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Delitto dell’Olgiata, 40 anni fa l’assassinio della contessa Alberica. Era stato il maggiordomo ma è rimasto per 20 anni un cold case

Oggi, l'ex maggiordomo, Manuel Winston Reyes è un uomo libero. Ha pagato il suo conto con la giustizia in meno di dieci anni, beneficiando di sconti di pena, ed è stato scarcerato il 10 ottobre del 2021

di Alessandra De Vita

10 Luglio 1991. La contessa Alberica Filo della Torre viene assassinata nella sua casa, una villa dell’Olgiata, zona residenziale a nord di Roma. Il crimine, ricordato dalle cronache come “il delitto dell’Olgiata”, dal nome del quartiere in cui avviene, resterà irrisolto per 20 anni esatti.

La contessa
Nata a Roma nel 1949, Alberica è figlia della duchessa Anna del Pezzo di Caianello e del contrammiraglio Ettore del ramo dei conti di Torre Santa Susanna. Discendono della nobile famiglia napoletana Filo. Bella, ricca e audace. Dopo gli anni in collegio, fa il suo debutto in società, quell’alta società in cui tutto scorre facile ed è scandito da feste e shopping nelle boutique di Roma. Incontra il principe Alfonso de Liguoro che non piace alla famiglia, ma Alberica ne resta affascinata, se ne innamora e decide di sposarlo proprio nella villa materna dell’Olgiata in cui morirà anni dopo. Non durerà a molto tra loro e dopo l’annullamento delle nozze alla Sacra Rota, Alberica cede il passo alla delusione. Parte per un lungo viaggio: Montecarlo, Londra, New York e quando rientra a Roma incontra il vero amore della sua vita.

Il grande amore
È Pietro Mattei. Un uomo che ha costruito da sé la sua fortuna, è imprenditore edile ed amministratore delegato della Vianini. Non è del giro della contessa, lui non ha il sangue blu ma i due si incontrano a una festa. Gli sguardi si incrociano ed è subito amore. Si sposano il 10 luglio del 1981, data che appena dieci anni dopo diventerà funesta. Dalla loro unione nascono due figli, Manfredi e Domitilla. La loro vita è un film scandito da viaggi e feste nella villa dell’Olgiata, che Alberica ha restaurato secondo il suo gusto. Esattamente dieci anni dopo, all’Olgiata c’è un gran viavai in casa per la festa per i loro dieci anni di matrimonio.

Il delitto
Sono le 7.30: una domestica porta la colazione in camera alla contessa. Un’ora dopo la signora scende al piano di sotto, poi torna nella sua stanza. Alle 9.15 una cameriera e la figlia Domitilla bussano alla porta della sua camera ma è chiusa dall’interno e la contessa non risponde. Ritentano circa un’ora dopo ma nulla. La domestica inizia a preoccuparsi, cerca la chiave di riserva, apre la porta e trova il corpo della contessa disteso sul pavimento. La sua testa è avvolta in un lenzuolo insanguinato. Alberica è stata colpita da un oggetto, forse uno zoccolo, e poi strangolata. È distesa a pancia in giù. Dalla stanza mancano dei gioielli. A ritrovare il suo corpo, insieme alla domestica, è sua figlia Domitilla. Nella villa sono presenti i due figli, due domestiche filippine, la babysitter inglese Melanie Uniacke e quattro operai che vanno su e giù per i preparativi della festa.

Le indagini
Da cornice di grandi festeggiamenti la villa diventa la scena del crimine su cui arrivano presto i carabinieri e Michele Finocchi, amico di famiglia e funzionario del Sisde. Il caso viene affidato al pubblico ministero Cesare Martellino e al suo collaboratore Federico De Siervo. Si concentrano inizialmente sull’ipotesi del delitto passionale ma la pista viene presto scartata. Non ci sono testimoni, le indagini sono difficili. I primi sospetti ricadono su Mattei ma cadono subito. Viene richiesto l’esame del Dna per due sospettati: Roberto Jacono, figlio dell’insegnante privata dei figli della contessa, con problemi psichici, e Manuel Winston Reyes, cameriere filippino che è stato licenziato da poco dalla contessa dopo una burrascosa discussione su un prestito ottenuto dalla nobildonna e mai restituito. Le analisi scagionano entrambi. Partono le piste più improbabili ma nell’autunno del 1991, il pubblico ministero decide di sospendere le indagini che pare non portino a nulla.

