L’accordo per abbassare le commissioni sui pagamenti elettronici è stato raggiunto, ma nei fatti le commissioni non sono state abbassate. Dopo ritardi e inciampi è stato firmato l’atteso protocollo di intesa: sulla carta un passo verso la promozione dei pagamenti digitali, ma in realtà senza alcun obbligo per le banche ad abbassare subito le commissioni. Semplificando, a quasi quattro mesi dalla scadenza del termine di fine marzo che il governo si era auto-imposto con l’ultima legge di bilancio, le parti si sono impegnate “a invitare i propri associati a promuovere iniziative commerciali nei confronti degli esercenti, volte a ridurre l’impatto dei costi delle transazioni di basso valore, cioè di importo non superiore a trenta euro”. Confesercenti esprime soddisfazione per l’acccordo, pur ritenendolo solo un primo passo, ma afferma che “si poteva fare di più”. E definisce “meno che notarile” il ruolo svolto dal Ministero dell’economia al tavolo delle trattative. Che le parti si avviassero a una conclusione lo aveva confermato a ilfattoquotidiano.it il Mef a fine giugno, mentre il segretario nazionale di Confesercenti, Mauro Bussoni, aveva spiegato come i tempi fossero in effetti dettati dal governo.

Il contenuto – Il protocollo di intesa è stato siglato da Abi (Associazione bancaria italiana), Asp (Associazione italiana prestatori servizi di pagamento), Cna, Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti e Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi). Ha una durata transitoria di un anno e si rivolge agli esercenti con ricavi e compensi dell’ultimo anno inferiori ai 400mila euro. Sulla carta si invita ad adottare iniziative commerciali per abbassare il costo del Pos per gli acquisti sotto i trenta euro. Nemmeno per gli scontrini sotto i dieci euro, però, scattano obblighi sui tagli alle commissioni: ci si limita a una moral suasion perché siano intraprese iniziative “significativamente competitive per quanto riguarda le transazioni di importo unitario almeno fino a dieci euro”. Abi, Asp e Confesercenti si impegnano a sollecitare i propri associati a “contribuire concretamente”.

Cosa manca – Il protocollo rimane molto diverso dalle richieste di Confesercenti, che chiedeva l’azzeramento di tutte le commissioni sotto i trenta euro. In un passaggio si fa riferimento alla necessità di trasparenza “per i costi associati a qualsiasi titolo ai pagamenti con carta” in modo da “assicurare la necessaria comprensione e comparabilità dei costi a carico degli operatori economici che ricevono pagamenti tramite carte”. Secondo i negozianti, con questa intesa sarà possibile monitorare meglio le politiche di ciascun istituto di credito. Il testo dell’accordo ha ricevuto il parere favorevole dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato e ora tutto sarà in carico alle singole banche e ai singoli esercenti: nello stipulare contratti, le imprese dovranno cercare di strappare percentuali di commissione migliori di quelle attuali.

La strada per l’accordo – Il governo era alla ricerca di una soluzione sulle commissioni Pos dallo scorso dicembre, dopo la bocciatura da parte dell’Unione europea dell’ipotesi (poi ritirata) di eliminare l’obbligo di accettare le carte di credito sotto i sessanta euro. Confesercenti aveva auspicato più volte un ruolo più attivo da parte del ministero per arrivare a un accordo concreto. Nella legge di bilancio l’esecutivo si era dato novanta giorni di tempo per trovare un accordo che potesse soddisfare tutti i partecipanti: Ministero dell’economia, Banca d’Italia, Agenzia delle Entrate, banche, commercianti e l’Agenzia per l’Italia digitale (Agid). In caso di mancata intesa sarebbe dovuta scattare – ma non è mai scattata – una sanzione per le banche: nello specifico un contributo straordinario, cioè una sorta di tassa, pari al 50% degli utili al netto degli oneri fiscali derivanti dalle commissioni per le transazioni inferiori a 30 euro.

I numeri – A far comprendere l’urgenza di trovare un accordo per ridurre davvero le commissioni (in realtà molto più basse di quanto lamentato dai commercianti) sono i dati. Secondo le stime dell’Osservatorio Innovative Payments del Politecnico di Milano il 52% degli scontrini sotto i 25 euro battuti nel 2022 sono stati pagati con carte di credito e debito. Inoltre, lo scorso anno il giro d’affari delle transazioni digitali ha sfiorato il valore di 397 miliardi di euro. Si tratta di dati non sorprendenti, se letti insieme a quelli diffusi da European House Ambrosetti lo scorso marzo, secondo cui il 74% degli italiani desidera pagare di più con la moneta elettronica rispetto al contante e nei fatti quasi il 16% dei cittadini ha dichiarato di pagare sempre con la moneta digitale, utilizzata comunque dal oltre il 56% degli intervistati più volte a settimana.

Articolo Precedente

Delega fiscale, la maggioranza ritira gli emendamenti con il regalo a chi sceglie il concordato biennale e poi froda

next
Articolo Successivo

Il Tar respinge il ricorso dei benzinai: dal primo agosto obbligo di esporre il prezzo medio dei carburanti

next