Sud chiama nord: mandateci medici cottimisti per coprire le nostre emergenze di personale nei presidi ospedalieri, in primis il Pronto Soccorso. Il nord risponde da par suo: ecco come.

La carenza di personale medico e paramedico è cosa nota, ma non si trova proprio un politico che faccia ammenda sull’abbaglio del numero chiuso a Medicina che ha contribuito a produrre questa situazione paradossale. Lo stesso per i medici oggi ai vertici, molti dei quali provengono dall’Università per tutti, quella dove il numero chiuso non c’era, neanche a Medicina. Fa comodo anche a loro eliminare la concorrenza alla radice, impedendole l’accesso all’Università e limitando le specialità. Così arriviamo all’oggi: le Asl e le Aso esternalizzano il servizio, “comprando” il lavoro di medici assunti da società terze, la “mezzadria medica”.

Le Asl indicono gare pubbliche per la fornitura di prestazioni, stabiliscono i requisiti e le modalità di erogazione, pagano l’obolo spendendo – come vedremo – cifre che hanno dell’incredibile. Per soddisfare la domanda, nascono come funghi imprese che procacciano contratti e poi ricercano medici “a gettone” per onorarli. Una di queste si chiama Cooperativa Sociale Amaltea, costituita il 22 ottobre 2020, con sede in Vercelli. Presidente Patrizia Piantavigna. Fra i primi successi della Amaltea, l’aggiudicazione della gara dell’Asl di Alessandria per la gestione del Pronto Soccorso dell’Ospedale di Novi Ligure e altri a seguire.

Lì, il 26 dicembre scorso, arriva una signora 76enne di Genova in crisi respiratoria: visitata e dimessa, poco dopo muore. Indagata per omicidio colposo una dottoressa cosentina – con i giusti requisiti, al lavoro a Novi su incarico di Amaltea – che svolgerebbe come attività prevalente quella di direttore di un centro di estetica. La vicenda finisce anche in Parlamento con un’interrogazione dell’on. Fornaro, che chiede l’invio di ispettori da parte del Ministero per fare luce sulla faccenda.

Un medico della Cooperativa Sociale Amaltea costa all’Asl 800 euro per ogni giorno di lavoro, non bruscolini. Non mancano le perle sulle performance della coop, raccontate tempo fa da Stefano Rizzi su Lo spiffero, un giornale on-line piemontese. Ad esempio, proprio al Pronto Soccorso di Novi, Amaltea ha inserito una dottoressa laureata nel 2019 a Genova, iscritta all’Ordine dei medici di quella città e poi sospesa dallo stesso, presumibilmente per essersi rifiutata di eseguire le vaccinazioni anti-Covid; la stessa dottoressa figura nei turni all’Ospedale di Acqui Terme dove, però, non avrebbe poi preso servizio a seguito dei controlli eseguiti dai medici dell’ospedale e alle proteste che ne sono seguite. Oppure, ancora, l’incarico a “un medico di età particolarmente avanzata, e con alle spalle una lunga esperienza di anatomo-patologo: insomma, uno che aveva sempre fatto autopsie!” (Il Moscone).

Il marito della presidente è un personaggio molto conosciuto nella zona. Giuseppe Cannata, 77 anni, ex primario Dea, tuttora negli elenchi dei medici “forniti” dalla Cooperativa di sua moglie agli ospedali dell’Alessandrino, del Vercellese, come vedremo fra poco, del Catanese. Cannata è consigliere comunale di Forza Italia a Vercelli, eletto con Fratelli d’Italia e allontanato da Meloni in persona per aver scritto su Facebook: “E questi schifosi continuano imperterriti. Ammazzateli tutti ste lesbiche, gay e pedofili” a commento di un post di Simone Pillon. La frase gli costerà, oltre che il posto di vicepresidente del consiglio comunale, anche una condanna a 4 mesi. Il vice-presidente della Cooperativa Sociale Amaltea, Guglielmo La Mantia, è stato anche lui consigliere comunale di FdI a Vercelli, prima condannato a 10 mesi e poi prescritto per irregolarità amministrative (firme false) nella presentazione delle liste per le provinciali del 2011. Insomma, la Amaltea si sa da che parte sta. Fin qui storie del Piemonte, nord. Il sud, però, chiama.

Come lo fa e che cosa succede ce lo ha raccontato Mario Barresi sulla Sicilia del 20 maggio scorso: l’Asp di Catania bandisce la gara per l’assegnazione dei sette pronto soccorso di sua competenza, partecipano in due, vince la Cooperativa Sociale Amaltea (quella di Vercelli) con una spesa di 140mila euro per 1385 ore. Poco più di 100 euro all’ora, vale a dire € 800-900 al giorno per medico “a gettone”.

Così scrive Barresi: “Il nome di Cannata […] è, al netto di un’omonimia, fra i sei proposti da Amaltea quello per il quale il direttore del Dipartimento di Emergenza Urgenza dell’Asp di Catania ha dato un giudizio di idoneità positiva […]. Sarà lui, in attesa che la sanità siciliana espleti i concorsi per i posti in organico, a guidare l’esercito dei ‘medici in prima linea’ in sette pronto soccorso di provincia […]”.

Una storia come tante di ordinario spolpamento di quello che rimane della sanità pubblica, neanche dei peggiori. Sprechi per fronteggiare un’emergenza creata ad arte che diventano poca cosa se confrontati con le follie dell’edilizia sanitaria che dilapida risorse in procedure e parternariati pubblico-privato che, quando vanno a buon segno, indebitano le regioni per decenni, invece di usare i soldi disponibili per costruire ospedali seguendo le procedure ordinarie.

La gestione della sanità ospedaliera pubblica è nelle mani dei medici e di primari “padroni” dei reparti, quella privata ha da tempo separato la gestione dalla cura. Deve macinare prestazioni e profitti, per l’organizzazione e la gestione si rivolge a figure specifiche. Non può permettersi piccole baronie, eccessive disparità fra i medici che onorano il loro mestiere e zone franche dove comodamente imboscarsi. Nella sanità pubblica le liste d’attesa, per reparto e struttura, sono il documento più inaccessibile che c’è, sennò i direttori generali delle Asl e delle Aso dovrebbero spiegare come si conciliano, nella stessa struttura, liste d’attesa chilometriche con attività di intramoenia per milioni di euro l’anno. Chi va con la mutua aspetta, chi paga passa.

E’ tempo di togliere alle regioni una competenza che produce solo maggiori costi e disservizi per i cittadini. E’ anche tempo di togliere la sanità dalle mani dei centri di potere e delle logge, riportando a procedure concorsuali di evidenza pubblica la nomina a tempo indeterminato dei direttori delle Asl e delle Aso. Nell’inerzia della politica e nell’abbandono della sanità alle corporazioni e alle lobby, i ritardi e le inefficienze si vanno accumulando. Il disastro annunciato è già qui.

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