Il caso dei verbali di Piero Amara sulla presunta Loggia Ungheria dopo l’archiviazione a Perugia e una serie di fascicoli per calunnia ha prodotto una sentenza di condanna. Quella 1 anno e tre mesi e 20mila euro di risarcimento per Piercamillo Davigo, ex pm di Mani pulite e consigliere del Csm. Il verdetto è stato emesso dal tribunale di Brescia nel processo per rivelazione e utilizzazione di segreto delle dichiarazioni dell’ex consulente esterno di Eni (già condannato per corruzione in atti giudiziari) che il pm di Milano Paolo Storari riteneva non venissero indagate e approfondite dalla procura di Milano. Una convinzione – del tutto errata – che lo portò a contattare l’allora consigliere del Csm per denunciare l’inerzia dell’ufficio governato da Francesco Greco (archiviato). I verbali erano stati secretati. L’accusa per Davigo è di aver consegnato a varie persone – tra cui ex consiglieri di palazzo dei Marescialli, ma anche l’ex presidente della Commissione parlamentare Antimafia Nicola Morra – copie dei verbali d’interrogatorio in cui il faccendiere Amara riferiva dell’esistenza di una presunta loggia massonica di cui avrebbero fatto parte importanti esponenti delle istituzioni, della finanza e delle forze dell’ordine. Tutte persone che sono state, per la procura di Perugia, calunniate.

La consegna dei verbali secretati – Davigo aveva appunto ricevuto i verbali da Paolo Storari, il pm milanese che aveva ascoltato Amara e che lamentava una presunta inerzia da parte del suo superiore, l’allora procuratore capo Francesco Greco, nell’avviare le indagini. Per quelle dichiarazioni, ritenute inattendibili, l’avvocato è stato rinviato a giudizio per calunnia e autocalunnia, e il fascicolo aperto sulla base dei verbali, trasmesso a Perugia per competenza territoriale, è stato archiviato su richiesta della stessa Procura, così come il procedimento per omissione d’atti d’ufficio aperto a Brescia nei confronti di Francesco Greco. Storari, imputato insieme a Davigo, ha optato invece per il rito abbreviato ed è stato assolto sia in primo grado che in appello perché “il fatto non costituisce reato”. Il dispositivo di sentenza per Davigo è stato letto nell’aula della Corte d’Assise dal presidente della prima sezione penale, Roberto Spanò, al termine di un processo iniziato il 24 maggio 2022.

Annunciato l’appello – “La condanna è un errore giuridico e un errore di fatto, presenteremo appello. Provo profonda tristezza” ha commentato l’avvocato di Piercamillo Davigo, Francesco Borasi, dopo la lettura della sentenza. I difensori di Davigo avevano chiesto di assolvere l’ex magistrato componente del Csm imputato: “Chiediamo l’assoluzione con la più ampia formula liberatoria” ha spiegato nella sua arringa l’avvocato Domenico Pulitanò che con Francesco Borasi difende l’ex pm di Mani Pulite. Come già annunciato in occasione dell’ultima udienza l’ex componente del Csm non è presente in aula. I difensori di Davigo avevano sostenuto che sia “insussistente” il presunto ingiusto danno provocato dalla circolazione dei verbali di Amata, alla parte civile, il magistrato Sebastiano Ardita.

La versione di Davigo – Davigo ha sempre sostenuto di aver agito nel rispetto delle norme e di aver agito nell’interesse della giustizia. “Non ho mai pensato che Francesco Greco fosse un delinquente ma che era un superficiale si” aveva detto nel corso del suo esame davanti ai giudici di Brescia lo scorso 23 maggio. “Storari mi rappresentò una situazione di grave anomalia. Non ho mai visto infatti non iscrivere chi rende dichiarazioni autoincriminanti come fece Amara che disse di far parte di un’associazione segreta in continuità’ con la P2” aveva spiegato Davigo raccontando del giorno in cui il pm di Milano Storari gli consegnò i verbali. “Ancora oggi sono convinto che Storari mi raccontò la verità quando mi disse che i suoi capi non lo facevano lavorare. L’ho visto seriamente preoccupato. Non potevo pensare di chiamare Greco dicendo che un suo magistrato sosteneva che lui non faceva quello che doveva”. Dopo essere stati diffusi i verbali erano arrivati in forma anonima anche al Fatto e a Repubblica: per quella vicenda era finita sotto processo Marcella Contrafatto, ex segretaria di Davigo, poi prosciolta.

L’avvocato di Ardita – “Era l’unica sentenza possibile nel rispetto della legge, davanti a un reo confesso non si poteva far finta di niente” ha affermato l’avvocato Fabio Repici, che ha tutelato gli interessi dell’ex consigliere del Csm Sebastiano Ardita parte civile. Per il legale “c’è stato un tentativo di golpe ai danni del Consiglio superiore della magistratura e il consigliere Ardita era stato visto come uno dei pochi ostacoli” contro cui scagliarsi. “Oggi bisognerebbe ringraziare Ardita per aver mantenuto la dignità dell’Organo di autogoverno della magistratura, senza un ruolo nel quadriennio e senza l’impegno di pochi altri di tutela delle istituzioni, oggi probabilmente se quella operazione fosse riuscita ci troveremmo davanti a una giustizia più sbandata”.

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