“Le carceri sono la mia priorità“. Era una frase inequivocabile quella scelta da Carlo Nordio dopo aver giurato da ministro della Giustizia. Dieci mesi dopo si può dire che il guardasigilli non ha tenuto fede agli impegni. A guardare le cose fatte dall’inquilino di via Arenula, infatti, sembra che la sua priorità sia più che altro rappresentata dai colletti bianchi. Nel senso che le prime azioni di Nordio sono state tutte orientate a intervenire sulle misure di contrasto per quei reati tipici dei politici, degli imprenditori, degli alti funzionari: dall’abolizione dell’abuso d’ufficio, alla riforma delle misure cautelari fino all’indebolimento del traffico d’influenze. E il carcere? Parole, molte parole. Fatti praticamente nessuno.

Parole, parole, parole – È vero che Nordio interviene spesso sul tema del sovraffollamento e non si nega quasi mai quando bisogna andare in Parlamento per rispondere alle interrogazioni sul tema. Ed è anche vero che il ministro si è subito precipitato a visitare il carcere di Torino, dove due detenute si sono tolte la vita a distanza di poche ore. Anche questa volta l’ex magistrato ha spiegato quale sarebbe la sua ricetta per l’emergenza penitenziaria: puntare tutto sulla detenzione differenziata tra detenuti molto pericolosi e quelli di modesta pericolosità, utilizzando le caserme dismesse. Una proposta che ha diverse controindicazioni ma che comunque Nordio aveva già fatto molti mesi fa, quando si era appena insediato in via Arenula. Era il dicembre del 2022 e l’ex magistrato già parlava di usare le caserme dismesse, sostenendo che la costruizione di nuovi penitenziari è troppo costosa. Sono passati otto mesi, l’emergenza carceraria si è ulteriormente aggravata e ora che il doppio suicidio di Torino riporta la questione agli onori della cronaca il ministro non trova di meglio che rilanciare la sua proposta: cosa ha fatto negli ultimi mesi?

La passione per i colletti bianchi – Nordio non fa più solo il magistrato e non è neanche soltanto un editorialista: oltre a proporre idee su questioni giudiziarie deve anche attivarsi per trasformare quelle proposte in riforme. Anche perché quando si è trattato d’intervenire su campi diversi dal carcere il ministro ha dimostrato di sapersi muovere con celerità. Per esempio quando si è trattato di eliminare l’abuso d’ufficio l’ex pm di Venezia non si è fatto pregare: ha ricevuto i sindaci e poi ha inserito l’abolizione nella riforma dedicata a Silvio Berlusconi. Lo stesso provvedimento limita fortemente l’ambito di applicazione del traffico d’influenze, reato introdotto nel 2012 dalla legge Severino e contestato in genere a politici e faccendieri. È stata indebolita anche la disciplina delle misure cautelari per altri reati tipici dei colletti bianchi: per arrestare un presunto corrotto o tangentista, infatti, bisognerà avvertirlo cinque giorni prima. Sempre Nordio è riuscito a far passare una stretta sulla pubblicazione delle intercettazioni. Gli ascolti telefonici sono un vecchio pallino del ministro, che avrebbe avrebbe voluto ridurne l’utilizzo ma alla fine il governo l’ha costretto a potenziare quelle per i reati di tipo mafioso.

Meno soldi e 6mila agenti in meno – Insomma: in dieci mesi si può dire che Nordio ha concentrato le sue attenzioni sulle questioni giudiziarie che interessano politici e imprenditori, cioè i cosiddetti colletti bianchi. Cosa ha fatto nel frattempo per il mondo carcerario? Se si esclude il cambio dei vertici del Dipartimento amministrazione penitenziaria e del Garante dei detenuti, praticamente nulla. Anzi con la legge di bilancio il governo ha addirittura diminuito gli stanziamenti per l’amministrazione penitenziaria, con un taglio di almeno 35 milioni di euro nei prossimi tre anni. Una decisione che sconfessa in pieno le dichiarazioni di Nordio, ma alla quale il ministro si è subito allineato definendola una “scelta politica che io ovviamente condivido“. Se però si tagliano i fondi all’amministrazione penitenziaria non si capisce poi con quali soldi si dovrebbero riaprire le caserme dismesse. “Chissà per quale sorta di intervento divino potrebbero funzionare senza personale e senza adeguata formazione degli eventuali addetti”, fa notare Leo Beneduci, segretario del sindacato di Polizia penitenziaria Osapp, che definisce la visione del ministro sulle vicende carcerarie “lontana dalla realtà“. Alla polizia penitenziaria, infatti, manca circa il 20 percento dell’organico, cioè circa 6mila agenti, ma Nordio, probabilmente, non conosce questi numeri: da quando è in carica non ha mai incontrato le varie sigle sindacali dell’amministrazione penitenziaria. Un altro elemento che dimostra come le priorità del ministro siano altre. E infatti i sindacati lo attaccano, definendo il suo apporto alle vicende carcerarie come “vago e ininfluente” e la proposta del riutilizzo delle caserme come una “minestra riscaldata“. Un’idea che Nordio ha rilanciato dopo aver escluso categoricamente la costruzione di nuovi penitenziari: “Costruire un carcere nuovo è costosissimo, è impossibile sotto il profilo temporale”, ha sostenuto il guardasigilli. Eppure nel programma di Fdi, cioè il partito che lo ha eletto in Parlamento, si parla chiaramente di “nuovo piano carceri e aumento dell’organico e delle dotazioni della Polizia penitenziaria“.

Altro che depenalizzazione – D’altra parte non è la prima volta che Nordio smentisce il programma del partito di Giorgia Meloni. Dopo aver giurato da guardasigilli nelle mani di Sergio Mattarella, per esempio, spiegava che “la velocizzazione della giustizia passa attraverso una forte depenalizzazione e quindi una riduzione dei reati“. Un tema scottante che potrebbe anche influire sulle carceri: eliminare tutta una serie di reati minori e intervenire magari su quelli legati alle tossicodipendenze potrebbe contribuire ad abbassare la pressione nei penitenziari. Ma la questione della depenalizzazione non era stata battuta in campagna elettorale né da Fratelli d’Italia e neanche dagli altri partiti del centrodestra. E infatti, dopo dieci mesi di governo, non si è registrata alcuna depenalizzazione. Anzi l’esecutivo Meloni si è fatto segnalare per una tendenza completamente opposta agli annunci del suo guardasigilli: quella di moltiplicare i reati, inventandone di nuovi. Siamo già a due nuove fattispecie inserite nel codice, col decreto Rave e il dl Cutro, ma la lista delle proposte che potrebbero presto diventare legge è lunga. Al contrario solo uno è il reato che è stato eliminato dal codice: l’abuso d’ufficio. Non esattamente la fattispecie più comune tra i detenuti.

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