Quello dell’auto elettrica richia di diventare, ammesso che non lo sia già, un (nuovo) tema di attrito fra Francia e Germania. Partiamo da un dato di cronaca delle ultime ore: il presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha annunciato l’avvio di un’inchiesta anti-dumping sulle auto elettriche prodotte in Cina, primo produttore e primo mercato delle auto a batteria. Come riportato anche nei giorni scorsi dal Fatto Quotidiano, la Repubblica Popolare punta dritto sull’Europa per sdoganare i propri prodotti a quattro ruote a livello globale. Sulla piazza europea i cinesi stanno arrivando forti di un vantaggio competitivo quasi incolmabile per i produttori europei, sparigliando gli equilibri del mercato continentale.

Un’ipotesi che, come riporta la testata Politico.eu, è abbastanza indigesta ai francesi, che in questi mesi hanno esercitato un costante pressing proprio sulla presidente della Commissione affinché l’Unione europea avviasse un’indagine anti-dumping sui veicoli elettrici Made in China, come poi avvenuto. Come si legge sul sito del Parlamento europeo, il dumping è “una pratica per cui le grandi imprese introducono nel mercato europeo dei prodotti a un prezzo molto inferiore rispetto a quello di mercato. Questo prezzo artificioso è dovuto alla presenza di sussidi statali alle imprese nel paese di origine, oppure alla sovrapproduzione di un determinato prodotto da parte delle aziende che vendono all’estero tali beni in eccedenza”. Ed è una “forma di concorrenza sleale poiché i prodotti vengono venduti ad un prezzo che non rispecchia in modo accurato il costo di produzione. Per le imprese europee è molto difficile rimanere competitive a queste condizioni e nei casi peggiori sono costrette a chiudere e licenziare i lavoratori”.

Che cosa fa l’UE per affrontare il problema? “Si avvale di diversi strumenti di difesa commerciale che possono essere utilizzati per contrastare i comportamenti commerciali sleali, fra cui la legislazione anti-dumping. L’imposizione di dazi su prodotti oggetto di dumping può essere, ad esempio, un modo per combattere l’utilizzo di questa pratica”. Come intuibile, la volontà di Parigi è tutelare la propria industria automobilistica, di cui fanno parte Stellantis e Renault. E la costante crescita dell’export cinese – messa in evidenza dalla stessa Commissione Europea – ha alimentato l’insistenza francese su Bruxelles.

Tuttavia, l’atteggiamento transalpino risulta indigesto dalle parti di Berlino: se l’annunciata indagine riconoscesse politiche di dumping da parte dei costruttori cinesi, ne potrebbero scaturire ulteriori dazi doganali sulle vetture prodotte nella Repubblica Popolare. Gli stessi, però, potrebbero ripercuotersi sull’industria automobilistica tedesca, fortemente dipendente dalle dinamiche del mercato dell’auto cinese (che è il primo al mondo e assorbe quasi il 40% della produzione del gruppo Volkswagen). I francesi, automobilisticamente parlando, non hanno gli stessi interessi commerciali dei tedeschi nel Paese del Dragone. Per i tedeschi, invece, la questione è delicatissima: la Cina, infatti, oltre ad assorbire buona parte delle esportazioni del Made in Germany, è tra le principali destinazioni degli investimenti esteri. A Berlino, quindi, tremano all’idea di una guerra commerciale con la Repubblica Popolare, che rischierebbe di minacciare la presenza dei costruttori tedeschi in Cina nonché il loro peso, già in calo, sul mercato locale.

Per ora, però, l’Unione Europea tira dritto: i veicoli elettrici rappresentano un “settore cruciale per l’economia verde, con un enorme potenziale per l’Europa”, ha dichiarato la von der Leyen. “Attualmente, però, i mercati globali sono inondati da auto elettriche cinesi più economiche. E il loro prezzo è mantenuto artificialmente basso grazie a ingenti sussidi statali. Queste pratiche causano distorsioni sul nostro mercato. E come non le accettiamo quando provengono dall’interno, così non le accettiamo neppure dall’esterno”, ha detto la presidente. “L’Europa è aperta alla concorrenza, ma non a una corsa al ribasso. Dobbiamo difenderci dalle pratiche sleali. Allo stesso modo, però, è essenziale mantenere aperta la porta della comunicazione e del dialogo con la Cina. Vi sono infatti anche temi su cui possiamo e dobbiamo cooperare. Ridurre i rischi senza disaccoppiarsi: questo sarà il mio approccio con i leader cinesi al vertice Ue-Cina alla fine di quest’anno”. La Commissione Europea ha pure affermato che la quota cinese di veicoli elettrici venduti in Europa è salita all’8% e potrebbe raggiungere il 15% nel 2025.

A osservare con una certa attenzione lo sviluppo degli eventi c’è la Volkswagen: “Una guerra commerciale con la Cina, la farebbe saltare in aria”, aveva spiegato a Politico.eu un manager del settore, che ha chiesto l’anonimato. Troppo apocalittico? Forse, ma l’aria che tira dalle parti di Wolfsburg è abbastanza pesante a causa della scarsa domanda di mercato per le auto elettriche del costruttore: pertanto il gruppo teutonico, oltre al taglio dei turni lavorativi, starebbe valutando di ridurre l’organico dello stabilimento di Zwickau, dove si producono le elettriche VW ID.3, ID.4, ID.5, le Audi Q4 e-tron e Sportback e-tron e la Cupra Born.

Come riporta il sito specializzato Autonews.com, nelle scorse settimane un alto dirigente della VW era stato inviato in Cina per esaminare la competitività dell’azienda su quel mercato. L’analisi ha prodotto una valutazione dello scenario decisamente cupa. Per il manager, VW sta perdendo la corsa ai veicoli elettrici nel suo mercato più importante, quello cinese, e difficilmente recupererà terreno sugli avversari, che hanno un’offerta migliore e più economica. Offerta che, oltretutto, sta arrivando nel vecchio continente, con tutti i vantaggi che conseguono dall’offrire prodotti a prezzi più bassi. Secondo Bloomberg la morsa competitiva che stringe VW – e che arriva anche, lato occidentale, dall’americana Tesla – potrebbe evolversi nella sua più grande crisi aziendale dai tempi dello scandalo delle frodi sulle emissioni diesel del 2015. Chiaramente, con questa situazione in casa, lo spettro della bagarre coi cinesi atterrisce VW e buona parte dell’industria dell’auto tedesca.

Nel frattempo in Cina affilano i coltelli: l’indagine anti-dumping europea “è un puro atto protezionistico, che sconvolgerà e distorcerà gravemente l’industria automobilistica globale e la catena di fornitura (giova ricordare che la Repubblica Popolare ha l’incontrastato monopolio delle materie prime necessarie per costruire batterie ed è, di gran lunga, il primo produttore di accumulatori, ndr.), compresa l’UE, e avrà un impatto negativo sulle relazioni economiche e commerciali Cina-UE”, ha affermato in una nota il Ministero del Commercio cinese: “la Cina presterà molta attenzione alle tendenze protezionistiche dell’UE e alle azioni di follow-up, e tutelerà fermamente i diritti e gli interessi legittimi delle aziende cinesi”. Insomma, l’Europa rischia di rimanere “fulminata” nella corsa all’auto elettrica, apparentemente avviata sottostimando le conseguenze sociali ed economiche di una riconversione green della mobilità che, oltretutto, la espone sia a contrasti interni che a una potenziale guerra commerciale con un colosso come la Cina.

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