Bere non è un crimine. Stuprare lo è. Campagna contro lo stupro della polizia di Manchester.

Dopo giorni di victim blaming sui social, immancabile arriva anche l’intervento del papabile di turno. Il fatto che giudichi una donna che ha bevuto o balla come quella che se l’è cercata indica quanto la cultura sia totalmente da resettare. Se una donna ha bevuto non è in grado di dare consenso. Se si diverte non significa che accetti di essere stuprata. Si tratta di un’aggravante e non di una attenuante per gli accusati di stupro di gruppo a Palermo.

Vale per loro e vale per tutti. Già che c’era, il signor Giambruno poteva pescare dal copione del victim blaming altre varie ed eventuali: se esci da sola la sera te la cerchi; se metti la minigonna te la cerchi; se non ti fai accompagnare da un uomo te la cerchi; se non appartieni ad un maschio te la cerchi. Che altro? Quante ancora dovremo sentirne perché si parli di violenza di genere e di cultura dello stupro?

Questo legittima ogni uomo che pensa di poter trarre giustificazione da ogni affermazione scriteriata che colpevolizza una vittima. Questo fa ritenere ancora le vittime come carne da macello, corpi di cui si può disporre che siano esse svenute, non in grado di dare consenso o solo intente a trascorrere una serata a divertirsi. Chissà perché le donne non possano, come se vi fosse un divieto morale, come se l’invito implicito fosse quello che le donne restino a casa a vigilare sul focolare.

Ma le affermazioni diffuse offendono anche gli uomini: esseri incontinenti, come se non potessero trattenere un’erezione da sfogare su qualunque malcapitata, esseri che non penserebbero ad altro che a beccare la prossima donna priva di sensi per lasciarsi trascinare nel vortice dello stupro. Poveri cari, essi non capiscono, non colgono in effetti il fatto che quella sia una persona, che ha pari diritti e che soprattutto deve dare consenso prima che l’erezione maschile la sfiori. Descrivere gli uomini tutti come quelli che non sanno trattenere gli istinti primordiali li colloca tra i primati, o forse ancor prima, perché nel mondo animale c’è più rispetto. Se gli uomini non si ribellano a questa descrizione che viene data di loro, come possono le donne fidarsi del prossimo amico o parente che vuole dare loro un passaggio dopo una sera fuori?

Perfino il più innocente degli amiconi se ti vede fuori fase, se hai bevuto, se ti dà un passaggio, si sente in diritto di metterti le mani addosso. Lo so perché mi è successo, però una volta tanto quell’uomo si è fermato al No. Ha avuto un moto di umanità ed empatia, o forse ha riconosciuto la parte di me combattiva che lo avrebbe denunciato il giorno dopo. Non lo saprò mai. Non saprò cosa l’abbia fermato o cosa non abbia fermato quegli altri che mi hanno stuprata, mentre ero del tutto sobria. In ogni caso il punto è che siamo troppo abituate a guardare agli eventi che toccano i nostri corpi e ci feriscono a partire dalle parole di uomini che giustificano altri uomini. Perché di linee difensive si tratta. Lei era consenziente, signori della corte, lei biascicava, non si capiva se volesse andare avanti o meno.

Dunque in concomitanza di quel che i neuroni maschili traducono sempre e solo in un invito all’approccio sessuale – se respiri, se le tette vanno su e giù mentre cammini, se i fianchi si muovono quando attraversi la strada, se hai le gambe e le braccia, se sei femmina – confidiamo ancora nelle parole di uomini che stanno dalla parte degli uomini. Che affermano il proprio potere sui corpi delle donne, in termini sessuali e riproduttivi, di ruoli di genere e di capacità intellettive.

Perché lo stupro è una questione di potere, di maschi sulle donne, per rimetterle al proprio posto, oggettificarle, colpevolizzarle, incrinare la loro autostima, farle vergognare, indurre in loro sensi di colpa. E ogni affermazione sessista tende ad ammonire tutte le altre, che stiano attente, perché a loro accadrà lo stesso, che restino chiuse in casa, invece di riprendersi le strade.

Invece no: ci riprendiamo le strade. Che gli uomini che non sanno resistere al richiamo di un’erezione autoctona si diano alla masturbazione. Le donne sono persone. Hanno preferenze sessuali, tempi e modi per dire sì con chi e quando vogliono. Non sono oggetti di sfogo per maschi che non resistono alla vista di una donna priva di sensi. Ma poi: che vergogna, uomini, a quel punto perché non darvi alla necrofilia? Se tanto mi dà tanto qualcuno potrebbe dire: ebbene ella era lì morta, come faceva quel bel giovine a capire che lei aveva detto no? Era consenziente? Giusto?

Buona lotta, donne. E buona lotta agli uomini che non si identificano con ciò che viene affermato dai loro simili.

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