A guardare sempre la televisione, come capita a me, spesso ci si annoia ma si ricordano cose che a tanti sfuggono. Per esempio, da quando si è tornati a parlare insistentemente di Mes a me torna in mente una scena che ha dell’incredibile.

Risale a più di due anni fa nel giorno del dibattito parlamentare che doveva votare la fiducia al governo Draghi. Come si ricorderà per far nascere qual nuovo governo e mandare a casa il governo Conte si erano cercate varie strategie. Tra queste l’astutissimo Renzi aveva minacciato di proporre il voto parlamentare sul Mes che avrebbe diviso la maggioranza essendo i cinquestelle contrari e il Pd favorevole. Non ci fu bisogno della pensata renziana, Conte si dimise, al suo posto arrivò Draghi e con lui una nuova età dell’oro che avrebbe portato l’Italia vincere l’Eurofestival, gli europei di calcio e le più prestigiose medaglie olimpiche.

Ma questo nei mesi successivi, nei giorni del dibattito sulla fiducia, la questione del Mes era ancora calda: Italia viva aveva fatto fuoco e fiamme accusando Conte e i suoi di non volerlo, ora che Conte non c’era più il Mes avrebbe dovuto trovare via libera. Era chiaro che non sarebbe accaduto, il Mes renziano era solo il solito cavallo di Troia renziano.

Fu così che al Senato un renziano doc, Davide Faraone, deciso a fugare ogni dubbio e ogni cattivo pensiero, nel corso del suo intervento, per la verità non particolarmente brillante, sganciò la sua bomba e rivolgendosi direttamente a Draghi disse che non c’era più motivo di chiedere il Mes perché “signor Presidente ora è Lei il nostro Mes” (testuale).

Seguendola in diretta non capii subito la metafora. Prima pensai che avesse detto “Messi” accostato a Draghi al campione di football, in quanto entrambi riconosciuti, in campi diversi, come indiscussi fuoriclasse. Poi ho pensato che Mes fosse un’abbreviazione, un po’ vezzeggiativa di Messia, il ruolo che tv e giornali avevano immediatamente attribuito a Draghi al punto che lui stesso dovette invitare alla calma, confessando di non avere la bacchetta magica.

Ma questo non importava a nessuno dei sostenitori del nuovo governo, tanto che la metafora di Faraone fu ripresa da vari politici. La ribadì anche la capogruppo di Forza Italia Anna Maria Bernini in estasi e con i suoi toni perennemente scalmanati. Insomma, era chiaro e sicuro che Draghi con i suoi poteri taumaturgici non solo ci avrebbe fatto vincere le Olimpiadi, avrebbe trasformato ministri fino a ieri considerati incapaci in geni assoluti, ma ci avrebbe anche liberato per sempre da ogni paura per nostri conti economici.

Sono passati due anni da quella straordinaria performance: nel frattempo Anna Maria Bernini è diventata ministro di un governo sostenuto da una maggioranza di segno ben diverso, i poteri taumaturgici di Draghi hanno smesso presto di funzionare sulla nazionale di calcio e la sua agenda non si sa bene che l’abbia presa: Calenda o Renzi? Faraone o Meloni? Il Mes invece rimane sempre lì, un po’ convitato di pietra convitato di pietra, un po’ cavallo di Troia e fa paura, ma una paura così grande che per evitare di decidere qualcuno se la fila a gambe levate e qualcun altro propone un bel rinvio a dopo le vacanze in perfetto stile democristiano.

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