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Emanuela Orlandi, estratto esclusivo dal libro ‘La ragazza che sapeva troppo’: la sorella Federica rievoca gli ultimi contatti con lei

Pubblichiamo un estratto dal libro La ragazza che sapeva troppo pubblicato da Solferino di e a cura del giornalista del Corriere della sera Ferruccio Pinotti e del procuratore Giancarlo Capaldo che ha indagato sulla cittadina vaticana 15enne scomparsa nel 1983 nel cuore di Roma

di Alessandra De Vita

Esce oggi per SolferinoLa ragazza che sapeva troppo”, libro inchiesta su Emanuela Orlandi, a 40 anni dal rapimento, a cura del giornalista del Corriere della sera Ferruccio Pinotti e del procuratore Giancarlo Capaldo che ha indagato sulla cittadina vaticana 15enne scomparsa nel 1983 nel cuore di Roma. Un titolo che può sembrare fuorviante, come se Emanuela Orlandi avesse la responsabilità di ciò che le è accaduto, come se fosse depositaria di inconfessabili segreti, alludendo a chissà cosa. Getta quasi un’ombra di ambiguità su una ragazzina di 15 anni. “Capisco la preoccupazione e la condivido”, spiega a FqMagazine Pinotti. “Mi dispiace ma quel titolo è appropriato perché se davvero Emanuela Orlandi era cosciente di essere stata oggetto di abusi e lo ha rivelato, poco prima della scomparsa, all’amica che è stata intervistata in “Vatican Girl”, a cui Emanuela avrebbe detto, pochi giorni prima di scomparire quel segreto, di essere stata importunata da un alto prelato, allora sapeva delle cose e di essere in pericolo. Perché altrimenti aveva sentito il bisogno di condividere una cosa del genere? In quel senso lei era ‘la ragazza che sapeva troppo’”.

Qui un estratto dal libro/inchiesta – L’evoluzione della versione di Federica Orlandi

Il 29 luglio dell’83 Federica rievoca gli ultimi contatti con la sorella ai carabinieri del reparto operativo di via In Selci: “Il giorno 22 giugno c.a., alle ore 16.00 circa, ho visto mia sorella Emanuela uscire da casa per recarsi alla lezione di musica nella scuola di P/za Santa Apollinare. Non so se Emanuela ha preso l’autobus della linea 64 oppure abbia fatto corso Rinascimento a piedi per arrivare a scuola per le ore 16.30, orario d’inizio delle lezioni. Alle ore 18.40 circa, ho ricevuto una telefonata di Emanuela, la quale mi domandava di nostra madre e non essendo a casa mi riferiva quanto segue: ‘Mentre andavo a lezione sono stata avvicinata da un signore, il quale mi offriva un lavoro di volantinaggio, ovvero dover pubblicizzare un prodotto e altri della casa cosmetica Avon, in una sfilata di moda che si sarebbe svolta il sabato successivo, ovvero il 25 giugno, in Roma, nella sala Borromini, alle ore 16.30. Mi avrebbe offerto la cifra di lire 350.000 per questo lavoro, perciò voglio sapere se mamma mi accompagna’”. Così prosegue il testo del racconto reso ai carabinieri da Federica Orlandi: “Aggiungo che non si ricordava il nome di chi era la sfilata in questione, ma mi spiegava che erano quelle sorelle che hanno il negozio di alta moda a piazza di Spagna, da cui ho dedotto le sorelle Fontana. Io le dissi anche che sarebbe stata sicuramente una “fregatura”, ma lei non mi ha risposto, e per concludere diceva che sarebbe venuta a casa e inoltre aveva appuntamento con quel signore alle ore 19.10 davanti la scuola, per cui presumo che abbia chiamato dalla scuola dalla quale sarebbe uscita verso le ore 19.00. Mi disse anche che quel signore le avrebbe dovuto portare del materiale pertinente al lavoro in questione. Alle ore 21.00 circa, i miei genitori con alcuni dei miei fratelli e sorelle sono usciti per andare a cercare Emanuela, essendo preoccupati per l’inspiegabile ritardo”.

Federica precisa ai carabinieri: “Alle ore 21.30 circa decidevo di telefonare a una compagna di scuola di Emanuela, certa Cannata Alessandra, la quale mi riferiva che da alcune settimane non frequentava la scuola di Emanuela, per cui non aveva sue notizie; comunque, mi dava il numero telefonico di un’altra compagna di mia sorella, una certa Casini Maria Grazia. Alle ore 21.35 circa, telefonavo alla Casini, la quale mi riferiva che all’uscita di scuola si era portata con Emanuela, Monzi Raffaella e una quarta ragazza di cui sconosce le generalità, alla fermata dell’autobus. Mi riferiva anche che lei e la sua amica Monzi avevano preso il primo autobus 70 e avevano lasciato Emanuela e la quarta ragazza, di cui non mi ha saputo dare indicazioni utili, alla fermata. Alle ore 22.30 circa, al rientro dei miei familiari e spinta da loro, ho richiamato telefonicamente la Casini, la quale non mi dava indicazioni utili per il rintraccio della quarta ragazza, ma mi riferiva che forse la Monzi la conosceva, avendole viste parlare tra loro davanti la scuola di musica, ovvero Emanuela, la Monzi e la quarta ragazza. Non so spiegarmi perché mia sorella Emanuela si era intrattenuta alla fermata del “70” con le compagne di scuola, perché aveva appuntamento con l’altra sorella minore Maria Cristina alla Mole Adriana, sita nei pressi di Castel Sant’Angelo, all’uscita di scuola, ovvero verso le 19.15. In merito al diario di Emanuela, dichiaro di non sapere nulla in merito al “Giovannino”, nome che compare in una frase del predetto diario, né conosco chi può averla scritta non essendo la calligrafia di Emanuela». Il dato relativo al nome ‘Giovannino’ figurante nel diario di Emanuela appare molto importante ed è confermato negli atti giudiziari in possesso dell’ex procuratore Giancarlo Capaldo.

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