La locuzione latina “In medio stat virtus” non si addice per la gestione dei beni culturali. Da una parte gli elitari, i talebani, i conservatori, dall’altra gli aperturisti, gli spregiudicati, i massificatori.
Questo vale per le città d’arte, i borghi, i musei e gli edifici storici in generale, che sono assurdamente motivo di scontro ideologico e culturale. Partendo dal presupposto che questi luoghi debbano essere fruiti in modo appagante, gustati – e non ingurgitati – e neanche visitati stritolati e compressi come sardine in scatola, altrimenti che piacere è – parafrasando una vecchia pubblicità di un noto caffè. Vediamo di riordinare le idee.

Partendo dal presupposto che ognuno è libero di gestirsi viaggi e vacanze come meglio crede, in gruppo, in famiglia o da solo, questa libertà non deve però ledere gli altri modi di viaggiare o gustare siti storici, parchi, musei. Iniziando da diverse questioni su cui si dibatte da decenni: numero chiuso in città d’arte o luoghi ambientalmente sensibili – il richiamo a Venezia e Firenze è inevitabile – borghi, parchi e anche ingressi musei, per cui la bigliettazione compulsiva pare essere l’unico obiettivo di diverse istituzioni.

Il mese scorso ho scritto un post sui Musei Vaticani, gestiti abbastanza bene, per quello che ho potuto vedere e costatare. Ero stata a fine giugno dalle 14 alle 17 e nelle gallerie dove sono allocati i gruppi scultorei più noti era quasi il deserto: l’imbuto si è creato nelle piccole stanze di Raffaello ma proprio per il muro dei gruppi. Ora questi gruppi sono sempre più numerosi e intralciano il deflusso di turisti singoli o piccoli nuclei familiari. Provare ad attraversare piazza Duomo a Firenze o piazza San Marco a Venezia – ma ci aggiungerei anche Capri, da poco polo culturale grazie a Massimo Osanna – ad esempio è un’impresa da Mission: Impossible: questi grupponi con relative accuddenti amorevoli guide, che fanno legittimamente il loro lavoro, sono la dimostrazione della legge fisica dell’impenetrabilità dei corpi.

Certamente questo non succede quando si scaglionano gli ingressi dei gruppi, come ci dice il direttore di Palazzo Strozzi, organizzatore di mostre di grande successo, come l’attuale bellissima su Yan Pei Ming. Il segreto, ci confida Arturo Galansino, è accordarsi con le guide, indicare date e orari verificando l’entità numerica dei gruppi e le tipologie compatibili con le prenotazioni dei visitatori autonomi. Un altro segreto solo gli orari prolungati che consentono di dilazionare e fluidificare gli ingressi. Ogni sito, ogni museo è un caso a parte, come ogni luogo con attrattive turistico-culturali: Palazzo Strozzi è aperto, ad esempio, sino alle 20 e il giovedì sino alle 23.

I musei devono essere vissuti e goduti come uno spettacolo cinematografico, teatrale o musicale dopo gli orari lavorativi, magari dopo cena senza l’ansia della chiusura alle 19, in alcuni casi addirittura alle 18. Facile per una fondazione privata come Palazzo Strozzi, che produce un indotto commerciale unico nel panorama italiano, data anche la tipologia del visitatore di fascia medio alta dal punto di vista culturale sociale ed economico, consumatore del “lusso” in tutte le categorie merceologiche e dell’ottimo e fresco ristorante interno.

Passando dal privato al pubblico, il direttore della Reggia di Venaria, Guido Curto, infaticabile organizzatore e curatore di mostre, ci rassicura sul prolungamento sino alle 19 – io auspicherei sino alle 20 – mentre per speciali serate d’estate sarà protratto sino alle 23. Anche qui il ricupero di questa dimora sabauda, di cui fui la prima sostenitrice insieme al compianto Falzoni, ha prodotto un proliferare di attività commerciali che dovrebbero di conseguenza essere aperte sino a tarda sera.

La Reggia di Venaria poi, come altre Regge e dimore storiche, sono tutte climatizzate e dotate di rigogliosi parchi, e sono la risposta all’incauto ministro tedesco Karl Lauterbach, che lamentava il caldo eccessivo dell’Italia per poterla visitare. Ignaro costui che i suoi connazionali viceversa passeggiano tranquillamente nei famosi grupponi organizzati all’una di pomeriggio in piazza Duomo a Firenze, come se nulla fosse.

L’offerta in Italia è ampia e variegata ma manca, come sostengo da decenni e ho ripetuto più volte anche qui, l’organizzazione e la sinergia tra vari ministeri. Anzi, sarebbe auspicabile il ritorno al Mibact, che accorpava giustamente la cultura al turismo, essendo il nostro paese detentore della più grande bellezza al mondo, quantitativamente e qualitativamente.

Foto autorizzate da Direzione e Ufficio Stampa Palazzo Strozzi e Reggia di Venaria

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