Dal primo agosto scatta l’obbligo di esporre alle stazioni il prezzo medio dei carburanti. Lo ha deciso il Tar del Lazio, che ha bocciato il ricorso dei benzinai, respingendo la sospensiva del provvedimento deciso dal governo a gennaio per contrastare le presunte speculazioni dietro al caro-benzina. D’ora in poi i gestori saranno quindi obbligati a esporre il prezzo medio nazionale dei carburanti accanto a quello di vendita, in ogni distributore di benzina.

La questione nasce in seguito alla completa eliminazione dello sconto sulle accise deciso dal governo Meloni a partire dal primo gennaio 2023. Questo, naturalmente, ha causato un improvviso rialzo dei prezzi. Diversi esponenti del governo hanno però puntato il dito contro i distributori che avrebbero approfittato della situazione per “speculare”. I dati sui prezzi non sostengono in nessun modo questa lettura, tuttavia il governo aveva deciso di emanare un decreto per favorire una maggiore trasparenza sulle tariffe. I benzinai hanno a lungo protestato contro questa norma, arrivando anche allo sciopero, sostenendo che l’obbligo non contribuirà ad aumentare la trasparenza ma anzi genererà solamente “più confusione.

Ora protesta anche l’Unione nazionale consumatori, che parla di una “decisione ovvia e scontata”, perché “non c’erano i presupposti giuridici per sospenderla anche se si tratta di una scelta sciagurata che ridurrà la concorrenza“, afferma il presidente, Massimiliano Dona. “Anche l’Antitrust, nonostante abbia espresso, come noi, un parere contrario alla pubblicazione del prezzo medio presso i distributori, può solo segnalare al Governo e al Parlamento le leggi e i provvedimenti normativi già vigenti o in via di formazione che introducono restrizioni della concorrenza. Al massimo può impugnare gli atti della pubblica amministrazione che determinano distorsioni della concorrenza. Insomma, di più non può fare”, conclude Dona.

Modalità e sanzioni – L’obbligo di comunicazione dei prezzi della benzina è settimanale (e non giornaliero) e ad ogni variazione del prezzo. La chiusura per omessa comunicazione avverrà solo dopo 4 omissioni nell’arco di 60 giorni (e non più dopo tre senza limiti temporali anche non consecutivi). L’eventuale chiusura potrà essere decisa da 1 a 30 giorni (prima la previsione era da 7 a 90 giorni). Le sanzioni per omessa comunicazione saranno da un minimo di 200 a un massimo di 800 a seconda del fatturato dell’impianto (prima raggiungevano i 6000 euro).

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