Come se non bastassero ritardi, inefficienze e un sospetto desiderio di compiacere clienti e amici, adesso ci si mette pure il ministro Matteo Salvini a complicare il percorso che l’assessore alla sanità Luigi Icardi e il suo presidente del Piemonte Alberto Cirio avevano costruito per consegnare al Gruppo Dogliani la realizzazione e la gestione dell’ospedale di Cuneo, loro feudo elettorale.

Il nuovo Codice degli Appalti, diventato pienamente operativo il 1 luglio di quest’anno, ha fatto decadere le proposte di Parternariato Pubblico Privato per cui non è completata la procedura valutativa. Inoltre ha previsto (allegato I.7) le norme a cui devono attenersi le proposte di Ppp, rendendo necessario l’aggiornamento della proposta passata, costruita su un quadro normativo ben diverso da quello attuale. Insomma, la proposta rivisitata va presentata come se fosse del tutto nuova, dando vita a un nuovo processo valutativo. Come se non bastasse, il nuovo Codice ha previsto una figura inedita, gli investitori istituzionali. Correttezza vorrebbe che, nel caso in cui la stazione appaltante avesse interesse a proseguire sulla strada del Ppp, adottasse un bando pubblico per informare delle proprie intenzioni la platea dei potenziali interessati che il nuovo Codice ha ampliato.

Questi dubbi li ha sollevati nei giorni scorsi il consigliere regionale Ivano Martinetti (M5s) con una interrogazione all’assessore Icardi che, invece di rispondere nel merito, ha scelto la strada dell’insulto.

L’ospedale Santa Croce e Carle è una struttura di riferimento per le attività di ricovero di alta complessità e specializzazione per l’intero sud ovest del Piemonte, con una dotazione attuale di 266 posti letto ordinari e 29 per il day hospital. Considerata l’anzianità dell’attuale presidio ospedaliero e delle diseconomie gestionali derivanti dalle due sedi, distanti oltre un chilometro una dall’altra, da anni si ragiona circa l’opportunità di una nuova sede unica. C’è un’altra tesi, la quale sostiene che non serve una nuova sede e che un nuovo ospedale si può realizzare ristrutturando l’esistente, ma la Giunta Regionale di centrodestra, insediatasi nella primavera del 2019 e guidata dal presidente Cirio con Icardi (Lega) alla Sanità, ha scelto la soluzione che prevede un unico presidio, completamente nuovo, in una nuova sede, ottenendo che l’opera venisse finanziata con le modalità previste dal piano dell’edilizia sociale dell’Inail.

Le condizioni per ottenere il finanziamento dell’Istituto sono che l’ente proponente disponga di un progetto appaltabile dell’opera, sulla base del quale si potrà procedere all’acquisto dell’area e al recupero delle spese tecniche sostenute per il progetto da mettere in gara. L’immobile realizzato verrà concesso in locazione all’ente; l’importo del canone annuale sarà pari al 2,5% del costo complessivo dell’investimento, oltre agli oneri maturati. Saranno a carico del conduttore la manutenzione ordinaria, quella straordinaria e gli interventi adeguativi che dovessero rendersi necessari. La soluzione Inail, dopo l’approvazione da parte del Consiglio Regionale del Piemonte con la Deliberazione n. 193-974, del 18 gennaio 2022, sembrava cosa acquisita. Però, come spesso accade nel nostro Paese dove “sicuro è morto”, nel giro di poche settimane lo scenario è cambiato repentinamente. Di rendere conto del perché nemmeno se ne parla.

Infatti, poco dopo l’assessore Icardi comunicherà a mezzo stampa che all’inizio del mese di maggio 2022, la Inc Spa, del Gruppo Dogliani, con sede a Narzole, Cuneo, ha presentato all’azienda ospedaliera Santa Croce una proposta per realizzare il nuovo ospedale con le modalità del Partenariato Pubblico Privato e che la Regione l’ha già valutata positivamente, come se non esistesse la decisione del Consiglio Regionale e il terreno fosse ancora completamente sgombro. Della vicenda ne ho dato conto in precedenza.

Senza entrare nei particolari, quella del Ppp è una modalità che consente alla pubblica amministrazione di realizzare opere pubbliche sopperendo alla carenza di risorse finanziarie proprie, con la partecipazione dei privati. Può essere utile l’opinione della Corte dei Conti sul tema, conti alla mano. A Cuneo, dove fino ad allora il Presidente Cirio e l’Assessore Icardi si erano intestati il successo di aver fatto inserire la realizzazione del nuovo ospedale nel piano di edilizia sociale di Inail, il repentino cambiamento non ha convinto tutti. Medici, infermieri, pazienti, amministratori locali hanno incominciato a chiedersi quale sarebbe il vantaggio per i cuneesi di delegare la progettazione dell’ospedale al Gruppo Dogliani invece di essere loro i protagonisti della stessa.

L’altro aspetto che sorprende in questa vicenda è la sostenibilità economica del tutto. Nella presentazione del 15 febbraio scorso a Cuneo, la Regione Piemonte – in bella mostra il presidente e assessore – ha detto che la proposta prevede 680 posti letto, per un costo totale dell’opera di 410 milioni, 141 milioni pubblici e 260 messi dal privato. Il canone annuale che l’azienda ospedaliera dovrà pagare è di 55 milioni per 20 anni di durata della concessione. Quindi l’ospedale, nei 20 anni di concessione, finirebbe per costare €1.256.080.000, comprensivi del contributo pubblico. Un canone di 55 milioni l’anno farebbe saltare il bilancio dell’azienda che, nel 2021, ha avuto un fatturato, costituito da trasferimenti e ricavi da prestazioni, pari a €280.451.415,24.

Per questo un piccolo gruppo di cittadini e rappresentanti nelle istituzioni, lavorando sulle poche informazioni disponibili, si è messo all’opera, esercitando i diritti riconosciuti dal Dlgs n.33/2016, a partire dalla previsione di cui all’art. 5, comma due, sulla possibilità di accesso agli atti. Ad alzare ulteriormente la temperatura, le dimissioni della direttrice generale dell’azienda ospedaliera, di cui ho trattato diffusamente. Se fino a due mesi fa l’assessore Icardi aveva dato mostra di avere un conflitto irrisolto con i numeri e l’aritmetica, da quel momento in poi ha perso le staffe. Deve aver maturato la nuova strategia a colloquio con i cuneesi eccellenti, suoi conterranei, la Dani e Guido Crosetto, insieme al papà degli indiani. Adesso rischia di trascinare la regione in cause senza fine e i cui costi saranno a carico dei contribuenti. Che continueranno a farsi curare nelle due vecchie strutture ospedaliere in attesa di capire dove hanno sbagliato.

Ora l’assessore, che ignora tutti i pareri espressi al proposito dai migliori esperti della materia, forte di quanto gli avrebbe garantito uno studio legale torinese – l’avvocatura della regione non ha niente da dire? – si sta arroccando a difesa dell’indifendibile, dimenticando che “a quelli che vuole rovinare, Giove toglie prima la ragione”. Solo che i rovinati rischiamo di essere noi.

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