Ci sono voluti 72 punti di sutura per ricucire le gravi ferite che un orso ha provocato a una cavalla in una malga che si trova nella zona di Mezzana, in Val di Sole (Trento). Ad essere attaccato è stato un esemplare di soli due mesi, praticamente ridotto in fin di vita e per il momento curato da un veterinario. La proprietaria Nora Sani, allevatrice di professione ha spiegato su Facebook: “È stata presa di mira nel tardo pomeriggio. Il suo branco e lo stallone sono riusciti a salvarle la vita, ma le ferite sono molto gravi. Nella carne sono rimasti impressi i segni profondi dei denti e delle unghiate”. La zona è stata in passato battuta dai lupi. “Per questo abbiamo preso dei cani maremmani. – aggiunge Nora – L’attacco da orso però per noi è una novità”. C’è ansia sul decorso post operatorio della cavalla, che non è ancora fuori pericolo. La famiglia di Nora, composta dal compagno e da due bambini, vive in una zona isolata, dove non c’è copertura della rete telefonica e quindi qualche preoccupazione per le incursioni dei carnivori comincia a manifestarsi. Sul luogo è intervenuta anche la Forestale, che ha confermato come l’attacco sia stato un tentativo di predazione da parte di un orso, che è intimidito se i cavalli sono adulti, perché sanno difendersi, ma non dagli animali più giovani.

Il sindaco di Mezzana, Giacomo Redolfi, ha dichiarato: “Quello che è successo si inserisce nella criticità che stiamo vivendo in valle. Se non troveremo una soluzione strutturale, se non metteremo mano al piano di ripopolamento degli orsi, allora questi eventi si faranno più numerosi”. L’attenzione si sposta dagli animali a chi vive nelel malghe. “Può sempre accadere l’irreparabile. Non vogliamo fare allarmismo, anche perché in questa criticità noi ci viviamo tutti i giorni. Però è corretto dire che siamo preoccupati”. Intanto non si placano le polemiche e i ricorsi dopo l’uccisione del “runner” Andrea Papi avvenuta oltre due mesi fa nella zona di Caldes, in Trentino. Il Tar di Trento ha infatti legittimato l’ordine di uccisione della mamma Jj4 e del ricercato Mj5 emesso dalla Provincia autonoma di Trento. Però la parola ora passa al Consiglio di Stato. I due decreti di abbattimento rimangono efficaci, anche se la Provincia, per il momento, non potrà passare alla loro esecuzione, visto che il Consiglio di Stato ha congelato la situazione fino al 13 luglio, quando si terrà l’udienza collegiale.

La decisione del Tar ha bocciato i ricorsi delle associazioni Lav, Leal, Lndc Animal Protection ed Enpa. Secondo i giudici amministrativi, “il presidente della Provincia ha correttamente ritenuto di ascrivere la condotta dell’orsa Jj4 al parametro di pericolosità 18 del Pacobace (Piano d’azione interregionale per la conservazione dell’Orso bruno nelle Alpi centro-orientali, ndr) corrispondente al massimo livello, e quindi di adottare una misura energica proporzionalmente adeguata, qual è, per l’appunto, quella dell’abbattimento”. Secondo il Tar, l’uccisione di Papi ha fatto rientrare Jj4 “nella categoria nella categoria degli orsi ad alto rischio per i quali la misura della rimozione ‘è suggerita immediatamente’ dal Rapporto Ispra-Muse”. È stata quindi affermata l’esigenza prioritaria di tutela dell’incolumità pubblica che giustifica “l’abbattimento di un esemplare che ha più volte dato prova della propria elevata pericolosità”.

L’appuntamento decisivo è quindi quello del 13 luglio in Consiglio di Stato. Gli ambientalisti sottolineano come i giudici abbiano chiesto alla Provincia di esprimersi sull’ipotesi di trasferimento dell’orsa presso il Libearty Bear Sanctuary di Zarnesty, in Romania. Ribadiscono che l’orso non è problematico. L’avvocato Paolo Letrari, che assiste una delle associazioni, osserva: “La Provincia ha ammesso che non è più possibile una gestione locale a colpi di ordinanze di uccisione. Le nostre critiche sulla gestione autonoma di Trento hanno fatto breccia e ora si invoca l’intervento del governo nazionale”.

Foto di archivio

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