Lo scandalo Sisde
Nell’ottobre del 1993 c’è una pista che esplode in uno scandalo, quello relativo ad alcuni fondi neri del Sisde. Uomini dei servizi vengono indagati tra cui Michele Finocchi, un amico della famiglia Mattei-Filo della Torre. Viene dimostrata la completa estraneità della famiglia Mattei ai fatti. Sotto il torchio del pubblico ministero finiscono alcuni conti svizzeri intestati alla contessa, inseguendo presunti legami di Mattei con alcuni funzionari del Sisde (che poi finiranno in manette) ma anche questa pista è del tutto inconcludente perché Mattei è estraneo a tutto questo, come emerge dalle indagini. Non c’è nessuna anomalia nei conti della contessa – ipotesi che verrà avanzata nel ’96 dal procuratore Italo Ormanni che farà un altro buco nell’acqua – né sussistono legami tra la loro famiglia e il Sisde.

La riapertura del caso
È il 2007, il marito della contessa chiede ulteriori analisi su tutti i reperti e in particolare sul lenzuolo utilizzato per avvolgere il capo della vittima. Punta molto sulle nuove tecniche investigative. Nemmeno le nuove analisi portano a un risultato e le indagini vengono archiviate nel 2008 ma Mattei si oppone e vengono disposti nuovi accertamenti. Stavolta, l’incarico viene affidato al Ris e l’esame del Dna, in data 29 marzo del 2011 quindi ben vent’anni dopo, inchioda il domestico filippino Manuel Winston Reyes. Un magistrato recupera le registrazioni delle telefonate di anni prima (ignorate nel corso delle precedenti indagini) in cui l’uomo tratta con un ricettatore la vendita dei gioielli rubati alla contessa. Quella registrazione, una prova certa della sua colpevolezza, è rimasta inascoltata per vent’anni negli archivi della procura, quando ad occuparsi del caso erano i procuratori Italo Ormanni (procuratore aggiunto) e Cesare Martellino.

Il movente
Quel giorno, Manuel Winston Reyes è andato dalla contessa per convincerla a riassumerlo ma la situazione è presto degenerata in tragedia. Ebbene sì, è stato il maggiordomo ma deve essere sembrato troppo semplice agli inquirenti, tesi a perseguire piste tanto complesse quanto inconcludenti. Il domestico intanto si è sposato, ha avuto una figlia, nata nel 1995 e, dettaglio davvero inquietante, le ha dato lo stesso nome della contessa, Alberica. Il 9 ottobre del 2011 arriva la sentenza definitiva: 16 anni di carcere per omicidio con rito abbreviato. Il sospettato, ha confessato il suo delitto il giorno stesso dell’arresto, pochi giorni dopo la prova del Dna.

Oggi, l’ex maggiordomo, Manuel Winston Reyes è un uomo libero. Paga il suo conto con la giustizia in meno di dieci anni, beneficiando di sconti di pena, e viene scarcerato il 10 ottobre del 2021, scatenando forte risentimento nell’opinione pubblica. Pietro Mattei non può protestare perché non c’è più al momento della sua scarcerazione. Muore nel gennaio del 2020. Mattei fino ai suoi ultimi giorni è indagato dalla procura di Perugia per diffamazione, dopo l’esposto di un procuratore che aveva indagato sul caso, dopo gli esposti presentati presso il Consiglio Superiore della Magistratura dalla famiglia della defunta “indignati per la superficialità con cui, per 20 anni, sono state svolte le indagini, costellate di errori di ogni genere”, precisando di aver chiesto la riapertura dell’inchiesta nel 2006 e di non essersi mai rassegnati “alle frettolose richieste di archiviazione formulate dal Pm Italo Ormanni prima nel 2006 e poi nel 2008”. Il 30 gennaio 2012 viene fondata su iniziativa di Pietro Mattei, Domitilla Mattei e Manfredi Mattei, la Fondazione Alberica Filo della Torre che si prefigge lo scopo di ricordare la lotta per la verità e la giustizia.

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