Il “Rinascimento” è tornato a Palazzo Strozzi, questo è ciò che ho pensato quando ho visto le opere di Yang Pei Ming, un importante artista franco-cinese, che ha riportato d’attualità la pittura, un genere che sembrava scomparso nell’arte contemporanea. Dopo tante installazioni, land art, sculture in materiali insoliti, Pei Ming riporta in mostra le pennellate energiche, costruite con pennelli rigorosamente italiani “perché quelli cinesi dopo poco perdono i peli”, così dice lui in conferenza stampa.

E così gli amati strumenti di lavoro diventano una scultura, l’unica presente a Palazzo Strozzi: una piccola piramide di pennelli consumati intrisi di colore, colore che usa in modo rigorosamente monocratico o rosso o grigio o tutto arancione. E così le sue grandi tele ben si sposano con gli spazi magniloquenti dell’edificio simbolo del Rinascimento fiorentino.

Mai artista si è così ben intriso di cultura italiana, di storia e di cronaca, come lui stesso confessa. Pur vivendo da moltissimi anni a Digione ha sempre seguito le vicende italiane del Novecento, come tre morti violente, viste in foto d’epoca, dove i corpi senza vita umiliati e vilipesi diventano per Yang una postuma preghiera in un sentimento di umana pietas: sono le morti di Pasolini, di Moro, di Mussolini e Petacci.

Nel suo descriverli, si autoassolve dall’accusa di aver usato immagini forti e tragiche, sostenendo che “l’arte non è una carezza”. Un risvolto sentimentale e affettuoso, che fa parte anche del suo essere artista – infatti viaggia sempre con la sua numerosa famiglia a fianco – è quello di aver dedicato il suo quadro più importante all’amata madre morta nel 2008, quadro che nonostante le moltissime richieste non venderà mai, “perché la mamma mica si vende e voi italiani mi capite, ‘la mamma è la mamma’”.

Altra passione la cucina, derivata anche dall’aver fatto il cameriere in Francia per mantenersi agli studi. Un po’ come tutte le star gigionisticamente loda il nostro stile di vita, la nostra cultura, il nostro cibo, tanto da chiedere al Bistrot dello Strozzi un piatto di spaghetti in bianco con vongole, non come fanno a Venezia, come dice lui, con il pomodoro, e chissà Cipriani cosa dice su questo e come lo fa…

Concludendo questa mostra è la perfetta riuscita sintesi di quello che Palazzo Strozzi con Arturo Galansino vuole essere, un centro culturale che si snoda nella Firenze classica, di storia, contemporaneità, lusso, non a caso è baricentrica alle vie esclusive della moda.

Non vuole però neanche essere un peso per la città e il presidente della Fondazione snocciola cifre da capogiro a fronte di alcuni finanziamenti pubblici, ma la maggior parte sono privati. Palazzo Strozzi ha generato, l’anno scorso, un indotto di oltre 114 milioni di euro. Questa mostra, inaugurata in un periodo insolito, come sottolinea il direttore Galansino, è destinata a fare il botto come quella su Donatello, unendo classicismo e contemporaneità. Vista la tendenza di aprire nei mesi destinati alle vacanze, altre due sedi che si contendono con Palazzo Strozzi magnifiche e ampie sale vuote, quelle che io prediligo per mostre temporanee, sono le Scuderie del Quirinale e la Reggia di Venaria.

Alle Scuderie, che non deludono mai, anche se bissare “l’Arte liberata” è quasi impossibile, un’altra mostra sulla Memoria: la Collezione Alinari, “L’Italia è un desiderio” con foto inedite, insolite, uno spaccato della penisola sulla grande e piccola storia.

Per finire la Reggia di Venaria che d’estate si trasforma in loisir con una miriade di iniziative dentro e fuori, nell’immenso parco. A parte il prolungamento della mostra su Leonardo, si è tenuta pochi giorni fa una sessione de “la Milanesiana” ideata e curata da Elisabetta Sgarbi che ha anche organizzato la presentazione dell’ennesimo libro di Vittorio, “Scoperte e rivelazioni” su opere nascoste, trovate per caso ma degne di nota. Parallelamente si è esibita un’altra famiglia di operatori culturali ed artisti, i Gribaudo, che essendo sabaudi sono meno effervescenti degli Sgarbi ma non per questo meno istrionici ed eclettici. A un anno della scomparsa del grande Ezio Gribaudo, artista singolare e poliedrico, c’è un assaggio di quella che sarà l’opera omnia sempre alla Venaria o a Rivoli nel 2024. Insomma un’estate calda di eventi da trascorrere, volendo, non solo tuffati in mare ma anche nella nostra eterna bellezza.

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