Si tratta solo di recepire una sentenza che dovrebbe essere applicata al pari della legge, ma che tarda a esserlo per mancanza di direttive e protocolli che sarebbero appannaggio delle Regioni. Ad applicare la sentenza su dj Fabo, con cui la Corte Costituzionale ha ammesso l’aiuto al suicidio di persone gravemente malate e tenute in vita dalle macchine, infatti, dovrebbe essere il Servizio sanitario regionale, eppure gran parte delle Regioni finora è rimasta a guardare. Per colmare questo vuoto, l’associazione Luca Coscioni a marzo ha lanciato una raccolta firme per depositare in 15 Consigli regionali una proposta di legge di iniziativa popolare. Due i capisaldi del testo, già depositato in Abruzzo, Emilia Romagna, Veneto, Friuli e Piemonte: una commissione multidisciplinare permanente e tempi certi per ottenere l’aiuto medico e la somministrazione del farmaco letale.

Il 28 agosto il tesoriere Marco Cappato era a Torino per depositare oltre 11mila firme e il testo a Palazzo Lascaris, dove i lavori del Consiglio riprenderanno la prossima settimana. Se il governatore Alberto Cirio si trincera dietro impegni vari, presumibilmente per non commentare un tema spinoso, dalla Giunta l’unico a concedere qualche battuta è l’assessore alle Politiche sociali Maurizio Marrone (testimonial, fra l’altro, di iniziative come il raddoppio dei fondi alle associazioni provita e la “stanza dell’ascolto” negli ospedali che praticano l’interruzione di gravidanza). “L’ultima volta che la maggioranza ha affrontato il tema è stato un anno fa, quando decise di bocciare i quesiti referendari sul suicidio assistito”, ha riferito a ilfattoquotidiano.it. Una frase sibillina che lascia presagire che la proposta di Cappato possa fare la stessa fine del referendum sull’eutanasia proposto nel 2021 da Marco Grimaldi (allora capogruppo di Liberi Uguali Verdi) e affossato dal Consiglio regionale.

Nella maggioranza, però, si registrano anche posizioni più interlocutorie, come quella di Alessandro Stecco, presidente leghista della Commissione che per prima dovrà esaminare la proposta di legge dopo il via libera dell’Ufficio di Presidenza. “Sono disponibile a metterla in calendario già dalla prossima settimana. Ciascuno su questo tema ha la propria sensibilità, in tutti i partiti, ma anche per questo è necessario che il dibattito sia ampio”, spiega a ilfattoquotidiano.it. L’apertura senza riserve del governatore veneto Luca Zaia comunque resta lontana. Anche tra le file dell’opposizione, poi, la proposta non piace a tutti. Nel corteo che ha portato le firme a palazzo Lascaris risaltavano le fasce tricolori di alcuni sindaci dem del Torinese, le facce di (pochi) consiglieri Pd, qualche pentastellato, il segretario piemontese della Cgil, Giorgio Airaudo.Non siamo compatti sul sostegno alla legge, diversamente da altri gruppi che hanno dato un sostegno ufficiale. Non me lo spiego molto: è una proposta laica che si limita a ratificare quanto deciso dalla Corte costituzionale”, ragiona il consigliere Pd Diego Sarno.

La sensazione è che la proposta non vedrà mai la luce in questa legislatura e non solo per mancanza di tempo: il mandato della Giunta scade nella primavera 2024 e difficilmente, con le elezioni alle porte, ci saranno grosse sterzate su un tema diventato “di bandiera” nel centrodestra. Senza contare che l’analogo ddl in Parlamento è stato lasciato decadere dopo essere stato approvato in prima lettura dalla Camera sul finire della legislatura.

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