Inizia oggi a Bonn una riunione da cui uscirà una prima proposta di agenda dei lavori della Cop-28, la Conferenza annuale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che si svolgerà dal 30 novembre al 12 dicembre a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti.

Amnesty International ha colto l’occasione per inviare alle delegazioni statali presenti a Bonn un rapporto sulla situazione dei diritti umani nello stato del Golfo e per far presente che, come in occasione della Cop-27 in Egitto, svolgere una conferenza su temi di diritti – come quello a un ambiente salubre – in un ambiente fortemente repressivo rischia di comprometterne il successo e di impedire la piena partecipazione di un attore-chiave, come la società civile.

Le principali preoccupazioni sui diritti umani riguardano la soppressione del diritto alla libertà d’espressione, la sorveglianza online e anche – aspetto ancora più strettamente legato alla Cop-28 – l’ostinazione con cui gli Emirati rifiutano di prendere in considerazione una rapida fuoriuscita dalla produzione e dall’uso di energia fossile. Nessuna meraviglia: il presidente della Cop-28 è il capo dell’agenzia petrolifera degli Emirati…

Le leggi in vigore negli Emirati vietano l’espressione di critiche nei confronti dello stato e del governo e prevedono anche l’ergastolo e la pena di morte per chi si oppone al sistema di governo o danneggi l’unità nazionale o gli interessi dello stato: formule del tutto vaghe e generiche che si prestano a punire la legittima espressione pacifica del dissenso. Sono tuttora in carcere due ex presidenti dell’Associazione dei giuristi, “colpevoli” di ave firmato nel 2011 una petizione che chiedeva riforme democratiche. E non sono affatto gli unici…

Gli Emirati ricorrono da tempo e massicciamente alla sorveglianza digitale nei confronti dei difensori dei diritti umani e di chi critica le autorità. Il caso più celebre è quello di Ahmed Mansoor, arrestato nel 2017 e condannato a 10 anni di carcere per “offesa al prestigio degli Emirati Arabi Uniti”, solo per aver pubblicato post sui social media.

Inchieste giornalistiche, denunce delle organizzazioni per i diritti umani e persino una sentenza di un tribunale del Regno Unito hanno confermato che le autorità emiratine avevano spiato il defunto difensore dei diritti umani Alaa al-Siddiq e pure un membro della Camera dei Lord. Si sospetta che siano stati spiati anche direttori e giornalisti del Financial Times, dell’Economist e del Wall Street Journal. Il rischio che verranno sottoposti a spionaggio digitale anche gli esponenti della società civile presenti alla Cop-28 è dunque molto elevato.

Altre aree problematiche dal punto di vista del rispetto dei diritti umani sono lo sfruttamento del lavoro migrante, la discriminazione di genere, la criminalizzazione delle relazioni omosessuali consensuali tra adulti e l’intervento nei conflitti in Libia e nello Yemen, che ha causato violazioni del diritto internazionale umanitario.

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