza una decisione forte e soprattutto immediata. Fino al 10 luglio. Prima però il 28 giugno, con già alle spalle diverse segnalazioni dei pm, i vertici della Procura decidono la coassegnazione del fascicolo all’aggiunto. Inoltre, in quei giorni la Procura generale fa sapere che la pratica è stata trattata urgentemente vista la sua delicatezza. E sempre la Procura generale invita ad adottare qualunque misura anche eccezionale per evitare che sia ostacolato “il regolare svolgimento di ogni attività d’indagine”. Il 10 luglio finalmente la decisione del ministro dell’Interno. Ad agosto poi il procuratore Marcello Viola audito dalla Commissione parlamentare antimafia lancerà l’allarme sulle curve milanesi: “Alcune indagini hanno documentato l’esistenza di rapporti non occasionali non solo tra esponenti delle tifoserie organizzate delle squadre di calcio e soggetti appartenenti ad organizzazioni di tipo mafioso, ma anche tra esponenti delle tifoserie ed appartenenti a gruppi eversivi”.

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